lunedì 4 settembre 2023

Nightsiren ( Tereza Nvotovà , 2022 )

 




Nightsiren (2022) on IMDb
Giudizio: 8/10

Il cosiddetto folk horror, sottogenere , ma fino ad un certo punto ormai, che ha preso sempre più piede, soprattutto nel cinema europeo, con la unica parziale eccezione di Ari Aster che non a caso in Midsommer però si affida ad ambientazioni scandinave, sposta sempre di più il centro del dibattito sulla sua essenza verso tematiche femministe: la cultura europea ,a tutte le latitudini, è impregnata da secoli dalle figure femminili spesso viste come portatrici di malvagità e di stregoneria, il più delle volte espressione di una  ipocrita subcultura maschilista che demonizza la donna a maggior ragione quando animata da spirito di indipendenza.
Al già lungo elenco di opere rientranti a vario titolo nel genere, si aggiunge Nightsiren, opera seconda della regista slovacca Tereza Nvotová, che già nel 2017 con l'opera prima Filthy ottenne numerosi riconoscimenti, un dramma ad impronta folk che mette in scena una caccia alle streghe moderna, retaggio di una cultura montanara e contadina  che affonda le sue radici nella notte dei tempi, secoli e secoli indietro.
La scelta della regista di ambientare ai giorni nostri questa storia è chiaramente un messaggio forte e chiaro: il tempo è passato , la società ha (apparentemente) fatto enormi progressi nel rispetto e nella tolleranza, ma per alcune tematiche il tempo sembra essere rimasto all'epoca dei roghi che illuminavano la campagne e la misoginia moderna col suo corredo di violenza e sopraffazione non è altro che l'ovvia conseguenza temporale di quanto accaduto per secoli che ha instillato nella cultura popolare una immagine della donna-demone.



La protagonista del film è una giovane ,Sarlota, che torna nel suo paese natale tra le montagne per prendere atto del testamento lasciato dalla madre , morta da poco e con la quale lei non aveva più rapporti; sin dal suo arrivo viene presa di mira dai paesani che la accusano di essere una strega così come lo era la madre intorno alla quale sono proliferate storie di atrocità e di malvagità; Sarlota inoltre si porta dietro il senso di colpa per la morte della sua sorellina avvenuta per una tragica fatalità di cui lei si sente responsabile e motivo per il quale la comunità la accusa apertamente.
Insomma per la ragazza è un tuffo in un passato torbido, oscuro, foriero di dolore e di avversione, nel quale solo il rapporto amichevole ( a volte sembrerebbe anche qualcosa in più...)  con la inquietante Mira una ragazza che sembra conoscere qualcosa sul passato di Sarlota.
La protagonista sempre divisa tra il fuggire e lo scoprire la verità che non conosce, intraprende quindi un viaggio nel suo passato rimosso, in un ambiente ostile che la considera una strega ritornata in vita.
Se la scelta di ambientare la storia nel presente costituisce forse l'aspetto più interessante  del film, la costruzione della storia che utilizza la regista è altrettanto valido e coinvolgente: le atmosfere appaiono da subito inquietanti, cupe, morbose, man mano che la verità inizia a comparire; la tematica diventa sempre più una denuncia sociale che vuole condannare la violenza sulle donne ( qui picchiate, violentate, bruciate come streghe...) tanto più astiosa e bestiale quanto più le donne del racconto si ergono a paladine della libertà e dell'indipendenza, della conoscenza e della ricerca della liberazione da un giogo culturale e personale insopportabile.

mercoledì 30 agosto 2023

Full River Red / 满江红 ( Zhang Yimou / 张艺谋 , 2023 )

 




Full River Red (2023) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Sono trascorsi 35 anni ( e 25 film) da quando la carriera straordinaria di Zhang Yimou ha preso il via, facendo sì che il regista cinese venga universalmente riconosciuto come uno tra i più grandi cineasti viventi, avendo ormai abbattuto anche le ultime barriere culturali-nazionali che relegavano gli autori orientali in un limbo informe visto con una certa indifferenza dal mondo occidentale.
Zhang è regista che soprattutto , e basta scorrere semplicemente i titoli dei suoi lavori, ha esplorato praticamente tutti i generi , muovendosi tra il film a sfondo sociale (con tanto di guai con la censura cinese) a quelli storici, dal kolossal al remake, autentiche citazioni cinematografiche, dal film patriottico con robusta dose di propaganda, al wuxia.
Nella sua ultima fatica , Full River Red, mette in piedi una operazione che cerca con molta ambizione (ma se non lo fa lui chi può?...) di riunire in 3 ore  sprazzi di tutti i generi, partendo da una base, quella del kolossal storico, di sicuro impatto con continui cambi di registro che spaziano praticamente su numerosi generi.
Il collante di questa operazione risiede fondamentalmente nella grande maestria nella regia e nella messa in scena, nell'accuratezza formale che diventa stile che sono i pilastri del percorso cinematografico di Zhang perlomeno in questa seconda fase della carriera.



La trama potrebbe essere raccontata in cinque righe o in un trattato, a seconda di quanto si voglia scoprire le carte di un film che invece fa dell'intreccio , dell'ambiguità e dei clamorosi colpi di scena la vera essenza che riesce a catturare lo spettatore (l'opera è tuttora uno dei film più ricchi del botteghino in Cina e comunque quello che ha incassato di pù tra quelli del regista).
Il periodo storico in cui è ambientato Full River Red è il XII secolo, Dinastia Song ; per cercare di sedare la rivolta del popolo Jin il primo ministro dell'impero, Qin Hui, organizza ai confini del paese un incontro con un messo dei ribelli; quest'ultimo però viene ucciso e la lettera che doveva consegnare al ministro sparita; nel proverbiale clima di sospetto che regna in ogni corte due soldati di rango inferiore , un capitano, Sun Jun e un militare semplice Zhang Da vengono incaricati , non certo per fiducia, di risolvere il caso e recuperare la lettera entro poche ore, pena la morte.
Ci fermiamo qui , perchè di fatto questo è il nucleo narrativo sufficiente per una sinossi che non sveli , anche perchè l'opera di Zhang è molto giocata sul sospetto, sull'apparenza, su quello che è realmente a fronte di quello che appare, tutto piuttosto difficile da raccontare senza cadere in trappola.
Ovviamente Full River Red è moltissimo altro, anche troppo verrebbe da dire , perchè, giusto per raccontare quello che ha convinto meno del film, il difetto principale è proprio la ridondanza narrativa che solo parzialmente la bravura indiscussa di Zhang riesce a governare.
Una ridondanza che non è solo sostanziale, legata cioè al racconto e alla trama con le tematiche più o meno nascoste, ma anche strutturale: i fin troppo rapidi cambi di registri che fanno sì che non è difficile assistere ad una battuta demenziale nel bel mezzo di una climax drammatico, effettivamente spiazza, seppur appare chiaro che è un espediente utilizzato dal regista per accentuare ulteriormente la commistione di stili, quasi dovesse diventare , il film, un compendio di tutti i generei trattati dal regista nella sua luminosa carriera.

