lunedì 30 novembre 2015

Coin Locker Girl ( Han Jun-hee , 2015 )




Coin Locker Girl (2015) on IMDb
Giudizio: 6.5/10

In un armadietto porta valigie del deposito della stazione di Seoul viene ritrovata una infante, i barboni che popolano la stazione la allevano fino all'età di sette anni, quando una retata della polizia provoca lo sgombero della stazione stessa; l'immancabile poliziotto corrotto pensa di fare un affare portando la ragazzina ad una donna che gestisce un giro di senzacasa mendicanti, che si dedica all'usura e al traffico clandestino di organi , che poi sono quelli dei mancati pagatori di debiti che vengono accoppati: una perfetta holding del crimine gestito con brutalità e durezza da questa matriarca del male.


Una volta cresciuta la ragazzina, cui i mendicanti diedero il nome di "Dieci" ( il numero dell'armadietto in cui fu trovata), entra a pieno titolo nella gang della matriarca che tutti chiamano Mamma, perchè in effetti per loro quello è: una madre che dirige i suoi scagnozzi con metodi tutt'altro che materni.
Quando Dieci però viene chiamata a saldare i conti con un cliente insolvente sparito, si trova davanti  il figlio di questo,un ragazzo dai modi gentili, che le regala i primi raggi di umanità in una esistenza fatta solo di violenza e degrado.
L'incapacità di portare a termine il lavoro e la reazione di Mamma, che ha per motto di vita: " se sei inutile ti ammazzo", apre un baratro davanti alla giovane che rischia di sconvolgere la sua vita.
Opera prima del trentunenne regista e sceneggiatore coreano Han Jun-hee, Coin Locker Girl è lavoro che parte promettendo molto bene: ambientazione originale ( la Chinatown di Incheon ) personaggi limite, freaks veri e propri, dominanza femminile in un ambiente malavitoso non facile da trovare nei lavori coreani, bella fotografia, ambienti degradati descritti con cura e realismo; poi però con il procedere della storia tende a perdersi un po' nelle paludi del film violento che si compiace, per approdare ad un finale dove si vorrebbe ribaltare la prospettiva maturata fino ad allora con risultati però non certo indimenticabili.

sabato 28 novembre 2015

Blanka ( Hasei Kohki , 2015 )




Blanka (2015) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Risultato della lodevole iniziativa Biennale College voluta da Alberto Barbera con l'intenzione di offrire a giovani registi emergenti la possibilità di costruire un proprio lavoro, Blanka del regista giapponese Hasei Kohki è emerso tra 12 concorrenti e con il decisivo appoggio del produttore indipendente italiano Flaminio Zadra, uno di quei personaggi che andrebbero ringraziati ogni giono per il loro prezioso e coraggioso lavoro, è stato presentato alla 72° Mostra Cinematografica di Venezia e ci ha fatto conoscere un giovane regista di cui molto probabilmente sentiremo parlare in futuro.


La storia che Hasei racconta si svolge a Manila, tra le sterminate favelas dove frotte di ragazzini senza famiglia sopravvivono facendo affidamento su sè stessi e sulla solidarietà che si insatura tra gli emarginati.
Blanka ha 11 anni, una forte propensione alla leadership che esercita su un piccolo esercito di coetanei con in quali mette in piedi piccoli furti e truffe.
Blanka è stata abbandonata dalla madre dopo che il padre è scomparso e la ragazzina ben presto capisce l'importanza del denaro per sopravvivere, conserva i piccoli bottini dei furti in una scatoletta di metallo che nasconde tra le pietre sotto la vigile attenzione di una statua della Madonna.
La ragazzina ha una idea fissa: mettere da parte i soldi per comprarsi una madre, idea che solo nella mente ingenua di una undicenne che crede che tutto si possa comprare col denaro può albergare.

giovedì 26 novembre 2015

The Chronicles of Evil ( Baek Woon-hak , 2015 )




