lunedì 31 maggio 2010

Il matrimonio di Tuya ( Wang Quan'an , 2007 )

 *****
 Divorzio di convenienza

Gli sterminati spazi aridi e sferzati dal vento della Mongolia cinese fanno da palcoscenico a questa storia nella quale la fierezza della protagonista si scontra con la strisciante urbanizzazione e "civilizzazione" in atto ormai da anni in Cina; così quella che è una storia semplice e legata ad una vicenda personale, diviene un accorato grido a preservare una civiltà , quella nomade, che non accetta di assoggettarsi al progresso sfrenato.
Tuya è ancora giovane e bella, accudisce un marito invalido , due figli, un gregge di pecore, percorre chilometri e chilometri per rifornirsi di acqua e tira avnti da sola la baracca., fino a quando anche la sua salute inizia a minarsi. La soluzione più opportuna, che salverebbe la sua identità e la sua famiglia , sarebbe quella di divorziare dal marito e risposare un uomo che possa aiutarla nella pastorizia, sola fonte di sostentamento in quelle terre desolate e bellissime; unica condizione che pone la donna è quella di poter avere ancora accanto a sè l'amato marito malato.
Una schiera di pretendenti bussa alla porta per chiederla in sposa, ma ben presto Tuya si rende conto che non sarà facile poter rispettare tutti i suoi desideri, cozzando spesso contro un muro fatto di egoismo , figlio della corsa all'arricchimento in atto nel paese.

After this our exile ( Patrick Tam , 2006 )

*****
Diciassette anni dopo

L'attesissimo ritorno dietro la macchina da presa di Patrick Tam ha monopolizzato l'interesse di numerosi festival dove ha anche riscosso svariati premi ; After this our exile , titolo che contiene in sè già qualcosa di autobriografico, è film che non tradisce comunque le attese, tra tante luci e qualche ombra , a maggior ragione se si valuta quanto distante possa sembrare questo lavoro da quelli che hanno fatto la storia del nuovo cinema HKese, al punto da apparire come un completo e totale cambio di rotta da parte del regista. Vero che 17 anni , tanto è durata l'assenza di Tam, possono rendere ragione di tale cambiamento, ma altrettanto giusto è sottolineare come certi tratti del suo cinema sono ancora ben presenti.
La storia, semplice e lineare, è quella di un uomo, Shing, alla continua rincorsa del benessere da donare alla sua famiglia che deve però fare i conti con la sua personalità assolutamente fuori controllo, in cui arroganza, violenza, vizi e insensibilità dominano incontrastati; la moglie , stanca della sua prepotenza e delusa da una vita poco più che grama lo abbandona costruendosi una nuova esistenza agiata, lasciandolo col figlio meno che adolescente.

domenica 30 maggio 2010

Il segreto di Vera Drake ( Mike Leigh , 2004 )

*****
Quando aiutare diventa reato

Ambientato in una Londra post bellica che mostra tuti gli strascici della guerra appena conclusa, fatta di esistenze solitarie , ferite e difficoltà , Il segreto di Vera Drake , solito titolo liberamente tradotto per cercare di catturare chissà quali morbosità, è anzitutto una storia personale e intima  di una donna, che priva di qualsiasi furore ante-femminista , anzi animata solo da una fin troppo ingenua volontà di guadagnarsi il paradiso come benefattrice, che con la stessa semplicità e candore con cui va a fare la spesa o cucina per la famglia, pratica aborti clandestini per aiutare "ragazze in difficoltà".
La vediamo quindi all'inizio muoversi tra il lavoro di domestica in algide case di lusso, assistenza a vicini di casa costretti sulla sedia a rotelle, visite alla anziana mamma allettata, attività domestiche da brava madre e moglie e persino inviti a cena a persone sole che fanno di pane e grasso l'unico sostentamento alimentare; con la stessa solerzia e innocenza, sempre canticchiando, la vediamo far visita a donne incinte armata solo di una grattuggia, del sapone e una pompetta, e con poche mosse restituirle "le proprie cose" fino a farle tornare come nuove.
E' tale il suo spirito missionrio che non si fa neppure pagare, riscuotendo invece i soldi una sua amica che funge da intermediaria e che lucra sul tragico giro.