martedì 29 agosto 2023

Safe Place ( Juraj Lerotic , 2022 )

 




Safe Place (2022) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

E' un esordio tanto folgorante quanto carico di dramma quello del regista croato Juraj Lerotic con Safe Place, opera che ha raccolto una enorme mole di riconoscimenti in ogni angolo del mondo; un'opera prima che mostra la grande maturità del regista e la impronta stilistica e che , soprattutto, lascia filtrare con lo scorrere lento della storia e delle immagini tutto il dolore personale del regista che si è ispirato ad una pagina intima della sua vita. 
Già il solo fatto di avere avuto il coraggio di prendere di petto una esperienza così tragica per poterla raccontare attraverso il cinema dimostra la grande onestà intellettuale di Lerotic oltre che, come dimostra la pellicola, la profonda sincerità che si percepisce nel racconto.
Il film si svolge nell'arco di circa 24 ore, un lasso di tempo che però molto spesso nell'incedere della storia sembra dilatarsi all'infinito: in queste ore seguiamo Damir, un giovane affetto da una grave crisi depressiva che tenta il suicidio e gli sforzi compiuti dal fratello Bruno ( il regista che interpreta se stesso sotto mentite spoglie) e dalla madre per cercare di risolvere il problema enorme in contrasto con un ambiente esterno con cui debbono relazionarsi in cui prevale la superficialità e l'indifferenza.



Safe Place si apre con una scena fissa magistrale: uno scorcio qualsiasi della periferia di Zagabria, passanti , macchine ferme, un movimento compassato nell'insieme che improvvisamente viene rotto da un uomo che corre, entra in un portone, apre la porta a calci: è Bruno che corre a casa del fratello dopo che questi ha tentato il suicidio e lo vediamo al cambio di scena abbattere anche la porta di casa e trovare il fratello in un lago di sangue.
Da quel momento, dapprima con il personale dell'ospedale, quindi con i solerti e ottusi poliziotti, Bruno e la madre, prontamente accorsa da Spalato, metteranno in piedi una lotta impari contro il male che assilla Damir per cercare di proteggerlo come solo una famiglia sana può tentare di fare.
Lerotic sgombra subito il campo da fastidiosi equivoci: non c'è nulla che possa creare tensione sulla sorte di Damir, una magnifica scena in ospedale, tra sogno e realtà, ci farà immediatamente capire che il ragazzo morirà, e noi per la restante ora e mezzo vedremo il dramma del giovane ma anche quello di Bruno e della madre che saranno disposti a tutto pur di salvarlo, a costo di commettere dei chiarissimi reati.
E' un film triste come pochi Safe Place, ma è una tristezza ben poco ostentata o spettacolarizzata, piuttosto oserei dire sostanziale sostenuta da una massiccia dose di tenerezza, racchiusa in un nucleo di dolore che riesce difficile da essere spostato: la giovane vita di Damir persa nella depressione, nell'enorme tragedia che vive dentro, nell'incapacità di capire se stesso e il quando è iniziato tutto; dall'altra parte c'è una famiglia che non si arrende, che tenta ogni gesto per ricoprire di attenzioni e di affetto il ragazzo, che crede che solo il legame famigliare possa contrastare l'indifferenza e la mancanza di sensibilità che li circonda. 

lunedì 21 agosto 2023

Asteroid City ( Wes Anderson , 2023 )

 




Asteroid City (2023) on IMDb
Giudizio: 4.5/10

Cosa si può dire di un film il cui unico momento che merita di essere citato è la scena finale sui titoli di coda sostenuta da una simpatica canzonetta?  Asteroid City , ultimo lavoro di Wes Anderson , è , purtroppo mestamente, il film in questione, e in questo caso a poco valgono le consuete diatribe fideistiche tra adoratori del regista americano e suoi feroci detrattori: anche le schiere molto nutrite, almeno fino a qualche tempo fa, di fans sfegatati sono rimaste con l'amaro in bocca , sorrette solo da una sorta di adorazione aprioristica che lascia però il tempo che trova.
Come è facile capire quindi sarà molto più semplice e immediato, direi quasi scontato, elencare tutto ciò che non funziona nel film, anche se forse sarebbe il caso di cominciare ad analizzare cosa non convince più nel Cinema di Anderson, da diverso tempo ormai incastrato e impantanato in una palude ispirativa dalla quale stenta ad uscire.
Asteroid City, presentato a Cannes, dove il regista americano era stato solo un'altra volta è un lavoro del quale , come già anticipato, non è semplice parlare: da un lato possiede trama e contenuti appena accennati e anche piuttosto confusi, dall'altra il film si erge come l'ennesima dimostrazione narcisistica  da parte del regista che appare interessato a consolidare il suo stile fino a renderlo puro e semplice manierismo, con la inevitabile carrellata di tutto ciò che Anderson ha reiterato nel tempo fino a renderlo il suo inconfondibile marchio di fabbrica.



In effetti bastano i primi minuti di visione per capire che siamo di fronte ad un'opera del regista texano: un narratore racconta di un drammaturgo che sta scrivendo una piece teatrale che poi un regista porterà sugli schermi; il bianco e nero che gioca a rimpiattino col colore sgargiante fumettistico che ci presenta una città quasi fantasma nel mezzo del deserto, la Asteroid City del titolo, modello film western aggiornato nei meravigliosi anni 50 americani; qui si respira la paranoia e il terrore americano di quegli anni: gli esperimenti nucleari per fortificare la guerra fredda e il timore dell'assalto alieno dallo spazio infinito; in questa parodia di città infatti, tremila anni fa, è piombato un asteroide che ha lasciato un bel buco per terra, attrazione turistica infilata nel bel mezzo del deserto.
In questa località si radunano un po' di persone per partecipare ad una premiazione che intende esaltare i giovani genii dell'astrofisica e delle invenzioni.
Il film di Anderson racconta di questa reunion piuttosto sgangherata, dei giovani genii all'opera, dei loro accompagnatori, dell'arrivo di un astronave alinea , di una quarantena imposta dalle autorità in seguito all'incontro ravvicinato.
Ce ne sarebbe per mettere su almeno una commediola divertente, invece si accenna al clima degli anni 50, si scimmiotta il western, si finge di essere interessati all'esplorazione psicologica dei personaggi , alcuni dei quali con un bel carico potenziale di problematiche, si divaga sulla reazione alla certezza che non siamo soli nell'universo e altre amenità simili, con un paio di deragliamenti sconcertanti ( la scena in bianco e nero sulle scale antincendio tra il protagonista e il personaggio di Margot Robbie è una botta di ruffianaggine degna di una telenovela messicana) e per finire il brivido fugace quasi subliminale del nudo integrale di Scarlett Johansson.