Chronicles of Evil (2015) on IMDb
Giudizio: 6.5/10

Il Capitano Choi è quasi una leggenda della polizia coreana: pluridecorato, adorato dai suoi collaboratori, stimato dai superiori è ormai prossimo alla agognata promozione; la sera in cui va a festeggiare con una corpulenta bevuta insieme alla sua squadra però qualcosa di inatteso si pone come un macigno sulla strada luminosa che l'attende: un taxista cerca di ucciderlo e nella colluttazione che ne segue l'uomo muore; per Choi non c'è altra scelta che rimuovere ogni traccia della sua presenza sul taxi che possa metterlo in relazione con la morte dell'uomo.


Il giorno dopo però il cadavere del taxista penzola bellamente da una gru proprio davanti la sede della polizia lasciando intendere a Choi che quello che è successo è stato tutt'altro che un tragico incidente.
Col procedere delle indagini , che Choi controlla scrupolosamente per riuscire a far fronte ad ogni sorpresa sgradevole, si fa strada in lui e nei suoi più stretti collaboratori la convinzione che l'omicidio affondi le radici in un passato lontano che prepotentemente riemerge ( e i primi fotogrammi del film lo lasciano intendere benissimo).
L'opera seconda  del regista coreano Baek Woon-hak ( la prima risale però addirittura a 12 anni orsono) si poggia in maniera netta a canoni solidissimi ben consolidati nel genere thriller coreano, per certi versi sembra seguire le orme di un  brillante esordio, quello di Na Hong-jin col suo The Chaser, non tanto per le tematiche quanto per la costruzione della narrazione e per quel suo procedere a serpentina che sposta sempre le prospettive attraverso false strade e colpi di scena ( qui ce ne sono almeno due , l'ultimo ovviamente clamoroso e decisivo) oltre che per uno stile asciutto, curato, che si fonda su un ritmo costante e su una suspance crescente.

martedì 24 novembre 2015

Si alza il vento [aka The Wind Rises] ( Miyazaki Hayao , 2013 )




The Wind Rises (2013) on IMDb
Giudizio: 9/10

Non sappiamo se Si alza il Vento sarà veramente l'ultimo lavoro diretto da Miyazaki Hayao con la Ghibli, come annunciato alla vigilia della sua prima mondiale alla Mostra Cinematografica di Venezia del 2013, sappiamo però con certezza quasi assoluta che questo rimarrà un film unico nella filmografia del grande Maestro giapponese, una sorta di punto di non ritorno che potremmo quasi leggere come un monumentale testamento artistico qualora quanto dichiarato si rivelasse vero.
In  Si alza il vento Miyazaki infatti stravolge la sua consolidata formula cinematografica nella quale il racconto fantastico si mescola con la realtà e mette in scena una storia talmente vera da sembrare quasi un racconto biografico, incentrato sul personaggio di Horikoshi Jiro, un ingegnere aereonautico famoso per essere stato il costruttore dei leggendari caccia Zero che furono gli aerei con i quali i kamikaze giapponesi  portavano i loro attacchi nel teatro bellico del Pacifico durante la Seconda Guerra Mondiale.


La storia dell'uomo viene raccontata sin dall'età adolescenziale quando la passione per il volo si impadronì di lui, stimolata dall'opera del costruttore aereonautico italiano Gianni Caproni che a cavallo tra le due guerre ideò e costruì numerosi prototipi di aerei che portavano l'ingegneria fuori dal pionerismo verso la produzione in larga scala.
La storia di Jiro è scandita dagli eventi tragici di quegli anni: il terribile terremoto del Kanto del 1923 che coincise col suo trasferimento a Tokyo per studiare, l'aggressività imperialista giapponese, la guerra mondiale che condusse il Giappone nel baratro e all'interno di questi episodi storici trova spazio anche la storia d'amore del protagonista con Naoko, unico aspetto di finzione della storia.
Come non bastasse, a rendere il film ben lungi dall'essere rivolto ad un pubblico ultragiovanile, Miyazaki infarcisce la storia di aspetti tecnici interessanti e ben descritti sulla produzione aerea di Caproni, cita Thomas Mann e la sua Montagna Incantata e soprattutto Paul Valery col suo " Si alza il vento...Bisogna osare di vivere ! " che è un po' il refrain ora ottimistico, ora consolatorio del racconto.

