venerdì 18 febbraio 2022

Intregalde ( Radu Muntean , 2021 )

 




Întregalde (2021) on IMDb
Giudizio: 6/10

Insignito non senza sorpresa e  con qualche riserva del premio come miglior lungometraggio al recente Trieste Film Festival, Intregalde del regista rumeno Radu Muntean è lavoro che miscela  alcuni generi cinematografici per approdare in conclusione ad una sarcastica quanto divertita analisi del fenomeno del del volontariato in favore dei meno abbienti che troppo spesso si trasforma in una poco gradevole fiera della vanità personale e della propria autocelebrazione più o meno intima o plateale.
Come ogni anno in prossimità delle festività natalizie una associazione di fuoristradisti della media borghesia cittadina , intraprende un viaggio attraverso le impervie strade della Transilvania per portare pacchi doni che contengono generi di prima necessità alle popolazioni che vivono nell'indigenza in quella regione fredda e povera.
Sin dall'inizio capiamo subito che lo spirito col quale si intraprende l'impresa non è dei più autenticamente caritatevoli, impegnati come sono i vari partecipanti a chiacchierare di futilità , a scambiarsi pettegolezzi o a incensare se stessi con discorsi vacui.



Questo clima da gita scolastica, che serve tanto a ritemprare lo spirito perchè tanto poi c'è una bella mangiata da fare e una bella casa calda che li aspetta a Bucarest, viene sovvertito repentinamente dall'incontro dapprima con un vecchio che dice di conoscere bene la zona e poi da un incidente che rende la jeep inutilizzabile in quanto impantanatesi in un tratturo di montagna.
Il vecchio che millanta la  perfetta conoscenza del posto sparisce mentre i componenti del gruppo cercano di risolvere il problema anche con l'aiuto di due loschi personaggi che passano sul sentiero con la loro macchina, ma al calare della sera appare evidente che saranno costretti a passare la notte nella foresta.
Dove è finito il vecchio? Ce la farà a sopravvivere da solo nel bosco? E' giusto andare a cercarlo o , fidandosi della sue chiacchiere, contare sulla sua presunta conoscenza dei luoghi? In definitiva, meglio girarsi dall'altra parte o cercare quel vecchio prima che il gelo lo ammazzi?
Partendo da quest'ultimo interrogativo Muntean, costruisce la sua personale riflessione sull'essenza dell'aiuto umanitario, sul senso della carità (intesa in senso cristiano), sulla moda di sfoggiare il nostro essere caritatevoli e volontari nell'alleviare la sofferenza altrui che serve solo per sentirci compiaciuti con noi stessi, come se potessimo appenderci una medaglia sul petto e darci una bella lavata di coscienza.
Il vecchio da andare a recuperare è l'emblema di una solidarietà diversa, forse più essenziale che però divide i componenti del gruppo in maniera violenta, così come i due loschi personaggi che incontrano, che altri non sono che i destinatari degli aiuti, sono visti con un occhio carico di paura e di sfiducia , come si potrebbero guardare dei malfattori.

giovedì 17 febbraio 2022

Darkling [aka Mrak] ( Dušan Malić , 2022 )

 




Darkling (2022) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

Cinque anni dopo la fine ufficiale della Guerra del Kosovo, le tensioni mai sopite, esplosero in maniera drammatica a causa di una violenta contrapposizione che vide gli albanesi kosovari scatenarsi contro i serbi rimasti nelle enclave all'interno della regione controllata dalle forze multinazionali del Kfor. Alcuni episodi di violenza, ad arte strumentalizzati dagli opposti estremisti, diedero il via ad un vero e proprio pogrom contro i serbi ortodossi che vide la scia di morti, feriti , scomparsi e distruzioni allungarsi tristemente a cinque anni dalla fine della guerra: anche in questa occasione gli eventi furono particolarmente odiosi, come possono esserlo quelli in cui fanatismo religioso e contrapposizioni etniche perdono ogni freno.
Nel periodo che seguì questa fase, in cui furono le forze di pace a proteggere la popolazione serba rimasta  in Kosovo che non volle abbandonare le proprie case, il regista Dušan Malić costruisce la storia raccontata in Darkling, un opera di grande potenza, l'ennesima in cui la cinematografia balcanica riesce a offrire un esempio in cui la guerra è raccontata con grande efficacia e drammaticità senza ricorrere a scene puramente belliche.