lunedì 31 luglio 2023

The Cow Who Sang a Song Into the Future [aka La vaca que cantó una canción hacia el futuro] (Francisca Alegría , 2022 )

 




The Cow Who Sang a Song Into the Future (2022) on IMDb
Giudizio: 8/10

Il breve prologo con cui inizia The Cow Who Sang a Song Into the Future, animato da una atmosfera ipnotica  e placida nella quale però ben presto trova spazio la vita ( gli insetti, i pesci che nuotano) e la morte ( i pesci morti, un topo ormai mummificato ) sulle rive di un fiume; sentiamo addirittura i pesci cantare un grido di dolore terminale che lascia presagire la loro imminente morte; poi improvvisamente questa atmosfera quasi onirica è squarciata con violenza dall'emergere dalle acque limacciose del fiume di una donna con un casco da motociclista in testa; poco dopo capiremo chi sia e capiremo anche il suo ruolo di grimaldello narrativo, un po' come quei fantasmi che popolano certo cinema del sud est asiatico (Thailandia soprattutto) che vagano alla ricerca di una pace liberatoria.
In quella zona sta tornando Cecilia,  avvisata dal fratello delle cattive condizioni di salute del padre, con al seguito i due figli  Alma , ancora ragazzina e Tomas adolescente in grave conflitto con la madre per la sua decisione di sentirsi una donna entrando così in conflitto col genere di nascita.
Il padre di Cecilia è proprietario di un caseificio , e l'altro figlio, Bernardo, lo ha rilevato nella gestione vista la malattia; la madre è morta quando i due figli erano ragazzini in circostanza drammatiche, suicidatasi gettandosi con la moto in uno degli stagni che il fiume forma nelle campagne circostanti.



Apparo chiaro quindi che alla base dei rapporti personali della famiglia c'è un qualcosa di irrisolto, di drammatico che impedisce di poter rapportarsi in maniera serena.
Quando la donna emersa dal lago si presenta alla casa annessa la caseificio dove la famiglia di Cecilia vive capiamo chi era in realtà quella figura emersa dalle acque del fiume, un corso d'acqua terribilmente malato, contaminato da scarichi industriali che sta uccidendo la fauna del luogo.
Il padre di Cecilia aveva già visto il fantasma della moglie e ciò aveva causato il malore che lo aveva portato in ospedale; la donna avrà modo nel  silenzio che anima il suo corpo da giovane donna strappata con violenza alla vita di incontrare i nipoti, la figlia e il marito, riportando a galla vecchie tensioni, scoprendo cicatrici mai rimarginate, ma al tempo stesso sarà il confronto per quanto silenzioso con la sua famiglia a far sì che il passato non sia più così pesante ed insopportabile per tutti, aprendo ad una riconciliazione catartica.
Attraverso questa storia che galleggia tra la fiaba moderna, la storia di fantasmi ed un realismo ipnotico che concorrono a creare quelle atmosfere che tanto ammaliano quando escono dalle opere di registi come Apichatpong Weerasethakul, la regista cilena al suo primo lungometraggio presentato con risultati eccellenti al Sundance, forte anche di una coproduzione che oltre al Cile ha visto l'impegno franco-tedesco-americano, affronta una storia famigliare drammatica segnata da una tragedia mai risolta nell'ambito di una aura premonitrice preapocalittica legata al grave problema ormai globale del degrado dell'ambiente; la storia prende il via da un episodio accaduto circa 15 anni fa in Cile quando una industria riversò nel fiume Cruces prodotti altamente contaminanti che causarono un disastro ecologico immane.

venerdì 21 luglio 2023

R.M.N. [aka Animali selvatici] ( Cristian Mungiu , 2022 )

 




R.M.N. (2022) on IMDb
Giudizio: 6.5/10

Universalmente riconosciuto come uno dei più autorevoli capiscuola del nuovo cinema rumeno nato dalle ceneri del comunismo a partire dai primi anni novanta e giunto fino ad oggi con frequenti cambi di prospettive e di linguaggi, Cristian Mungiu è autore che distilla i suoi lavori avendo diretto nell'arco di oltre 20 anni sei lungometraggi, la gran parte dei quali ricoperti di riconoscimenti e premi soprattutto a Cannes , almeno fino a R.M.N. che sorprendentemente non ha ricevuto nessun riconoscimento nel 2022 quando fu presentato ( e come vedremo tanto a sorpresa il fatto non è, pur tenendo in considerazione l'ormai abituale opera di adozione cinematografica compiuta dal Festival francese con l'autore rumeno).
Presentato in sala anche in Italia col ben poco azzeccato titolo di Animali selvatici , R.M.N. (che forse trova ragione del titolo in una delle tante allegorie di cui l'opera di Mungiu è costellata) è pellicola in cui la grande impronta formale sostenuta da una regia rigorosa nella sua semplicità e staticità conferma il talento visivo di Mungiu già ampiamente espresso nelle opere precedenti, quello che convince meno è invece l'impianto del racconto e la sua struttura complessiva, come meglio vedremo in seguito.



Ambientato in una piccola comunità della Transilvania circondata da montagne e boschi, la storia si impernia su Matthias un giovane che lavora in un mattatoio tedesco e che in seguito una azione violenta contro un collega di lavoro è costretto scappare in fretta in furia e tornare al suo villaggio tra le montagne dove vive la moglie con la quale ormai il rapporto è deteriorato ed il figlio, oppresso da una forma di mutismo scatenata dalla paura  di aver visto qualcosa nei boschi; il padre incolpa la madre di essere troppo protettiva con lui e decide di prendere in mano l'educazione e la gestione del figlio basandosi su sue teorie personali basate su un senso di machismo e anche di violenza.
Nel villaggio incontra anche Csilla, sua amante,che nel frattempo ha fatto carriera come direttrice di un panifico locale, con la quale intenderebbe ricucire la vecchia unione.
Quando nel panificio dove lavora la donna vengono assunti tre lavoratori dello Sri Lanka perchè così l'UE  concederà dei fondi , la popolazione locale andrà incontro ad una sorta di rivolta , dapprima mediata dal web con relative minacce e in seguito anche con atti violenti  verso gli stranieri, riaprendo una ferita che in quella regione , punto di incrocio di varie etnie , non  è mai realmente guarita nonostante , come dichiarano fieri i membri della comunità, gli zingari siano stati cacciati.
Questo episodio detonante diventa per Mungiu un pretesto per poter affrontare a vari livelli e utilizzando diversi punti di vista  un coacervo di problematiche e di tensioni sottotraccia che a partire dalla piccola comunità in Transilvania, si estendono al paese intero e all'Europa in generale, ben lungi dall'essere una reale Unione ma pervasa invece da revanchismo nazionalista soprattutto in alcune aree dell'est e dei Balcani.
L'immagine complessiva che tratteggia Mungiu è sconfortante perchè mostra una società rurale chiusa in un isolazionismo a tratti fiero in altri frangenti patetico, all'interno di un paese in cui le aree urbane hanno visto una crescita e quelle rurali invece sono rimaste indietro, spaccando di fatto il paese in due con relative migrazioni interne sulle quali si è innestata una immigrazione "che ruba il lavoro ai locali" come troppe volte abbiamo sentito.