lunedì 23 novembre 2015

The Enemy [aka Neprijatelj] ( Dejan Zecevic , 2011 )




The Enemy (2011) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Bosnia, 1995, " settimo giorno di Pace", soldati serbi tolgono mine dai campi dove le avevano deposte sotto lo sguardo attento e impaurito dei militari della Forze Internazionali di pace; la guerra è finita e lo scenario è quello post apocalittico che accompagna sempre la fine dei conflitti.
Il gruppo di sminatori vive in un rudere che una volta era una casa , un microcosmo dove le vite si mescolano e dove dapprima una giovane donna profuga che asserisce di essere la proprietaria della casa e poi un inquietante uomo di mezza età tirato fuori da una fabbrica in rovina dove era stato murato vivo portano lo scompiglio che sempre si accompagna all'arrivo di un intruso. Poco dopo anche due soldati bosniaci musulmani sono catturati nonostante la guerra sia finita e questi raccontano la storia dell'uomo murato vivo: a parer loro non è un uomo bensì il Demonio (infatti il nome serbo dell'uomo ciò significa) che ha portato lo scompiglio tra le truppe causando uccisioni a catena tra i soldati.


L'atteggiamento dell'uomo è stravagante, misterioso, sembra dare corpo alle accuse e quando anche tra gli sminatori iniziano a verificarsi strani episodi l'ostilità verso lo sconosciuto cresce.
The Enemy nasce come uno dei tanti film con tematiche legate alla guerra nei Balcani, si sviluppa come un mistery, per approdare ad una dissertazione filosofico-esistenziale che abbraccia Dio, il Demonio , la filosofia di Platone e la cupa riflessione sulla irrazionalità della guerra dove i nemici forse sono principalmente quelli che si agitano dentro noi stessi.
Il talentuoso regista serbo Dejan Zecevic, che già tanti riconoscimenti ha ricevuto in giro per il mondo coi suoi lavori, costruisce un film sicuramente affascinante, calato in una realtà post-apocalittica, dove non è tanto lo sviluppo del conflitto e le storie personali che ne derivano a stare al centro del racconto quanto un visione cupa e pessimistica sul presente e sul futuro dell'uomo, sulla sua tendenza a inseguire la irrazionalità, sul pericolo del baratro che si prospetta davanti quando neppure il nemico da combattere ha un nome.

mercoledì 18 novembre 2015

Ryuzo and his Seven Henchmen ( Kitano Takeshi , 2015 )




Ryûzô to 7 nin no kobun tachi (2015) on IMDb
Giudizio: 6.5/10

Ryuzo è un ex yakuza in pensione ormai settuagenario, vive con la famiglia del figlio che mal sopporta il suo sentirsi ancora un gangster ostentando dita mozzate, tatuaggi e allenamenti in giardino con la katana di legno; Ryuzo passa il tempo col suo ex compare Masa tra un ristorante e l'altro scommettendo su quello che gli avventori ordineranno e non perdendo occasione per fare il gradasso; quando un giorno sarà fatto oggetto di un tentativo di truffa da parte di una gang di malfattori lo spirito yakuza che affonda le radici nell'essenza dei vecchi samurai torna a galla prepotente: rifondare un clan chiamando a raccolta i vecchi fratelli.