Al centro del racconto ci sono una donna ( Vukica) la sua figlia dodicenne( Milica) e l'anziano nonno ( Milutin) , quello che resta di una famiglia serba in cui gli uomini giovani, il marito di Vukica e l'altro figlio di Milutin , sono scomparsi in seguito ad un rastrellamento degli albanesi-kosovari; la famiglia è una delle poche ormai rimasta nell'enclave serba che ha visto la fuga di gran parte degli altri abitanti, terrorizzati dalle continue intimidazioni subite cui le forze di pace non riescono a sottrarli, visto che come cala il buio tutta la zona piomba in un raggelante coprifuoco carico di terrore.
Milica prende posizione sotto il tavolo a lume di candela, ascolta le suonerie di un telefonino che riesce a caricare solo grazie ai militari italiani della forza di pace che la accompagnano a scuola ogni mattina e scrive la sua lettera al Presidente serbo per raccontare la sua paura  e gli stenti della sua vita da ragazzina che già troppo orrore ha visto.
Milutin invece non vuole lasciare la casa perchè aspetta , invano, il ritorno del figlio e del genero e ogni sera spranga porte e finestre in attesa che l'ennesima notte di paura passi: animali uccisi, segni di presenze ostili, rumori sembrano dimostrare che qualcuno agisce nel buio per far crescere il terrore nella famiglia che tenacemente si rifiuta di partire, sebbene soprattutto Vukica sembra ormai arrendersi all'evenienza.

martedì 15 febbraio 2022

Drive My Car ( Hamaguchi Ryusuke , 2021 )

 




Drive My Car (2021) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

Il lavoro di Hamaguchi Ryusuke sembra essere avviato a ripercorrere la  rotta che due anni fa solcò Bong Joonho col superpremiato Parasite con una unica differenza: mentre il regista coreano era già un grande cineasta ma pochi lo sapevano e quindi l'Oscar fu la sua consacrazione planetaria, con Drive My Car il regista giapponese si afferma in maniera definitiva come  autore tra i migliori della scena cinematografica mondiale di questi anni, dopo avere dato prova di sè già in altri lavori, alcuni dei quali di indubbio valore ma ancora con numerose imperfezioni.
Il mondo cinematografico di Hamaguchi richiede una premessa fondamentale: il suo è un fluire di parole che costruiscono un racconto di fronte al quale bisogna avere il coraggio e la determinazione di restare fermi ad ascoltare osservando le vite dei protagonisti che ci scorrono davanti.
In Drive My Car il regista giapponese aggiunge un nuovo tassello che diventa fondamenta per la costruzione della sua storia e cioè un costante richiamo all'importanza del linguaggio e della sua forma, depurata da tutte le possibili influenze, come spesso chiede il protagonista ai suoi attori durante la preparazione dello spettacolo teatrale.



Nel lungo prologo, quasi un mediometraggio infilato nel corpo principale della pellicola, il regista ci presenta una istantanea di quelli che sono i punti fermi da cui parte il racconto: una coppia con lui , Yusuke, affermato attore  e regista e lei, Oto, sceneggiatrice televisiva, una vita insieme da molti anni, ancora viva dal punto di vista sessuale al punto che la donna costruisce le sue storie durante l'atto sessuale stesso; si intuisce da qualche frammento che la vita patinata che conducono ha qualche venatura profonda che è stata in qualche modo rimossa, così come si intuisce che il quasi morboso legame con Zio Vanja , il capolavoro di Anton Cechov, che Yusuke recita in continuazione in macchina avvalendosi della voce di Oto, impressa in una audiocassetta, che interpreta invece tutti gli altri ruoli, è qualcosa che va oltre l'aspetto puramente letterario e professionale.
Poi di colpo il fendente che taglia la storia: Yusuke, causa il classico annullamento del volo, torna e casa e trova la moglie avvinghiata ad un altro, un giovane attore col quale ha lavorato in TV, pietrificato l'uomo non dice nulla ma quando la moglie un giorno gli dice che vuole parlargli, vigliaccamente evita la cosa e quando torna a casa tardi la trova morta, fulminata da una emorragia cerebrale.
Due anni dopo inizia il film , partono i titoli di testa e vediamo Yusuke, rompere col suo passato e accettare l'incarico del Festival di Hiroshima di mettere in scena lo Zio Vanja: a bordo della sua Saab 900 rosso vermiglio Yusuke si lascia Tokyo alle spalle e approda nella città di mare, dove tutto è stato preparato , con maniacalità nipponica, per il suo soggiorno, compresa una giovane autista a sua disposizione.
Nelle selezioni Yusuke sceglierà tra gli altri, proprio il giovane amante della moglie per il ruolo del protagonista e la compagnia sarà composta di persone provenienti da ogni angolo dell'Asia, ( Filippine, Taiwan, Corea ), oltre che da una giovane donna muta che si esprime col linguaggio dei segni.
In tutta la seconda parte del film se da un lato l'opera di Cechov diventa sempre più indissolubilmente legata ai destini e alle vite dei vari protagonisti, dall'altra i veli che avvolgevano l'esistenza di Yusuke verranno squarciati con la consueta grazia che è propria del regista, ma anche il drammatico background di Misaki, la giovane autista di Yusuke, angelo custode silenzioso e segnato, seppur solo a 23 anni da una vita terribile, viene lentamente a galla.
Ma tutti i personaggi che gravitano intorno a Yusuke portano sulle spalle un qualche doloroso passato: il giovane attore, violento e impulsivo, che non ha avuto abbastanza tempo per poter amare Oto, la giovane coreana rimasta muta e che ha dovuto abbandonare la danza, in tutti aleggia quel senso di tragedia che solo nelle parole finali del capolavoro di Cechov, attraverso il monologo di Sonija, trova la sua sublimazione nella visione di una sorta di pietas cristiana capace di stendere un velo di pace su tutti gli affanni umani.

