Giudizio: 7.5/10
Risultato della lodevole iniziativa Biennale College voluta da Alberto Barbera con l'intenzione di offrire a giovani registi emergenti la possibilità di costruire un proprio lavoro, Blanka del regista giapponese Hasei Kohki è emerso tra 12 concorrenti e con il decisivo appoggio del produttore indipendente italiano Flaminio Zadra, uno di quei personaggi che andrebbero ringraziati ogni giono per il loro prezioso e coraggioso lavoro, è stato presentato alla 72° Mostra Cinematografica di Venezia e ci ha fatto conoscere un giovane regista di cui molto probabilmente sentiremo parlare in futuro.
La storia che Hasei racconta si svolge a Manila, tra le sterminate favelas dove frotte di ragazzini senza famiglia sopravvivono facendo affidamento su sè stessi e sulla solidarietà che si insatura tra gli emarginati.
Blanka ha 11 anni, una forte propensione alla leadership che esercita su un piccolo esercito di coetanei con in quali mette in piedi piccoli furti e truffe.
Blanka è stata abbandonata dalla madre dopo che il padre è scomparso e la ragazzina ben presto capisce l'importanza del denaro per sopravvivere, conserva i piccoli bottini dei furti in una scatoletta di metallo che nasconde tra le pietre sotto la vigile attenzione di una statua della Madonna.
La ragazzina ha una idea fissa: mettere da parte i soldi per comprarsi una madre, idea che solo nella mente ingenua di una undicenne che crede che tutto si possa comprare col denaro può albergare.
L'incontro con Peter , un chitarrista cieco col quale ben presto la ragazzina crea un connubio di mutua solidarietà, sembra frantumare la granitica convinzione della ragazzina sul potere del denaro: ci sono cose che i soldi non possono comprare e tra queste l'affetto reciproco e il calore di un surrogato della famiglia.
Lungi dall'ammantarsi dei toni, dei colori e delle atmosfere da film neorealista , Blanka è fondamentalmente una fiaba proletaria, priva di retorica e di ricorso alla facile costernazione, che si sviluppa con registri più da commedia che da dramma; Hasei è regista che lascia chiaramente trasparire il suo background di artista visivo, fotografo, autore di videoclip, colorando la Manila dei diseredati con tinte che sono in totale contrasto con i canoni neorealisti; i bassifindi della metropoli filippina risplendono di colori vivaci, di luci intense , di musiche e i piccoli protagonisti della vita quotidiana sembrano quasi dei folletti in cerca di fortuna.
Naturalmente la sensibilità del regista giapponese ci ricorda in brevi e fugaci immagini la vera condizione di quel mondo abbandonato e sommerso, quasi a riportare alla mente di se stesso prima di tutti la drammaticità di quella realtà; ma al contempo Hasei sceglie di raccontare la vitalità, l'ottimismo, la voglia di vivere che da simili situazioni emergono e che si concretizzano in una forte solidarietà tra derelitti: nel mondo di Blanka anche i cattivi sono un po' meno cattivi lasciando comunque una via di fuga a chi aspira ad una vita migliore.
Se il tema dell'infanzia abbandonata e ai margini è comunque potente, Blanka ci regala la faccia più incredibile di una realtà di disagio profondo, quel sorriso e quella gioia di vivere che certe realtà sbattono in faccia alla nostra società ricca opulenta e tendenzialmente egoista.
Insomma Blanka è un piccolo film che sa però regalare momenti belli e densi di sentimento, senza cadere nell'ovvietà e tanto meno nell'ipocrisia: una vera favola costruita sull'umanità e sul sorriso che combattono la povertà e l'abbandono.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.