Peccato solo che il tempo è inesorabilmente passato e all'appello si presentano anziani rimbambiti, zoppi, parkinsoniani, falliti simili a relitti umani, ma siccome lo spirito del clan rimane dentro tutta la vita, l'allegra brigata di vecchi scoreggioni ( e non solo metaforicamente) decide di tornare sulla piazza, in un mondo dove però le regole dell'onore e dell'etica dura, spietata , ma inviolabile dei clan è oggetto di derisione e di dileggio, quasi si fosse davanti ad un ammasso di ferri vecchi buoni solo per i rigattieri.
I nuovi boss sono privi di morale, malversano, vessano i poveracci, circondati da facinorosi violenti e senza regole, vestono col colletto bianco organizzando grottesche truffe e menano le mani coi poveracci: lo scontro sarà inevitabile, perchè sono troppo lontani, agli antipodi , i due mondi.
Per il nascituro clan quindi c'è il tentativo di fermare la società e la storia e riportare in auge vecchi metodi ed usanze coi risultati che si possono immaginare: i sette compari di Ryuzo (eletto boss in un esilarante segmento del film) guardano ai Sette Samurai, ai 13 Assassini di Miike, evocano altri modelli cinematografici (in un'altra scena divertentissima) e danno l'assalto finale agli usurpatori che hanno gettato l'onore del Giappone nel cesso; in questo finale roboante e spassoso anche la chiara, e non saprei quanto voluta, citazione di A Hero Never Dies di Johnnie To che non sfuggirà di certo agli appassionati di cinema orientale.

lunedì 16 novembre 2015

Full Contact ( David Verbeek , 2015 )




Full Contact (2015) on IMDb
Giudizio: 4.5/10

La guerra coi droni è diventata la nuova frontiera delle attività belliche: come un videogioco si manovra il joystick ,si inquadra il bersaglio e partono i missili dalle navi che annientano il bersaglio; già a Venezia 71 Andrew Niccol ci aveva dato la sua lettura di questa nuova frontiera col deludente Good Kill; il regista olandese David Verbeek ripropone lo stesso tema con una prospettiva diversa.
Sebbene il drone si usi e si guidi con un joystick come fosse uno dei tanti videogiochi sparatutto e il pilota se ne stia comodamente seduto davanti ad una consolle a migliaia di chilometri di distanza, nel conforto dell'aria condizionata e di una vita apparentemente normale, i missili ammazzano, come quelli degli aerei e delle navi lanciati senza l'ausilio dei droni.


Frustrazione e rimorso sono sempre dietro l'angolo, basta poco, un bersaglio sbagliato, danni collaterali non previsti ed il precario equilibrio psicologico che sembra affliggere i manovratori va ben presto in frantumi.
E' quello che succede al protagonista del film, che sin dall'inizio , si intuisce, soffre di problemi psicologici e di adattamento; un missile che cade su un bersaglio forse sbagliato o forse usato come scudo dai terroristi causa vittime civili in una scuola e il baratro è di fronte, ad un passo, imperscrutabile e profondo.

mercoledì 11 novembre 2015

Wild City / 迷城 ( Ringo Lam Ling-Tung / 林嶺東 , 2015 )




Wild City (2015) on IMDb 
Giudizio: 7.5/10

Otto anni sono trascorsi dall’ultimo lavoro di Ringo Lam, quel Triangle lavoro tripartito alla regia in collaborazione con Johnnie To e Tsui Hark, un elegante e riuscito esercizio stilistico dall’impronta sperimentale; finalmente il regista di quel City on Fire che ancora oggi risulta uno dei modelli del noir Hongkongese, ci regala la sua nuova fatica, che è bene dirlo subito, ci ripaga dell’attesa durata così tanto.
Wild City è pellicola dalla quale traspira abbastanza forte ed evidente lo stile di Ringo Lam e la sua impronta sul genere, affidandosi ad una storia tutto sommato convenzionale nelle forme e nelle tematiche ma che si tinge di tinte cupe e di riflessioni sulla città di Hong Kong e di come sia evoluto l’ambiente della malavita.