sabato 29 maggio 2010

Flash point ( Wilson Yip , 2007 )

*****
Storia di botte e di stelle

L'ambientazione è quella ipersfruttata nelle pellicole HKesi: handover alle porte, bande di cinesi e vietnamiti che si danno battaglia, poliziotto infiltrato nelle triadi, detective che fa della risolutezza e delle maniere spicciole il suo stile peculiare di intendere il lavoro che, come ripete all'inizio e alla fine del film, è quello di catturare i criminali.
Il tocco in più , indubbiamente bello e spettacolare che manderà in estasi i cultori del genere, lo da Wilson Yip con scene di combattimento e botte da orbi, in perfetta scia con l'ormai leggendario filone di film sulle arti marziali; se poi aggiungiamo che accanto ad una star come Louis Koo, dominano la scena due giganti come Donnie Yen e Collin Chou, il risultato non può che essere una storia a mille a l'ora, che inizia un po' in sordina, molto indirizzata alla descrizione delle situazioni contingenti, ma che da metà in poi accende il turbo e corre via frenetica e pirotecnica, donando sparatorie infinite e combattimenti all'ultimo sangue in cui non si risparma nulla: voli dai tetti, salti, bastonate, distruzione di tutto ciò che circonda le scena.

giovedì 27 maggio 2010

The show must go on ( Han Jae-rim , 2006 )

*****
La dura vita del gangster

Operazione egregiamente riuscita: costruire una storia al cui centro domina incontrastato uno dei più bravi attori orientali di oggi (Song Kang-ho), miscelare con brillantezza dramma e commedia , gangster movie ed ironia, ritmare il film anche grazie ad una pregevole colonna musicale; il risultato è di quelli che soddisfano e sorprendono e che lasciano la sensazione di non aver buttato via due ore del proprio tempo.
Non che l'operazione sia particolarmente originale, anzi, ma nel mare magnum di un genere che in Corea produce schifezze quasi quanto in Italia, questo lavoro si ritaglia un posto tra le produzioni più azzeccate degli ultimi tempi.
La trama tutto sommato è abbastanza banale e semplice: In-gu è un gangster molto sui generis, combattuto eternamente tra il suo lavoro, per il quale non sembra particolarmente tagliato, e la famiglia che disapprova i suoi affari fino a far crescere un odio viscerale verso di lui; lui da parte sua vive il suo lavoro con lo stesso stato d'animo che può avere un qualsiasi lavoratore alla ricerca dell'agio e di condizioni economiche migliori che gli consentano di potere comprare una casa nuova e di mandare i figli a studiare all'estero.

lunedì 24 maggio 2010

The Taebaek Mountain ( Im Kwon-taek , 1994 )

*****
Quando la storia diventa riflessione

Im Kwon-taek, tra i più grandi cantori della tradizione  coreana, racconta la Storia di una delle più grande ferite, ancora  aperta, del paese: quella che fu una vera guerra civile scatenatasi al termine della dominazione giapponese, protrattasi per lunghi anni del dopoguerra e che portò alla spartizione della nazione in due stati.
Da scrupoloso osservatore quale è, attentissimo all'aspetto umano, non indugia in aspetti cronachistici, pur rimandando continui riferimenti storici, bensì si interessa maggiormente a come le persone comuni, i contadini, i soldati, i ribelli comunisti sudcoreani affrontino gli eventi nella loro umanità di fronte alla tragedia incombente.
La lotta tra latifondisti e contadini fa da sfondo sociale alle vicende, foriera di quel malcontento che permetteva ai filocomunisti di fare proseliti; la descrizione è indubbiamente grandiosa e ben racconta come le spinte rivoluzionarie trovino il substrato favorevole nei momenti di profondo disagio sociale.

venerdì 21 maggio 2010

Il vento fa il suo giro ( Giorgio Diritti , 2005 )