mercoledì 12 luglio 2023

Master Gardener ( Paul Schrader , 2022 )

 




Master Gardener (2022) on IMDb
Giudizio: 8/10

"Sono solo un giardiniere che un tempo era qualcos'altro" è una delle frasi che il pacato e taciturno Narvel Roth afferma durante una conversazione; una frase all'apparenza banale ma che se sin dall'inizio riusciamo a cogliere il senso della sua opera di giardiniere assume una valenza ben diversa e profonda.
In effetti Narvel è un giardiniere formidabile che si occupa di curare con professionalità certosina e severa i giardini di una magnifica residenza del Sud degli Stati Uniti d'America appartenente ad una ricca vedova , Miss Haverhill; lo vediamo spesso seduto al tavolino con un quaderno davanti dove scrive le sue riflessioni filosofiche sulla botanica e sul ruolo dell'orticoltore e sul suo ruolo nella creazione di una sorta di armonia botanica e vitale.
Non tardiamo però a capire che Narvel era veramente qualcosa di molto diverso nel suo passato neppure troppo lontano: come un condannato a vita porta sulla sua pelle  i segni grotteschi del suo passato turbolento e orribile dal quale è fuggito allontanandosi e abbracciando l'arte della botanica e del giardinaggio, scienza che impone rigore e indiscutibile aderenza alle regole.



Capiamo anche ben presto che Narvel è indissolubilmente legato alla ricca vedova, sua salvatrice e ferrea dominatrice sprezzante: un legame silenzioso, profondo , di dipendenza incrociata.
Quando la ricca vedova chiede a Narvel di accogliere nel suo staff una sua pronipote, Maya, che a malapena conosce ma che vuole tirare fuori dai guai con la droga, questi seppur con ritrosia accetta, non potendo fare diversamente: l'arrivo della giovane con le relative problematiche che si tira dietro sarà come togliere il tappo ad un vulcano silente riportando a galla un passato che Narvel tanto aveva faticato per lasciarsi alle spalle.
E' chiaro sin dalle prime immagini che scorrono sullo schermo che anche il compassato e metodico giardiniere che vediamo seduto ad uno spoglio tavolino trascrivere le sue riflessioni a metà strada tra la botanica e la filosofia è uno di quei personaggi che rientra a pieno titolo nella carrellata di protagonisti degli ultimi film di Paul Schrader: il richiamo al reverendo Toller di First Reformed  e al William Tell de Il collezionista di carte , ma anche, tornando a ritroso nel tempo, al Trevis di Taxi Driver, un po' il modello primigenio dei personaggi creati dal regista -sceneggiatore americano è fin troppo chiaro e dichiarato, perchè anche Mister Gardener è plasmato sul racconto di un uomo solo , col passato ingombrante e pieno di lati oscuri che cerca di scrollarselo di dosso ma che impietosamente torna a farsi vivo quasi a ricordare al protagonista quale è stato e quale dovrà ancora essere il suo percorso interiore.
In questo caso Schrader sceglie di imperniare il racconto su un uomo piegato dal passato fatto di violenza , razzismo e di fuga , con la dolorosa separazione dalla figlia e il tentativo di ricreare intorno a sè un ambiente che nella metodicità della orticultura lo possa incanalare nel giusto cammino.

sabato 1 luglio 2023

Return to Seoul ( Davy Chou , 2022 )

 




Return to Seoul (2022) on IMDb
Giudizio: 8/10

Diretto dal regista franco-cambogiano Davy Chou, Return to Seoul è uno dei lavori del 2022 che più hanno lasciato il segno nell'annata cinematografica: basato su una reale storia , quella di una amica di Chou ( ma di fatto storia comune a tutti gli immigrati di prima e seconda generazione, quale appunto è anche il regista) l'opera racconta il personaggio di Freddie , una giovane francese di origine coreana adottata quando era ancora in fasce, che per un banale ( ma non tanto, tutto lascia pensare) disguido si ritrova a Seoul invece che in Giappone dove era originariamente diretta prima che problemi di volo la portassero nella capitale coreana.
Nel corso del racconto scopriremo che Freddie in effetti era da molto che coltivava l'idea  di tornare in Corea  alla ricerca delle sue radici, per cui il trovarsi catapultata in una città dove paradossalmente è una perfetta estranea ha sulla ragazza l'effetto di circondarla di un alone di straniamento e di isolamento, sebbene Freddie trovi subito in Tena , la receptionist dell'albergo in cui alloggia una valida guida e amica.
La ragazza si rivolge all'agenzia che gestisce le adozioni internazionali e riesce ad avviare il complicato e burocratico iter per cercare di raggiungere i genitori biologici; il padre lo troverà subito ed accetterà di vederla, mentre la madre non darà segno di sè , di fatto bloccando la pratica avviata da Freddie.



L'incoontro col padre, un alcolizzato che vive con la madre e la sorella in una cittadina di provincia non produce nulla nella ragazza, troppo distante è il modo di vita  e di pensare del genitore che non fa altro che accentuare il suo disagio in un paese che sembra respingerla in continuazione.
Freddie, inoltre, scopriamo che è persona con cui rapportarsi non è facile, arroccata nel suo isolamento , fortificata ed indurita nel suo essere da sola senza avere l'aiuto di nessuno.
Il viaggio di Freddie in Corea porterà la ragazza , nel corso degli anni in cui si svolge la vicenda, a rivisitare il suo presente ma anche il suo passato verso il quale nutre ancora diffidenza e disinteresse, aspettando sempre che la madre si faccia viva, visto che le regole le proibiscono  ulteriori richieste dopo quella fatta all'inizio.
Quello che fa di Return to Seoul un film per certi versi straordinario è la prospettiva scelta dal regista per raccontare una storia che chiaramente ha molto di autobiografico: raramente il racconto cade nello scontato, anzi mantiene sempre quel filo di emotività  che è il caposaldo fondamentale, ci presenta l'evoluzione di Freddie man mano che il suo substrato coreano viene a galla,  il suo affrontare una esistenza dominata dalle domande senza risposte, dalla incapacità a creare legami duraturi, da una durezza interiore che funge da corazza verso l'esterno.

lunedì 19 giugno 2023

Saint Omer ( Alice Diop , 2022 )