I protagonisti sono due fratelli che hanno il defunto padre in comune e madri diverse:T-Man è un ex poliziotto , cresciuto all’ombra del padre poliziotto anch’esso che però da poco ha rassegnato le dimissioni in seguito ad una operazione finita male e che si tira dietro la delusione per non avere saputo onorare il ricordo del padre, l’altro, Siu-Hung, è un’aspirante pilota da corsa che però ora fa il tassista e che ha avuto qualche guaio con la legge proprio per la sua passione.
La tranquilla vita dei due viene stravolta dall’incontro con una avvenente ragazza, Yun, che si porta dietro una valigia carica d’oro e denaro e alle cui calcagna ci sono svariate gang agli ordini di personaggi poco raccomandabili.

venerdì 6 novembre 2015

Little Bird ( Vladimir Beck , 2015 )




Giudizio: 4/10

Per la sua opera seconda il giovane regista russo Vladimir Beck prende a tema il mondo adolescenziale, sebbene, a suo dire, il film vuole trattare un tema più universale non necessariamente legato a quella età.
In un campo estivo frequentato da adolescenti i due animatori sono una una coppia di giovani che ben presto flirtano tra di loro attirandosi le critiche dei responsabili del campo; ma quel che è peggio coagulano su di sè le ossessioni di un ragazzino e di una sua coetanea rispettivamente infatuati dell'animatrice e del suo collega; una infatuazione ovviamente che non può condurre da nessuna parte ma che scatena nei due ragazzini reazioni rancorose fino all'ideare improbabili riti satanici o gesti insani.
Quinto elemto della storia è un altro ragazzino che vive perennemente con l'occhio attaccato ad una telecamera riprendendo tutto ciò che cade sotto il suo sguardo, una esistenza mediata dall'immagine ripresa, molto più semplicemente un vouyerismo maniacale.
Con il montare della mania ossessiva dei due ragazzini, i due animatori vanno incontro allo sviluppo della loro storia amorosa, tipica da vacanza estiva, che finisce nel momento esatto in cui inizia.
"Un giorno ti svegli e non riesci a toglierti di testa una persona: Non importa che tu abbia 14,26 o 70 anni, e non ti interessa se il tuo amore sia corrisposto. Inerme , ti senti in pena, non sapendo cosa fare, cercando un modo per liberarti del nome e dell'immagine che ti tormentano. Come uscirne?" : con queste parole il regista inizia le brevi note di regia di Little Bird, e prese così possono avere un senso ed aprire anche spazi interessanti cinematograficamente; peccato che la pellicola non abbia nulla di tutto ciò o per lo meno non è questo che il film lascia dopo la visione.

giovedì 5 novembre 2015

Toilet Stories ( Soren Huper , Christian Prettin , 2014 )



Toilet Stories (2014) on IMDb 
Giudizio: 7.5/10

Una squallida latrina in rovina di città: vetri infranti ,scritte sui muri ed un distinto signore di mezza età con una gardenia all’occhiello, due balletti di periferia in cerca di guai, peccato per loro che l’uomo non è un tranquillo signore indifeso, bensì un raffinato sadico.
Seconda toilet: la campionessa di nuoto ha di recente frantumato record su record, è in arrivo però presso la piscina l’agente antidoping che smaschererà in un attimo le magagne sue e della sua allenatrice; nessuna paura, arriva il medico di fiducia che con assurdi e singolari metodi la salverà dalla squalifica, tra un clistere e trucchetti a base di urine.


