martedì 27 aprile 2010

Sesso e filosofia ( Mohsen Makhmalbaf , 2005 )

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Niente sesso e filosofia da strapazzo

La soglia dei cinquanta anni sembra essere diventata il luogo della rivisitazione della vita, quella che una volta varcata permette di guardarsi indietro con spirito saggio e critico: a questo imperante postulato non sfugge neppure John, insegnante di danza e artista nello spirito, che nel giorno del fatidico compleanno decide di chiamare a raccolta le quattro donne che ha amato e abbandonato; è il momento di dare un connotato alla sua iperfagia sentimentale che lo ha portato alla solitudine completa, in una macchina ricolma di cinquanta candele accese ed una coppia di suonatori ambulanti nei sedili posteriori a fare da colonna sonora.
L'incontro nella sua scuola di danza diviene quindi il pretesto per una lunga elucubrazione sull'amore e sulle quattro muse che hanno segnato la sua esistenza; e qui il film da il meglio di se in un coacervo di danze, musiche e colori all'interno del quale viene sviscerata la filosofia di John: l'amore non è eterno, anzi estremamente fugace, se non si autoalimenta muore, ergo la fedeltà è una mera convenzione sociale e gli attimi di felicità che ne derivano sono infinitesimali rispetto alla vita, concetto rafforzato dal cronometro che l'uomo tiene costantemente tra le mani pronto a farlo partire nei momenti felici.
Il sesso del titolo è inesistente nella storia, scelta volutamente provocatoria del regista (si spera) e la filosofia altro non è che disquisizioni spesso infarcite di ovvietà e luoghi comuni, al punto di far sospettare che la linea di condotta del regista sia fortemente dettata da un profondo senso dell'umorismo.
In effetti quando non ci si annoia per momenti veramente estenuanti, le riflessioni di John suonano tanto come un filosofeggiare da play boy da quattro soldi, che raggiunge l'acme nell'ultima chiacchierata con uno degli amanti di una delle sue donne che con molto senso di emulazione ha ben messo in pratica gli insegnamenti di John.
Al di là di questi aspetti che non convincono molto, il film ha indubbiamente dei pregi: in primis nella forma , grazie ad una regia molto elegante che gioca col rosso-passione  e con le foglie svolazzanti; soprattutto nella prima parte , ambientata nella scuola di danza, è bello l'aspetto corale delle ballerine all'interno del quale si inseriscono i dialoghi tra John e le donne; una attenta cura dei particolari, soprattutto le mani. Tutto ciò purtroppo rimane affogato da simbolismi e metafore a volte imbarazzanti, quale quella della farfalla, e da pesantissime cadute dei dialoghi.
Anche l'inquietudine del protagonista risulta a volte troppo di maniera, quando non incomprensibile, e il senso di solitudine, che darebbe comunque un senso a tutta la vicenda, è evidenziato con forza solo nella scena iniziale del film.
Il mezzo colpo di scena finale porta forse il messaggio più chiaro: anche la donna sa armarsi di cronometro e dare alimento alla sua fame di amore, liberandosi dal suo ruolo di corpo da compenetrare per dare attimi di felicità a ingrigiti play boy da strapazzo mascherati da filosofi in cerca dell'amore eterno.

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