 




Saint Omer (2022) on IMDb
Giudizio: 8/10

Apprezzata documentarista con lo sguardo rivolto al sociale, Alice Diop, francese di origini senegalesi , affronta per la prima volta il cinema di finzione dirigendo Saint Omer, opera che si è conquistata a Venezia  sia il premio come miglior debutto alla regia che il Leone d'Argento Premio della Giuria, dando il via ad una lunghissima scia di riconoscimenti provenienti dai quattro angoli del pianeta.
L'opera , per molti versi spigolosa quando non addirittura ostica e respingente, affronta tutta una serie di problematiche universali che se ben assorbite potrebbero stordire chi guarda, nonostante lo stile scelto dalla regista risenta della sua esperienza come documentarista, interessata quindi alla rappresentazione della realtà in maniera obiettiva.
Partendo da un fatto realmente accaduto qualche anno fa che la regista stessa seguì nel suo svolgimento processuale, Saint Omer potrebbe a prima vista rappresentare , anche perchè chiaramente esplicitato nel racconto,  una nuova rivisitazione del mito di Medea ( e la citazione pasoliniana con le immagini del capolavoro con Maria Callas stanno a testimoniarlo); ma in effetti lo sguardo della Diop nelle due ore di pellicola si amplia anche ad altre tematiche seppur rimanendo il tema della maternità quello basilare.



La protagonista è una giovane donna di origini senegalesi, nata in Francia , perfettamente inserita nel tessuto lavorativo e sociale, con alle spalle una famiglia di buon livello; insegna all'università ed è al lavoro per scrivere un nuovo libro che ha come spunto un fatto di cronaca avvenuto appunto a Saint Omer, cittadina del nord della Francia nel quale una giovane donna di origini africane anch'essa si è resa protagonista del reato di infanticidio uccidendo la figlioletta di 15 mesi abbandonandola sulla spiaggia durante la bassa marea , per approdare ad una personale rilettura del mito di Medea.
Rama, la protagonista , si trasferisce a Saint Omer per qualche giorno per seguire da vicino il processo, ma ben presto l'interesse di tipo letterario lascia il posto ai mille interrogativi che  la figura dell'imputata ed il suo gesto inconcepibile suscitano in lei.
Laurence Coly è una giovane donna, apparentemente ben istruita, dall'eloquio quasi raffinato, la cui storia però mostra enormi problemi irrisolti con la famiglia e con se stessa , a causa di una carriera universitaria naufragata, una vita personale vissuta sempre più nell'ombra, un autoreclusione alimentata da un rapporto amoroso con un uomo ben più vecchio di lei  che la tiene comunque ai margini della sua vita ed infine una gravidanza tenuta quasi segreta e una maternità vissuta sempre nell'ombra e culminata nel gesto atroce.
Rama soprattutto si rende conto come il gesto  di Laurence , assurdo, inconcepibile, contrario alla natura le ponga però degli interrogativi angoscianti anche sulla sua gravidanza giunta al quarto mese e sul rapporto conflittuale ed irrisolto con una madre a volte dura e con l'assenza di un padre morto giovane: è un po' il perpetuarsi della condizione femminile nella quale ieri eri figlia e oggi sei anche  madre, con tutto il carico di emotività e di impegno che ciò comporta.
Nello scrutare l'infanticida alla sbarra, nel suo incrociare lo sguardo, nell'ascoltare il racconto freddo e lacerante di un abominio Rama stabilisce una connessione emotiva che la porta a considerare non tanto il gesto, quanto la vita disperata dell'imputata e a cercarne di capire i motivi , andando oltre gli alibi prodotti da quest'ultima ( la stergoneria)  e le accuse del comune pensare ( la follia, le difficoltà culturali, lo strisciante razzismo ideologico).

giovedì 25 maggio 2023

Alcarràs ( Carla Simon , 2022 )

 




Alcarràs (2022) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Vincitore un po' a sorpresa dell'Orso d'Oro alla Berlinale del 2022, l'opera seconda della regista catalana Carla Simon è una sentita epopea famigliare sullo sfondo di una società che cambia velocemente , anche nelle zone rurali, mettendo a repentaglio tradizioni e memorie che hanno costituito per secoli il tessuto connettivo di una civiltà contadina che in Spagna , come in Italia, è stata il motore trainante del paese.
Il racconto della Simon, a probabilissima ispirazione autobiografica, si incentra su una famiglia patriarcale tipica delle zone rurali, di quelle in cui tutto il nucleo (padre, figli con la mogli, marmocchi) vive sotto lo stesso tetto impegnato a strappare alla terra il prodotto, in questo caso le pesche, che costituisce il suo sostentamento.
Il terreno su cui cresce il bellissimo e grandissimo pescheto appartiene ad un ricco proprietario terriero che per riconoscenza verso il vecchio padre della famiglia (autore di un gesto che gli ha salvato la vita durante la guerra civile) ha donato in usufrutto gratuito , sancito con una stretta di mano , come si faceva una volta tra galantuomini.
Il giovane rampollo della famiglia però è intenzionato a dismettere la coltivazione degli alberi di pesche per ricoprire l'appezzamento di terreno con pannelli solari che "producono soldi senza fare fatica"; naturalmente non essendoci alcun documento che comprovi il patto tra i vecchi patriarchi, il proprietario risulta essere il figlio di quest'ultimo  che non ha intenzione di recedere dai suoi progetti neppure dopo che la famiglia di contadini gli ricorda l'antico patto tra i genitori.
Il racconto di Alcarras si impernia tutto intorno a quello che potrebbe essere l'ultimo raccolto e di conseguenza la fine di una era per la famiglia contadina, portando alla luce le inevitabili contrapposizioni che si presentano tra i vari componenti: una sorta di implosione di un microcosmo che vede il suo futuro oscurato dalla fine di una epoca storica.