Toilet di lusso di una grande albergo: da amiche si ritrovano dopo tanto tempo, una è una vip sposata con un uomo la cospicuità del cui conto in banca è direttamente proporzionale al volume della pancia; tra le due c’è anche qualcosa altro che le unisce in un torbido e poco conveniente affaire.
Toliet di un grande magazzino: il solitario e taciturno commesso del reparto giardinaggio si gode gli ultimi momenti della sua pausa pranzo seduto sul water quando dal gabinetto attiguo un uomo anziano ha deciso che dovrà investire lui di una sua confessione privata fatta di lutti lontani, di vendetta e di improbabili amicizie.

martedì 3 novembre 2015

People Mountain People Sea / 人山人海 ( Cai Shangjun / 蔡尚君 , 2011 )




People Mountain People Sea (2011) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

Presentato come film a sorpresa nel Concorso della Mostra Cinematografica di Venezia del 2011 e vincitore altrettanto a sorpresa del Leone d'Argento per la miglior regia, People Mountain People Sea è stato l'ennesimo grande successo di Marco Muller, allora Direttore della rassegna, nella sua instancabile e meritoria opera di divulgatore del cinema orientale, e cinese in particolare, in Italia.
Il film di Cai Shangjun infatti è un esempio, piuttosto raro a dire il vero, di quel cinema indipendente, quasi sovversivo che la Cina sa produrre tra le innumerevoli difficoltà legate alla censura e alla scarsa disponibilità di fondi che riesce grazie ai Festival a raggiungere un pubblico più vasto.
Opera seconda del regista cinese, apprezzatissimo sceneggiatore di alcuni lavori di Zhang Yang, People Mountain People Sea è un durissimo, quasi spettrale e disperato ritratto della società cinese, quella che sopravvive all'ombra del boom economico e delle ricche aree urbane più evolute, ma è prima di tutto un eccellente saggio di regia da parte di Cai, che si distingue per uno stile tanto scarno quanto pregnante.


Il protagonista della storia è Lao Tie , costretto a tornare al suo villaggio natale in una delle zone più arretrate e povere della Cina centrale, dopo avere causato un incidente sul lavoro procurando un grave infortunio ad un lavoratore; tornato a casa scopre che il fratello minore è stato rapinato della moto ed ucciso; come un impulso naturale ed atavico Lao Tie decide di mettersi alla caccia del delinquente avvistato dapprima nei villaggi limitrofi e poi in città.
La discesa a Chongqing, la megalopoli che accoglie 30 milioni di abitanti e che accanto ai grattacieli nutre baraccopoli e tuguri degni delle peggiori favelas, e il viaggio verso nord dove in una miniera illegale pare che lavori l'assassino, sono le tappe di un road movie allucinante alla conclusione del quale, in un deflagrante finale risiede l'allegoria più nitida di tutto il film.

Eva no Duerme ( Pablo Aguero , 2015 )




Eva Doesn't Sleep (2015) on IMDb
Giudizio: 8/10

Dopo svariati giorni di proiezioni di film tutt'altro che indimenticabili, la Festa del Cinema di Roma ci regala il lavoro più bello visto finora: Eva no Duerme del regista argentino Pablo Aguero, anch'esso transitato sia al Festival di Toronto (l'ennesimo...) che a quello di San Sebastian.
Quale aspetto fa di Eva no Duerme un film interessante e bello sebbene tratti di fatto un episodio ben conosciuto di importanza fondamentale nella recente storia dell'Argentina ? E' quello che sembra mancare alla gran parte degli autori che abbiamo visto in questa rassegna, cioè l'impronta personale attraverso una regia originale, molto carica di stile, che offre una prospettiva soggettiva di una racconto che fa parte ormai dei libri di storia e che quindi è del tutto privo di originalità: Aguero , attraverso un lungo processo di studio durato svariati anni, raccoglie una massa enorme di immagini d'epoca intorno alle quali imbastisce un racconto solido sorretto da una bella dose di cifra stilistica, donandogli quindi quello sguardo particolare che annienta la non originalità del tema.