*****
Un gioiello troppo poco apprezzato

Per chi fosse rimasto folgorato dal pluripremiato e bellissimo L'uomo che verrà, la visione del film d'esordio di Giorgio Diritti si impone, qualora non lo avesse già fatto, per tutta una serie di motivi: anzitutto è un film magnifico, forse anche più bello del seguente più famoso, poi è un esordio che mostra da subito la bravura e sensibilità del regista, degno allievo di Ermanno Olmi ed infine dimostra l'assoluta ottusità nostrana visto che un'opera di tale livello, apprezzatissima e premiatissima all'estero, è invece passata come una meteora nella programmazione italiana.
Grazie ad un impianto che ormai è divenuto il suo marchio di fabbrica inconfondibile, Diritti racconta una storia semplice, al cui interno ribollono sentimenti, paure, riflessioni sociologiche e antropologiche esposte senza cervellotiche mediazioni e capaci di far centro al primo colpo , avvalendosi di una grandissima capacità di osservazione e di narrazione, lasciando la camera aperta allo scorrere degli eventi e all'espressione naturale, sublimata dal dialetto occitano (opportunamente sottotitolato).

Slim till dead ( Marco Mak , 2005 )

 *****
Commedia nera e thriller

Grazie ad una azzeccata miscela di thriller, horror e commedia, Marco Mak ci regala questo Slim till dead che si propone per la sua sorprendente vitalità e frizzantezza.
Accanto ad un canovaccio da tipico thriller, non particolarmente originale a dire il vero,troviamo dei momenti di puro divertimento, tanto da poter quasi classificare la pellicola come commedia nera.
Al di là delle etichette catalogative, di sicuro il film è divertente e molto ben costruito , ma questo è gia meno una sorpresa considerando il regista.
Un killer seriale cattura giovani modelle, tutte intente alla cura del corpo e dopo averle tenute a digiuno per farle dimagrire ulteriormente le uccide, rendendo un cadavere smunto pelle e ossa.
Alla soluzione del caso lavora il detective Tak, che come tutti i poliziotti che si rispettino ha le sue ombre sulle spalle in agguato e un rapporto simpaticamente conflittuale con la moglie ( le gag tra i due sono tra le cose più belle del film). Ad affiancarlo un giovane collaboratore ed un reporter cinese e, dietro le quinte , anche la moglie , ex poliziotta.
Il cerchio si stringe intorno ad un certo Ken, che ha un passato sospetto, ma che nel finale scopriremo essere semplicemente una pedina in mano allo psicopatico.

martedì 18 maggio 2010

L'uomo che verrà ( Giorgio Diritti , 2009 )

*****
Lo sguardo "vero" sull'orrore

Finalmente anche il boccheggiante Cinema italiano riesce a sfornare un'opera di quelle la cui visione andrebbe categoricamente imposta , a partire dalle scuole, prima che la barbarie culturale imperante della spazzatura televisiva annienti ogni cellula cerebrale ed ogni coscienza.
E questo non solo e non tanto perchè L'uomo che verrà narra una delle pagine più tragiche della recente storia italica, ma soprattutto perchè lo fa con una forma poetica e rigorosa in cui la storia è raccontata con gli occhi e con la mente di chi certi eventi li ha vissuti: una storia vera che non si legge sui libri e di cui ormai si sa tutto, ma che nasce da dentro gli eventi.
La strage di Marzabotto avvenuta nel tardo 1943 nelle zone montuose vicina a Bologna, è al centro delle vicende narrate da Giorgio Diritti nel film: gli occhi, le parole e il cuore che parlano sono quelli di Martina, 8 anni, che verso la vita mostra già una rabbia silenziosa dal momento in cui il fratellino in fasce muore tra le sue braccia. Osserva tedeschi arroganti e prepotenti bussare alla sua fattoria, partigiani  che abbandonano il forcone e imbracciano il fucile, osserva la vita quotidiana che scorre scandita dalle stagioni, fantastica sui paracaduti che piovono dal cielo e soprattutto attende l'arrivo di un nuovo fratellino.

lunedì 17 maggio 2010

The old garden ( Im Sang-soo , 2006 )