Per raccontare gli eventi Carla Simon opta per una varietà di prospettive proprie di ognuno dei personaggi: i bambini, gli adolescenti, i due fratelli in disaccordo tra loro su cosa fare (accettare o no la svolta) le rispettive mogli e su tutti lo sguardo austero e vissuto del silenzioso patriarca.
Questa scelta che potrebbe di per sè avere numerosi vantaggi dal punto di vista narrativo, a volte mostra il limite di imporre un quadro un po' troppo schematico, quasi didascalico al racconto con situazioni che appaiono un po' troppo stereotipate.
Di contro è chiaro il messaggio ed il grido di dolore sdegnato  cui la regista intende dare voce: in nome di un progresso, seppur idealmente pulito ( l'energia solare),  si distrugge una civiltà centenaria fatta di fatica , di schiene spezzate, di lavoro faticoso , di attesa, di tempo che scorre passando attraverso le stagioni, di simbiosi con la terra alla quale ci si abbraccia e si ancora per mezzo della fatica fisica; in questo il film ha un forte valore sociale e morale, proprio di quei registi che in molti modi hanno tenuto a galla per offrirla alla memoria una civiltà contadina che rischia sempre di più di scomparire seppellendo tutta quella messe di conoscenze e di regole che spiegano il legame con la natura.
La convinzione della regista è talmente forte da far apparire il film quasi una crociata anti-progresso, nonostante di progresso sostenibile si tratti, ma in effetti la Simon vuole solo lanciare l'allarme su quanto sia importante mantenere in vita una cultura che è radicata in larga parte del pianeta e che per secoli ha consentito lo svilupparsi del progresso dell'uomo prima di ogni cosa.

domenica 21 maggio 2023

Beau ha paura ( Ari Aster , 2023 )

 




Beau Is Afraid (2023) on IMDb
Giudizio: 8/10

Con alle spalle  due opere che in qualche modo hanno lasciato un segno profondo nel cinema "horror", Ari Aster, newyorkese trentasettenne di origine ebraica ,  si impone già come uno di quegli autori che hanno reso possibile la costruzione di autentiche falangi cinematografiche votate al martirio pur di osannarlo e di contro ampie schiere di critici feroci quando non di veri e propri detrattori: questo è un po' il destino che rincorre registi che diventano quasi personaggi più importanti delle loro opere, sebbene nel caso in questione Aster ha largamente dimostrato con le due prime opere di avere dell'indubbio talento.
Appare quindi ovvio che l'uscita di ogni film del regista sarà considerato un evento, come puntualmente è successo con Beau ha paura, sua ultima fatica dalle dimensioni mastodontiche ( tre ore di lunghezza) oltrechè ben diversa dalle precedenti.
Se in Hereditary e in Midsommar mostra l'ambiziosa ricerca di riscrivere i canoni del cinema horror attingendo alle tematiche della malattia mentale e del folklore, con Beau ha paura  sembra essere più interessato a descrivere ed esplorare l'orrore che risiede dentro di noi, motivo per il quale quest'ultimo lavoro deluderà chi si aspetta ambientazioni e situazioni proprie dei primi due lavori; inoltre è bene dirlo subito, l'ultima fatica di Ari Aster non è film per tutti, e non soltanto per la sua vastità , a tratti persino ipertrofica, ma proprio perchè si presenta a noi come una lunga analisi del disagio interiore del protagonista, quasi una seduta psicoanalitica , che non a caso è la scena iniziale del film, dopo un prologo brevissimo ma fondamentale, cui seguono quattro parti ben distinte e un epilogo: a qualcuno può venire in mente una struttura da opera teatrale ed in effetti per le tematiche trattate Beau ha paura potrebbe aspirare al rango di tragedia greca.



Una premessa si rende necessaria per chi volesse proseguire nella lettura, una sorta di disclaimer dovuto: pur cercando di evitarli, nel contesto dell'analisi del film qualche spoiler potrebbe emergere, inevitabilmente, pena l'assoluta inconsistenza di quanto verrà scritto; chi vuole vedere il film senza avere neppure un accenno di spoiler meglio che abbandoni la lettura subito.
Prologo: buio pesto, lontani lamenti, qualche timido squarcio di luce che lentamente regala spiragli  nell'oscurità, voci sempre più distinte: assistiamo in soggettiva alla nascita  di un bambino partendo da dentro la cavità uterina fino al tanto agognato vagito che rassicura tutti prima di ognuno la madre del neonato. E' la nascita di Beau, accolto al mondo dalle urla isteriche della madre che temeva per la sua salute.
Primo atto: Beau ha ormai quasi 50 anni, frequenta uno psicoanalista e dai discorsi cui assistiamo si capisce che l'uomo ha un rapporto malato, contorto, al limite del tossico con la madre dalla quale si dovrà recare a breve in occasione dell'anniversario della morte del padre. Sebbene Beau viva da solo ha un legame malsano con la mamma, una dipendenza che mal sopporta ma dalla quale non riesce a liberarsi.
Il mondo che circonda Beau è surreale: città sporca, violenta, pazzi che girano ammazzando, ballerini che si dimenano per tutto il tempo sul marciapiede, battone, drogati e via di seguito, tutti con un atteggiamento ben più che ostile verso il protagonista; l'ambientazione è talmente estrema ed eccessiva che ci appare subito chiaro come essa non sia altro che la proiezione delle paure e delle ossessioni di Beau, primo punto di partenza che ci fa capire da subito che quello a cui assisteremo sarà un viaggio nella mente malata di un uomo in preda ad ossessioni , manie di persecuzione e paure.
Per una serie di assurde circostanza Beau perde il volo per raggiungere la madre , la quale informata reagisce in maniera gelida e raccapricciante, come non bastasse l'uomo viene investito e si risveglia in una casa sconosciuta.
Secondo atto: la coppia che lo ha investito si prende cura di lui nella loro casa, lui è un medico che può quindi curarlo anche tendendolo in casa; qui l'ambiente è ben diverso da dove viveva Beau, casa grande linda e pulita, persone gentili che sentono ancora il peso della morte in guerra del giovane figlio un cui commilitone , tornato impazzito dalla guerra, ospitano in un camper nel loro giardino e per finire una figlia adolescente disturbata non poco.
Una famiglia quindi dall'apparenza quieta, ma che nasconde anch'essa del disagio profondo, motivo per cui Beau si trova costretto a fuggire inseguito.
Terzo atto: Beau in fuga si ritrova in un bosco dove si imbatte in una compagnia teatrale che sta mettendo in scena un'opera basata su una storia famigliare, l'uomo si immedesima nel racconto e immagina una vita che avrebbe potuto avere costruendo una famiglia e invecchiando; l'arrivo del commilitone impazzito sguinzagliato dalla famiglia che aveva accudito Beau e che mette in atto una carneficina , obbliga quest'ultimo a fuggire ancora.
Finalmente nonostante gli ostacoli, le peripezie e le situazioni estreme, Beau riesce ad arrivare a casa della madre, e qui si apre il quarto capitolo.

domenica 7 maggio 2023

Pacifiction ( Albert Serra , 2022 )

 




Pacifiction (2022) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

E' difficile inquadrare il lavoro di Albert Serra, presentato al Festival di Cannes e premiato in svariate altre kermesse, perchè il regista portando agli estremi la struttura narrativa che contraddistingue le sue opere crea un racconto in cui è domanda pienamente coerente quella di chi si chiede quale sia il tema centrale del film.
In effetti come sinossi basti dire che la storia ha al centro la figura dell'alto Commissario De Rolland, rappresentante del governo francese nella Polinesia , di stanza a Tahiti, il quale si muove fra sala da ballo, bar e case private cercando di tastare il polso e tenere sempre sotto osservazione della popolazione locale, soprattutto nel momento in cui voci incontrollate parlano dell'avvistamento di un sommergibile nelle acque dell'oceano che ripresentano lo spettro degli esperimenti con le armi nucleari che la Francia sviluppo a Mururoa nel secolo scorso.
Su questo tenue canovaccio narrativo Serra costruisce un film di quasi tre ore nel quale è proprio il girovagare di De Rollaqnd ad irrobustire una trama praticamente assente.