Parlare di Evita Peron per un argentino è quanto di più impegnativo e coinvolgente vista la caratura del personaggio e i sentimenti che ancora adesso suscita  il solo nome, descrivere poi le peripezie della sua salma per venti anni senza cadere nella cronaca nuda e cruda è operazione tutt'altro che facile ma che il regista argentino ha saputo portare a termine in modo valido.

lunedì 2 novembre 2015

The Walk 3D ( Robert Zemeckis , 2015 )




The Walk (2015) on IMDb
Giudizio: 6.5/10

In quasi contemporanea con l’uscita nelle sale la Festa del Cinema di Roma ospita l’ultimo lavoro di Robert Zemeckis The Walk 3D, ispirato alla storia del funambolo francese Philippe Petit passato alla storia per avere camminato sospeso su un filo teso tra le Twin Towers  di New York nel 1974, quando i due grattacieli erano  in fase avanzata di costruzione.

Il racconto di Zemeckis parte dall’infanzia del giovane Petit folgorato da acrobati e funamboli circensi: sin da piccolo il ragazzo spia le loro gesta e cerca di emularle; da lì in poi la sua vita è tutta una sfida , dapprima coi genitori che non condividono la sua passione, poi con le autorità che gli impediscono di tendere liberamente fili sui quali camminare ed infine con il vecchio e saggio funambolo Papa Rudy col quale si instaura il tipico rapporto conflittuale maestro-allievo; prima complice del giovane sarà Annie una ragazza anch’essa artista di strada ben più convenzionale e poi pian piano un piccolo manipolo di personaggi che vogliono condividere con Petit la vita avventurosa e le sfide.
Una rivista che mostra le Twin Towers in costruzione paragonate all’altezza della Tour Eiffel funge da click per Petit: il fine ultimo, il capolavoro del funambolismo deve essere una passeggiata sospeso nel cielo di New York su un filo teso tra le due torri; l’armata si arricchisce di complici sul posto e quindi i preparativi per quella che sembra una follia hanno inizio.

Le Rois du Monde ( Laurent Laffargue , 2015 )




Les rois du monde (2015) on IMDb
Giudizio: 5/10

Opera prima del regista francese Laurent Laffargue, attivo nel passato soprattutto in ambito teatrale, Le Rois du Monde è lavoro che lascia l'amaro in bocca: l'impressione è quella di un film che avrebbe potuto essere decisamente più valido e bello se il regista avesse saputo scegliere meglio il terreno su cui cimentarsi senza affastellare situazioni e tematiche agli antipodi o per lo meno avesse avuto una migliore capacità di miscelare le anime narrative della storia.
Le Rois du Monde inizia come un vivace affresco di una Francia provinciale e di campagna dove regnano le bevute, le feste di paese e gli amori di personaggi che da questo ambiente non vogliono  o non riescono a sottrarsi, adagiati nella monotona vita di tutti i giorni e nello squallore; prosegue con una storia d'amore intorno alla quale si accumula sporcizia e  odi repressi che portano ad atmosfere da tragedia mitologica moderna che sfociano con violenza nel finale; si innestano sulla struttura di base un poco convincente triangolo amoroso giovanile consumato e scatenato dalla passione per la recitazione delle commedia di Moliere e un altrettanto ben poco convincente impianto teatrale che mostra soprattutto il background del regista.


Le Rois du Monde è anche il racconto di personaggi, a loro modo tutti eroici, nel bene e nel male: il rissoso e trucido Romain, un tipaccio buono solo a menare le mani che vorrebbe riprendersi la sua donna dopo la sua lunga permanenza in carcere, il macellaio Jacky che di quella donna è diventato nel frattempo il compagno e che pur nell'oblio del paese di provincia cerca di tirare avanti una vita dignitosa, Chantal , la donna contesa, che ama il teatro ma che non riesce a fuggire dall'opprimente e squallido mondo di provincia trattenuta da un legame atavico; anche i tre giovani protagonisti che fanno da contraltare con il loro tormentato triangolo amoroso al ben più tragico menage degli adulti, possiedono quella vis eroica , forse l'unica che regala qualcosa di luminoso.
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