 *****
Amore incompiuto e fatti storici

Mantenendosi su un terreno più convenzionale, il coreano Im Sang-soo dirige questo film che si dipana tra il melodramma e lo storico-sociale, col risultato di trovarci di fronte ad una pellicola che non prende  una via decisa, rimanendo troppo in bilico tra i due generi.
Sia chiaro , il film vale la visione,anche perchè la regia di Im è sempre sapiente e ben dosata, ma l'impressione è quella di trovarci di fronte ad una storia che rimane troppo in superficie senza affondare gli artigli.
Hyun-woo esce di galera dopo 17 anni, essendoci finito in piena dittatura militare in seguito ai tragici eventi di Gwangju; la lunga detenzione ha spezzato la sua fresca storia d'amore con Yoon-hee , una pittrice che lo aveva aiutato nella clandestinità, e che ha lasciato come frutto una figlia.
La donna poco prima è morta per cancro e una volta uscito di galera Hyun-woo inizia un percorso a ritroso nella memoria del suo amore incompiuto che lo riporterà nei luoghi che conservano il ricordo, fino all'incontro con la figlia, unico tangibile raccordo col passato.

La moglie dell'avvocato ( Im Sang-soo , 2003 )

 *****
Storie di adulteri

Disgregazione e dramma di una famiglia coreana moderna con tanto di lunga dissertazione sull'adulterio e sulle abitudini sessuale della Corea moderna: questo, in pillole. il tema del film di Im Sang-soo , uno dei più interessanti e originali registi coreani, che , dietro un film all'apparenza microcosmico, descrive in realtà il forte conflitto tra tradizione e modernità, in un paese in cui queste due anime faticano sempre più a coesistere.
Famigliola ed affini si presentano subito in tutti i suoi vizi  e virtù: marito avvocato di successo che passa la gran parte del suo tempo tra lavoro, amante  e bevute, moglie ballerina, sportiva, trascurata che rende pan per focaccia spupazzandosi un giovane vicino di casa, madre e padre di lui in perenne lotta di collisione che non evitano frecciate e insulti neppure quando lui vomita sangue e la cirrosi epatica lo divora, figlioletto perennemente ossessionanto dal suo status di adottato, foriero di lazzi da parte degli amichetti.
Tra incontri amorosi clandestini, pratiche erotiche curiose, masturbazioni , riscoperte dell'orgasmo e ammiccamenti vari, la vita scorre come può essere quella di schegge impazzite alla ricerca della (in)felicità, disegnando la frantumazione del nucleo famigliare e degli affetti tradizionali.

domenica 16 maggio 2010

L'occhio del ciclone - In the electric mist ( Bertrand Tavernier , 2008 )

*****
La palude, il marciume e i cadaveri

Sin dal 1983, ai tempi di Mississipi Blues, Tavernier aveva mostrato il grande interesse per la Louisiana e per New Orleans: allora la omaggiò con un film-documentario che cercava le radici musicali della musica afroamericana, oggi dirge questo film ambientandolo nella provincia dello stesso stato, che ancora porta i segni della catastrofe Katrina.
L'affinità che lega i francesi a questa zona degli States è ormai storicamente comprovata e il regista , con occhio europeo in una delle zone più europee dell'America, racconta una storia sporca indirizzata sui binari del thriller, in cui però l'ambientazione e il clima che si respira concorrono a creare un film sui generis, che sfugge ad una classificazione stretta.
Il marcio che regna ancora in certe zone rurali è portato alla luce senza alcuno sconto e quindi la storia che ruota intorno alle indagini del detective Robicheaux , dissotterra palate di fango putrido fatte di razzismo, corruzione, vite distrutte dietro ogni fotogramma, anche grazie ad una carrellata di personaggi , a loro modo, uno più detestabile dell'altro.

giovedì 13 maggio 2010

My heart is that eternal rose ( Patrick Tam , 1988 )

 *****
 Pistole e amore disperato

Patrick Tam è considerato, insieme a John Woo e Tsui Hark , il nume tutelare del nuovo cinema hkese e questo bellissimo My heart is that eternal rose costituisce una pietra miliare nella cinematografia dell'ex colonia britannica.
Capotistipite del noir miscelato al melodramma, trova molti punti in comune con l'altro gigante cinematografico che è The killer di John Woo, film usciti a breve distanza uno dall'altro, un convergere di azione, suspance e sentimento che costituiscono un unicum indossolubile, dando una organicità al film che lascia stupefatti.
Ricky e Lap sono due giovani innamorati che lavorano entrambi nel locale gestito dal padre di lei, ex affiliato alla mafia, ora in meritata pensione.
Quando il vecchio padrino tornerà a farsi vivo chiedendo a zio Cheung, il padre di Lap, un ultimo favore, l'uomo non potrà tirarsi indietro; le cose andranno male, Ricky costretto a scappare nelle Filippine, zio Cheung catturato dagli uomini del boss e Lap, corsa a pietire l'aiuto di un altro padrino, costretta a cedere al ricatto: la liberazione del padre in cambio di se stessa in vesta di amante del boss.

