Giudizio: 5.5/10
Dal 2010 il regista iraniano Jafar Panahi , dopo svariati arresti e una lunga detenzione, è inibito dal Ministero della Cultura della Repubblica Islamica dell’Iran a dirigere film, pena l’arresto immediato e la galera fino a 20 anni; tutto ciò non ha impedito comunque al regista di continuare a mietere riconoscimenti e premi (anche in contumacia) e ad arricchire la sua corposa bacheca; mancava l’Orso d’Oro a Berlino, dove comunque già un Orso d’Argento lo aveva collezionato, e quest’anno la Berlinale ha riempito questo tassello mancante premiando Taxi Teheran, ultimo e singolare lavoro del cineasta.
La premessa dovrebbe essere ben più lunga ed articolata per capire bene sia il senso del Premio ricevuto sia le critiche entusiastiche riservate al suo lavoro: chiaramente la storia personale di Panahi colpisce emotivamente e si erge a paradigma di come la cultura possa essere imbavagliata in nome di un codice etico e legale rigidissimo contro il quale il regista iraniano sin dai primi lavori si è scontrato frontalmente portando alle conseguenze inevitabili.