giovedì 3 febbraio 2022

Looking for Venera ( Norika Sefa , 2021 )

 




Looking for Venera (2021) on IMDb
Giudizio: 8/10

Ulteriore conferma dello straordinario momento d'oro del cinema del Kosovo (prevalentemente al femminile) , l'opera prima di Norika Sefa, premiata già all'esordio al Festival di Rotterdam, continua a raccogliere consensi, ultimo dei quali al recentissimo Festival di Trieste con il premio Cineuropa.
Il film è strutturato a prima vista come il più classico dei coming of age, ma poi ci si accorge sin da subito che siamo di fronte ad una opera che presenta una ambiziosa ampiezza di vedute.
Seguendo le vicende della timida , pacata e curiosa Venera e quelle della sua amica del cuore, la ribelle e sfrontata Dorina, assistiamo ad un racconto di ribellione e di ricerca di autodeterminazione che contrasta con il tessuto sociale di una comunità di una piccola cittadina del Kosovo rurale tenacemente legata alle secolari tradizioni che imbrigliano la vitalità delle due ragazze.
Dorina è per Venera quasi un Virgilio che guida Dante-Venera nelle acque limacciose che compongono la stagnante società patriarcale oppressiva , nel tentativo di uscirne e di sentirsi libere di camminare con le loro gambe in un mondo che fuori dalle barriere grette dell'ignoranza è pronto ad accoglierle (nel bene e nel male).



Lo scontro generazionale che Norika Sefa descrive è quello tra la vitalità delle due ragazze e la passività rassegnata dei loro genitori, soprattutto ben delineato nella figura della madre di Venera, mentre gli uomini appaiono come degli esseri infernali intenti solo ad esercitare il loro potere gretto e violento e a mantenere la figura femminile reclusa in casa a conservare una forma di "dignità" assurda e retrograda.
La prospettiva del racconto è quella di Venera che mostra una curiosità  molto sviluppata che si tramuta in desiderio di voler provare nuove esperienze, di affrancarsi dal giudizio e dal giogo della famiglia ( come in tutte le piccole comunità la ragazza ha sempre intorno qualcuno che può fungere da informatore per il padre...) , di emanciparsi da un luogo e da un ambiente che deprime e reprime.
Nonostante il finale non sia esattamente un inno all'ottimismo, la storia mostra la strada da seguire e rafforza la coscienza delle giovani generazioni, soprattutto femminili: la via per raggiungere l'affermazione della propria dignità è irta di ostacoli, molti sono i mostri da affrontare, ma alla fine la voglia di libertà , di giustizia , di affermazione di se stesse può condurre ad una crescita personale .
Norika Sefa, come gran parte delle sue colleghe appartenenti ad una primavera cinematografica kosovara  che in certi momenti appare addirittura stupefacente, tratteggia i contorni di  un personaggio con grande precisione e vivacità e al di là del merito della regista ,buona parte della riuscita dell'opera risiede nella scelta di due attrici non professioniste bravissime, capaci di mettere tutte se stessi nel personaggio fino a sovrapporsi ad esso, testimonianza di una vitalità e di una ricerca di emancipazione che si respira in ogni momento del film che le vede protagoniste.
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