De Rolland infatti, nel suo aspetto post coloniale con abito bianco e camicie a fiori sgargianti incontra la popolazione locale, raccoglie sussurri e confidenze, scambi di opinioni con americani e stranieri che a vario titolo, spesso apparentemente anche piuttosto loschi, battono l' isola, Ammiragli della Marina francese con tanto di truppa al seguito che sbarcano-forse-da un sommergibile fantasma che scatena rabbia e paura tra gli indigeni, orrido ricordo degli esperimenti atomici di qualche decennio orsono.
Ma il suo vagare è anche andare a vedere da vicino le onde gigantesche in cui si esibiscono i prodi surfisti (una delle scene tecnicamente più strabilianti del film) sempre però con la sua divisa di ordinanza, anche a cavallo di una moto d'acqua e trattenere rapporti al limite dell'ambiguo -in tutti i sensi- con personaggi che fanno della loro incerta identità sessuale il proprio fascino fluido.
Tutto ciò fa di Pacifiction un'opera dal piacevole senso di vago e di indolenza, che si lascia abbindolare dallo splendore di una isola che sembra veramente l'anticamera del paradiso sulla terra.
Ma su questa isola il nostro eroe, quasi un archetipo ottocentesco che rimanda alla memoria Gaugin, sa anche che il suo potere quasi nullo in effetti potrebbe pochissimo verso una rabbia antifrancese forse mai sopita e pronta a riesplodere per la presenza di quel manipoli di marinai che però nell'isola appaiono quasi dei soldatini in licenza alla ricerca di divertimento.
Spy-story e thriller politico che non decollano mai, lasciano solo un'atmosfera sospesa nella quale il racconto si muove quasi senza un timone che lo lo indirizzi con sprazzi di esistenzialismo che si accendono intorno alla figura del protagonista.
De Roller in effetti sembra aver decretato la sua fine ( e quella dello stato che rappresenta), restando in balia di Tahiti, porta del paradiso, alla deriva nell'oceano infinito, impersonificazione stanca di una sconfitta personale e del colonialismo, seppur nelle forme moderne; una sconfitta che diventa oblio, sempre che quel sommergibile e quel manipolo di marinai in gita non abbiano il compito di riaccendere la miccia atomica.

venerdì 5 maggio 2023

Il sol dell'avvenire ( Nanni Moretti , 2023 )

 




Il sol dell'avvenire (2023) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

L'uscita di ogni film di Nanni Moretti ripropone periodicamente la diatriba eterna ( a volte stucchevole) tra detrattori e fans del regista romano , quasi una crociata fideistica combattuta nel nome del Cinema , ma di fatto spesso, con argomenti che col Cinema hanno poco a che vedere; Il sol dell'avvenire , ultima fatica  prossima a sbarcare a Cannes , come tradizione ormai pluridecennale per Moretti, potrebbe , per una volta , non dico mettere d'accordo tutti, ma sicuramente stimolare un dibattito successivo alla visione (una volta tanto , e non prima come avviene sempre) perchè non è azzardato definire l'ultima opera un punto in qualche modo di svolta della carriera del regista, affermazione sulla quale converrà tornare sopra in seguito.
Moretti interpreta un regista ormai prossimo alla settantina, impegnato nella regia di un film ambientato nel 1956 in cui si racconta di come in una sezione periferica di Roma, venne accolta la notizia dell'invasione dell'Ungheria, proprio mentre a Roma la sezione del PCI ha come ospiti gli artisti di un circo ungherese.
Giovanni ( Moretti naturalmente) vive da decenni con la moglie Paola, produttrice, ha una figlia  fidanzata con un uomo molto più grande di lei, mostra una stanchezza sia fisica che psicologica incipiente e soprattutto ha un caratteraccio che lo porta ad essere polemico, dispotico sul lavoro e con la famiglia, al punto che Paola medita di mollarlo ma non trova il coraggio di compiere il gesto.



Inoltre, ulteriore stratificazione cinematografica, Giovanni in cuor suo sogna di fare un film d'amore nel quale regnino le canzoni italiane e nel quale immagina di raccontare di fatto se stesso giovane alle prese con il rapporto amoroso con la fidanzata; a dire il vero immagina anche un altro film, ispirato al racconto Il nuotatore di John Cheever, ma questo sembra più una reminiscenza che si colloca all'interno delle numerose (auto)citazioni di cui il film è infarcito.
Insomma abbiamo un regista che sta girando un film, verso il quale avrà alla fine una sorta di abiura cinematografica, che immagina però di farne un'altro , metà romantico metà musical : in mezzo la figura di Nanni Moretti che mette se stesso in tutti e tre questi livelli narrativi e lo fa questa volta con grande onestà intellettuale, quasi con mestizia e con (udite! udite! ) modestia mettendosi di fronte al pubblico in tutte le sue nevrosi, idiosincrasie, manie e ossessioni con ironia e grande sincerità: non a caso una delle scene più belle del film è lui che funge da suggeritore nei dialoghi tra il giovane (proiezione di se stesso ) e la sua fidanzata ( protagonisti del film d'amore immaginato) al culmine di una lite , mettendo in bocca a quest'ultima tutta una serie di osservazioni e giudizi che fotografano il Moretti che conosciamo più o meno da sempre.
Questo porsi al centro del racconto con quello che potrebbe apparire come un atteggiamento narcisistico, cui non di rado Moretti indugia, è invece un mettersi sul banco degli imputati e accettare serenamente il giudizio dei giurati, scelta che dà al film , e lo fa da subito, una impronta per certi versi nuova , quasi rivoluzionaria.
Alla luce di ciò anche le numerose autocitazioni ( non esiste lavoro del regista che non venga in qualche maniera citato e non sarà difficile rintracciare i riferimenti) assumono un significato differente, perchè sembra che Moretti voglia ricordare il suo excursus artistico- cinematografico per chiudere con Il sol dell'avvenire un cerchio iniziato ormai quasi 50 anni fa.
Il sol dell'avvenire non è un film politico, come si potrebbe pensare, o per lo meno non lo è nel senso più tecnico del termine: la rivolta di Budapest, l'invasione russa, la presa di posizione del PCI in favore dell'invasione, sono solo le tracce di una Storia  che con un finale sorprendente e di indubbia efficacia , grazie al potere del Cinema, il regista, vestito da Tarantino per la circostanza, cambia l'ordine degli eventi e riscrive la Storia, in quello che è un grande omaggio al potere immaginifico del Cinema che si imprime nella nostra memoria con la sfilata finale molto felliniana in cui Moretti sembra chiamare a raccolta tutti coloro che della sua casa cinematografica hanno fatto parte.