mercoledì 12 maggio 2010

Loving You ( Johnnie To , 1995 )

*****
Il laboratorio di Johnnie To

Film non certo tra i più conosciuti del grande Maestro hkese e , a torto, considerato minore, Lovin you costituisce invece una pietra miliare nell'opera del regista, non tanto per il suo valore artistico in assoluto, quanto per quello "storico" all'interno della filmografia.
E' il primo film in cui To accenna gran parte dei canoni che diverranno in seguito capisaldi dei suoi lavori e che contribuiranno a creare quell'inconfondibile stile che lo ha reso famoso e stimato in tutto il mondo.
Siamo quindi di fronte ad un lavoro che è un po' bozzolo e un po' laboratorio, un punto di partenza di idee e immagini che col tempo troverà pieno sviluppo in capolavori autentici.
Un inizio mirabolante che parte dai tetti di una Hong Kong fatiscente, prosegue in strada e si conclude in uno spazio aperto tra banconote svolazzanti, lamiere pericolosamente in movimento e grondaie usate come liane, ci getta subito nella tipica lotta tra poliziotti e malviventi, cui il detective Lau dedica tutta la sua vita, infischiandone dei fatti privati e della moglie, al punto che quest'ultima , stanca di aspettarlo a casa, decide di mollarlo portandosi in grembo il figlio avuto dall'amante.

Piccoli affari sporchi ( Stephen Frears , 2002 )

 *****
Umanità ai margini e traffici loschi

Il vivace sottobosco urbano di una Londra lontanissima dai luoghi comuni cinematografici , fa da sfondo al lavoro di Stephen Frears che va a toccare temi scottanti quali il mondo dell'immigrazione clandestina e il traffico di organi umani.
Protagonista della vicenda un nigeriano clandestino, Okwe, che lavora di giorno come autista e di notte come portiere  in un albergo, vive in affitto presso un'altra clandestina turca , Senay che lavora come addetta alle pulizie nello stesso albergo; la casuale scoperta di un cuore umano gettato in un water di una stanza dell'albergo, porta l'uomo a scoprire un ignobile traffico di organi che ha sede proprio nell'hotel; spesso i donatori sono poveri disperati che in cambio dell'organo ottengono dal farabutto gestore del giro i documenti falsi che ne attestano la regolarità.
Okwe in Nigeria è stato un medico, costretto a scappare dopo una vendetta in cui perse la moglie e quindi lo sdegno che provoca in lui l'agghiacciante scoperta è acuito dalla sua deontologia professionale ferita.

martedì 11 maggio 2010

Air Doll ( Hirokazu Koreeda , 2009 )

*****
Anche le bambole hanno un'anima

Con un film che apparentemente abbandona le riflessioni sulla morte e sulla perdita e che anzi si presenta , nella forma e nella sostanza, lieve e quasi giocoso, Koreeda torna a deliziarci con questo Air Doll , in cui una bambola gonfiabile, sublimazione della solitudine sessuale, improvvisamente prende vita e si ritrova, essere inanimato miracolato, ad assaporare la vita e i battiti del cuore.
Trama esilissima, quindi, giocata intorno alla bambola con gli occhioni sgranati che dapprima , racchiusa nel suo guscio di plastica, siede a tavola col suo proprietario, quindi ne ascolta le sue noiose chiacchiere e infine ne soddisfa gli appetiti sessuali feticistici, ora vestita da scolaretta , ora da infermiera, ora da cameriera.
I primi passi verso la finestra fino a farsi travolgere dalla vitalità della goccia d'acqua, appaiono come un battesimo laico alla vita, cui segue la curiosità e la frenesia di gustare quel nuovo istinto vitale, pronta a trasformarsi a sera di nuovo nell'oggetto del desiderio.
Una storia bellissima di solitudini, quella del cameriere feticista padrone della bambola, e quelle degli altri personaggi che Koreeda ci fa apparire nello svolgersi della storia contrapposte alla solitudine della bambola, non più tale, animata però da forza vitale ingenua e primigenia.

