mercoledì 16 aprile 2025

The Substance ( Coralie Fargeat , 2024 )

 




The Substance (2024) on IMDb
Giudizio: 7/10

The Substance di Coralie Fargeat è un'opera che si colloca con prepotenza nel panorama contemporaneo del cinema di genere, mescolando body horror, satira sociale e critica all'ossessione per l'immagine. Il film si distingue per il suo stile viscerale e per una narrazione che affonda le radici nell'angoscia dell'invecchiamento e nel culto della giovinezza, temi sempre più centrali nell'era dell'iperconnessione e della visibilità mediatica al punto che appaiono piuttosto stupefacenti le nominations che l'opera ha ottenuto per la serata finale in cui si assegnavano gli Oscar, essendo la Hollywood mainstream piuttosto allergica ai film di genere quale è questo, nonostante la tematica centrale sia ben presente nel mondo di lustrini del cinema hollywoodiano.
La protagonista, Elisabeth Sparkle (una convincentissima Demi Moore), è una celebrità in declino che ha costruito la sua carriera e identità sull'aspetto fisico e sulla notorietà. Quando il mondo dello spettacolo inizia a voltarle le spalle, viene a conoscenza di una sostanza sperimentale in grado di creare una versione giovane e perfetta di sé stessa: Sue (una scintillante Margaret Qualley). Il farmaco consente alle due versioni di coesistere alternandosi a scadenza settimanale, ma ben presto la dinamica tra Elisabeth e Sue si trasforma in una lotta per l'esistenza e il dominio dell'identità, nonostante sin dall'inizio del film in più di una occasione ci viene fatto sapere che però le due sono una unica persona e quindi ciò prevederebbe una assenza di competizione.
Quando le regole base di questo diabolico gioco di sopravvivenza vengono violate lo scontro tra le due anime della stessa persona ( ma sarà vero poi?...) portano all'inevitabile catastrofe.
La struttura narrativa del film segue una parabola discendente: inizialmente il "miracolo" della sostanza sembra un dono straordinario, ma con il passare del tempo si trasforma in una maledizione, mettendo in discussione non solo l'identità della protagonista, ma anche i concetti stessi di valore e riconoscimento sociale.
Il cuore pulsante di The Substance è la riflessione sulla società dell'immagine e sul terrore dell'oblio. Nel mondo dello spettacolo, e più in generale nella società contemporanea, l'invecchiamento è vissuto come una condanna. 


Coralie Fargeat esaspera questo concetto, mostrandoci una protagonista che non può permettersi di essere dimenticata e che è disposta a sacrificare la propria umanità pur di restare sotto i riflettori.
L’uso della sostanza diventa una metafora per i metodi sempre più invasivi con cui la cultura popolare cerca di sconfiggere il tempo: interventi chirurgici estremi, trattamenti sperimentali, digitalizzazione dell’immagine e manipolazione della percezione pubblica. 
In un mondo in cui la visibilità sui social media e la rilevanza pubblica sembrano determinare il valore individuale, il film pone domande cruciali: chi siamo davvero al di là del nostro aspetto? Cosa rimane quando l’immagine non è più sufficiente?
Il film utilizza il body horror in modo efficace per rappresentare il terrore della trasformazione, quasi una maledizione metafisica per avere tentato di alterare le strade della natura; il corpo di Elisabeth, sottoposto a un continuo processo di rigenerazione e deterioramento, diventa un campo di battaglia tra il passato e il presente, tra la vecchia identità e la nuova. La relazione tra Elisabeth e Sue non è solo fisica ma anche simbolica: è la lotta tra il desiderio di rimanere eternamente giovani e la paura di essere sostituiti.
Il tema del doppio è stato esplorato in molte opere cinematografiche, ma The Substance lo declina in chiave postmoderna, facendo emergere le contraddizioni della cultura contemporanea. Sue rappresenta l’ideale inaccessibile della bellezza, ma anche una minaccia costante: se la società desidera solo la versione giovane e perfetta di Elisabeth, cosa succede alla "vera" Elisabeth?
Coralie Fargeat dimostra una padronanza registica notevole, bilanciando l'estetica patinata con sequenze disturbanti. La fotografia, dai colori accesi e saturi, richiama l'estetica della pubblicità e del mondo della moda, per poi sfaldarsi progressivamente in un incubo visivo fatto di carne, sangue e decomposizione.
La colonna sonora e il sound design contribuiscono a costruire un'atmosfera claustrofobica, enfatizzando la tensione crescente e il conflitto interiore della protagonista. I richiami a registi come David Cronenberg sono evidenti, soprattutto nel modo in cui il corpo diventa veicolo di ansie e ossessioni sociali.
Uno degli aspetti meno convincenti del film è il finale, che porta alle estreme conseguenze il conflitto tra le due versioni di Elisabeth. 
Se fino a quel momento il film aveva costruito un equilibrio tra horror e satira, nell’ultima parte si lascia andare a un’esplosione di violenza e gore che, sebbene coerente con la poetica della regista, risulta forse eccessiva. L’intento di scioccare lo spettatore è chiaro, quasi a dimostrare che la violenza contro se stessi, il desiderio di trasformarsi in continuazione pur di rimanere sotto le luci della ribalta conducono inevitabilmente alla nostra disgregazione, ma il rischio è che il messaggio venga offuscato dall’esagerazione visiva.
Tuttavia, anche in questa scelta estrema si può leggere un’ultima provocazione: la battaglia finale è il simbolo della società dello spettacolo che divora se stessa, incapace di fermarsi prima dell’auto-distruzione.
The Substance è un film audace, che si colloca a metà tra il body horror e la critica sociale, mettendo in discussione il nostro rapporto con l'immagine, l'età e l'identità; affronta tematiche non semplici nella cui disamina sarebbe potuto essere facile cadere nel dozzinale e nell'ovvietà ma Coralie Fargeat dimostra ancora una volta di essere una regista con una visione chiara e provocatoria, capace di usare il genere horror per esplorare temi universali, con uno stile ormai riconoscibile, sebbene sia solo al secondo lungometraggio.
Nonostante quindi qualche eccesso nella parte finale, soprattutto per una vorticosa accelerazione del ritmo fino ad allora non certo frenetico,  il film rimane un’opera potente e disturbante, che lascia lo spettatore con domande scomode e immagini difficili da dimenticare. Un horror che colpisce non solo lo stomaco, ma anche la mente, portando avanti un discorso necessario sulla società della performance e sulla paura di scomparire nell'oblio dell'irrilevanza.

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