martedì 2 maggio 2023

Aloners ( Hong Seongeun , 2021 )

 




Aloners (2021) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Morire schiacciati, sepolti da una catasta di riviste porno: oltre ad essere un geniale graffio di umorismo nero inserito in un racconto che esplora invece gli angoli più dolorosi dell'animo umano, è anche il turning point nella vita di Jina , una giovane operatrice di un call center di un istituto bancario; il malcapitato rimasto sepolto dal porno è un suo vicino di casa, che scopriremo poi essere un'altro prodotto di una società che porta all'annientamento del prossimo, sia per bullismo che per emarginazione, l'unico col quale ha una minima, flebilissima interazione sociale.
Jina nel suo lavoro è bravissima e la  ultracompetitiva  cultura del lavoro che regna in Corea fa di lei un esempio (ovviamente mal digerito) per le colleghe, al punto che la sua capa la considera una sorta di addestratrice per le impiegate in prova, ruolo al quale molto poco volentieri la ragazza si presta: il call center, la cuffie e il microfono col quale interagisce coi clienti, il computer che ha davanti sono il suo mondo sociale, per il resto smartphone e auricolari perennemente in funzione, pasti consumati da sola, viaggi in autobus isolata nel suo solipsistico silenzio, cena consumata sul letto davanti al televisore perennemente acceso, costante colonna sonora della propria esistenza.



Il solo dover dividere lo spazio fisico della postazione con la nuova collega le mette addosso una ansia mista  a fastidio, se a ciò aggiungiamo che Sujin, la neoassunta, è ragazza estroversa e anche un po' goffa , sicuramente invadente per i suoi canoni, è facile immaginare come Jina eviti il più possibile ogni contatto con lei.
Persino il rapporto col padre, mediato da una webcam che lei installò nel salone di casa per controllare la mamma malata prima di morire, è qualcosa di lontano, quasi intangibile, anche perchè minato da un torto che la ragazza crede di aver subito dal genitore.
La morte del vicino di casa e l'arrivo del nuovo , che non solo non dà ascolto alle superstizioni riguardanti fantasmi assetati di giustizia, ma che con grande senso di carità organizza nella casa una sorta di funzione commemorativa in onore del defunto, che cerca di stringere con Jina un cordiale rapporto di vicinanza, porta la ragazza a riconsiderare il suo mondo fatto di solitudine, di autoreclusione e di alienazione.
Opera prima della regista coreana Hong Seongeun, per l'occasione anche sceneggiatrice e montatrice, è un interessante e per molti versi ben riuscito tentativo di esplorare da un lato i frutti di una società come quella coreana improntata alla forsennata competitività, soprattutto nel mondo del lavoro, che produce a sua volta le condizioni ideali affinchè l'alienazione e la solitudine prendano il sopravvento e conducano a danni tragici, e dall'altro lo studio psicologico di una protagonista che all'interno di questa società si trova il suo posto, chiudendosi in se stessa, in un mondo isolato e impenetrabile ,senza però riuscire a farci capire fin dove le scelte sono spontanee o in qualche modo indotte e obbligate.

giovedì 27 aprile 2023

You Won't Be Alone [aka Non sarai sola] ( Goran Stolevski , 2022 )

 




You Won't Be Alone (2022) on IMDb
Giudizio: 8/10

Altro fulgido esempio di Folk Horror, una variante assurta ormai a genere consolidato che trova tra le sue opere primigenie e fondamentali The VVitch di Robert Eggers, You Won't Be Alone , opera prima del regista australiano di origini macedoni Goran Stolevski, ha ricevuto svariati riconoscimenti , soprattutto nei Festival di genere fantastico ( Bucheon , Sitges), dopo l'esordio al Sundance.
Se a prima vista l'opera di Stolevski può apparire come una rilettura , sotto forma di racconto folkloristico, del tema della stregoneria, ovviamente femminile, la sua visione attenta ne  rivela invece una serie di tematiche che si intrecciano a vari livelli e che sembrano elevarsi a riflessioni sul genere umano.
Il racconto si svolge durante il XIX secolo in un villaggio tra le montagne della Macedonia: qui una donna riceve la visita di un essere dal corpo deformato dalle cicatrici, una mangiatrice di lupi, Old Maid Mary sempre alla ricerca di neonati secondo le leggende del posto; la donna riesce a patteggiare con la strega: allo scoccare del sedicesimo anno di vita la ragazza sarà della vecchia deforme.



La neonata viene quindi nascosta dalla donna in una grotta con la speranza di salvarla per sempre e qui essa crescerà , ovviamente più simile ad un animale selvatico che ad un essere umano.
Passato il tempo pattuito la strega che possiede la capacità di prendere le sembianze di altri esseri viventi compenetrandoli e impadronendosene, torna a reclamare la preda: Nevena , sarà costretta quindi a seguire la strega la quale imprimerà sulla sua pelle  il marchio definitivo.
Divenuta strega anch'essa, per Nevena , essere libero da ogni vincolo sociale , di educazione e morale, inizia una vita di esplorazione del mondo sfruttando la capacità di mutaforma, passando di corpo in corpo.
Ai suoi occhi si apre un mondo malvagio, fatto di violenze ancestrali, di soprusi, soprattutto a carico della donna, ma il suo desiderio di scoprire il mondo e di sentirsi umana la porta a compenetrare il corpo e le storie di altre persone.
Proseguire nella sinossi sarebbe spoiler clamoroso, sebbene You Won't Be Alone non è un lavoro che si basa sulla tensione che può produrre un horror o un thriller seppure sui generis.
Il pregio del film di Stolevski non sta tanto nella rilettura della stregoneria , del folklore locale o delle leggende, che pure è affrontato con mano ferma, bensì nelle atmosfere congiunte alle immagini che descrivono un mondo arcaico, gretto, violento, dove tutto è sempre bagnato e fangoso dove le streghe diventano la forma tangibile delle paure e delle debolezze.
Il film scorre quasi lento, caricandosi di un pathos che si poggia su tonalità liriche, che mostra il fluire degli eventi, le esplosioni violente, il procedere del viaggio di Nevena , strega che vorrebbe però provare ad essere umana visto che il suo mondo è stato per sedici anni solo una grotta e qualche raggio di sole; ben presto si è rapiti dall'atmosfera chiaramente mistica del film ma al contempo poetica dove inesorabilmente si afferma un afflato naturalistico  come forza trainante, un misticismo pagano che unito alle frequenti osservazioni interiori declamate non può non far tornare alla mente il Terrence Malick più purista e integralista.
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