Palermo shooting ( Wim Wenders , 2008 )

 *****
La morte tra Dusseldorf e Palermo

Neppure il girovagare del protagonista in una Palermo come poche volte l'abbiamo vista, forse fin troppo cartolina turistica, riesce a dare un senso compiuto al lavoro del Mestro tedesco: il film rimane quasi un esercizio stilistico in bilico tra dissertazione filosofica e sperimentazione visiva digitale.
Già la figura di Finn fotografo di grido, superimpegnato tra lavoro (metà arte ,metà pubblicità), travagli personali, insonnia da combattere, mondanità, cellulare sempre in funzione ed estranianti cuffie che rimandano belle musiche, suona come qualcosa di ovvio ; ancor di più scendiamo nel già visto quando stanco di questa vita e orribilmente spaventato dall'aver visto la morte in faccia (non solo metaforicamente), in un quasi frontale automobilistico, decide di mollare tutto e volare a Palermo, dove tra vicoli, barocco dirompente e dormite in pieno giorno, conosce Flavia, una giovane restauratrice che su di lui ha un effetto benefico e (apparentemente) salvifico.
Tutto andrebbe bene se non fosse che , tra sogni, incubi e allucinazioni, Finn è costantemente perseguitato dalla morte , che qui ha come attributi un pastrano con cappuccio bianco e un arco da cui scocca frecce. Flavia, che casualmente sta restaurando l'anonimo affresco del "Trionfo della Morte", sembra indissolubilmente in sintonia col fotografo, anche e soprattutto dopo il lungo sottofinale in cui Finn e Morte si troveranno di fronte in un onirico e lynchiano faccia a faccia con qualche risvolto grottesco, ma finalizzato all'esorcizzazione della paura della morte che si esplica nella domanda, apparentemente assurda , che l'uomo compie al bianco incappucciato : "Cosa posso fare per te?"

lunedì 10 maggio 2010

City of life and death ( Lu Chuan , 2009 )

*****
Guerra e kolossal

Filmone con livrea da kolossal hollywoodiano che narra la caduta di Nanchino per mano giapponese nel 1937 e degli eccidi di civili che fecero seguito all'occupazione dell'esercito imperiale, City of life and death si presenta come un lavoro in cui il facile sdegno va a braccetto con una sostanza molto flebile.
L'ambientazione curata, a metà strada tra Schindler's List e film di guerra classico , in cui lo schermo viene riempito per interminabili minuti da battaglie tra case diroccate e fumanti e momenti di puro orrore bellico e che si avvale di un bianco e nero visto già troppe volte, non è sufficiente a far sollevare la pellicola da un livello appena decente: filmare l'orrore della guerra, gli stupri , le mitragliatrici che sputano fuoco è esercizio che rende sempre dal punto di vista emotivo estemporaneo, ma che a conti fatti lascia pochissimo, in quanto già tutto visto e, ahimè, metabolizzato,  tanto da creare una sorta di cinismo cinematografico.
A poco serve inserire nel contesto storico vicende personali e drammi individuali che rimangono troppo lontani, sovrastati dall'enormità dell'evento epocale.

My name is fame ( Lawrence Lau , 2006 )

*****
Cinema nel cinema con classe

Raccontare il cinema nel cinema  è da sempre uno dei temi più sfruttati e , a volte, abusati, con risultati non sempre positivi; questa pellicola di Lawrence Lau dimostra in maniera eclatante come sia invece possibile, grazie ad una bella dose di sincerità, confezionare una storia tutta inserita all'interno dell'ambiente cinematografico raccontando i travagli che lo scuotono.
Ovvio che l'occhio del regista si posa sul cinema HKese in costante difficoltà e ne tratteggia, con il tramite della storia del'attore Poon , una sorta di metafora, il cui messaggio ultimo sta nell'impegno costante alla faccia delle difficoltà.
Poon Ka-fai è stato una grande promessa del cinema, ora ridotto a ruoli di contorno per serie tv e a comparsate, è naturalmente sfiduciato, incline alla bottiglia e privo di alcun slancio, almeno fino a quanto Faye Ng, giovane attrice in cerca di gloria gli dona un briciolo di vitalità eleggendolo a suo maestro. Nonostante i tentativi di scindere lavoro ed affetti scocca anche la scintilla tra i due che non porterà ad alcun incendio,  solo perchè lei, ormai lanciata verso la gloria cinemtografica, lascia Hong Kong per il Giappone. Ma ormai l'alito vitale è tornato prepotente in Poon che abbandona la bottiglia e la sua ira e torna ad essere lo stimato attore che si era intravisto in lui.

Lourdes ( Jessica Hausner , 2009 )

*****
Alla fine arriva il miracolo

Non poteva non condurre ad un miracolo il film dell'austriaca Jessica Hausner, trattando di uno dei luoghi pià sacri della cristianità: l'evento prodigioso si concretizza nell'aver messo d'accordo cattolici e atei, scettici e agnostici nelle positive valutazioni date al lavoro.
In effetti il film, che si svolge quasi come un diario di viaggio, affronta il mai risolto contrapporsi dialettico tra fede e dubbio, suggestione e ragione senza che nessuno delle parti in causa possa sentirsi offesa o derisa.
Tutta la vicenda si impernia intorno alla figura di Christine, una giovane costretta dalla sclerosi multipla sulla sedia a rotella, incapace di muovere gli arti e assolutamente dipendente dalla sua accompagnatrice. La giovane non mostra particolare fervore religioso ("preferisco le gite culturali, come a Roma") e solo nel confessionale squarcia un poco il velo che si stende su di lei ,mostrando rancore e invidia per chi è sano, ma si sottopone comunque ai riti religiosi quasi con apatia. Il miracolo però sembra avverarsi e la giovane riacquista nel breve volgere di mezza giornata l'uso degli arti e con esso anche il desiderio di dare vitalità alla sua esistenza.
Uno splendido finale, un po' Fellini e un po' Bunuel, con tanto di premio per il "miglior pellegrino" e balli sulle note di Albano e Romina Power, la riporta , forse, non solo metaforicamente sulla sedia a rotelle, alla faccia della felicità millantata dalla canzone.

sabato 8 maggio 2010

Brothers ( Jim Sheridan , 2009 )

*****
Le devastazioni interiori della guerra e il dramma famigliare

Basandosi su un soggetto scritto e sviluppato in film da Susanne Bier nel 2004 , il regista irlandese Jim Sheridan dirige questo dramma in stile americano del terzo millennio, dominato dalle devastazioni morali delle varie guerre che vedono sparsi nel mondo decine di migliaia di giovani americani.
Per fortuna il film è anche molto di più: un dramma famigliare e personale che trova nel distacco causato dalla guerra lo spunto per esplodere in tutto il suo fragore.
Sam e Tommy sono due fratelli apparentemente agli antipodi, risultato di aspettative paterne concretizzatesi e frustrate; il primo ufficale dei Marines in partenza per l'Afghanistan proprio mentre l'altro, sbandato e poco di buono, esce di galera: su di loro incombe la figura paterna concentrato di vizi e virtù tipicamente americane.
Sam verrà dato per morto, e forse lo è veramente dentro e Grace, la giovane moglie non vorrà mai aprire la lettera del marito che un ufficiale le consegna, la sua presenza aleggia ancora nella famiglia, al punto tale che Tommy colto da improvvso senso di responsabilità decide di dedicarsi alla cognata e alle due nipotine. L'incendio tra i due sta per esplodere ma la presenza eterea di Sam impedisce ad entrambi di andare oltre.

venerdì 7 maggio 2010

La 25a ora ( Spike Lee , 2002 )

*****
L'ora in più che manca sempre

E' una storia di redenzione (desiderata) , di esplorazione interiore e di tentativi estremi di sanare profondissime ferite quella che racconta Spike Lee in questo film , senz'altro tra i suoi più belli; è un racconto che si srotola in un contesto fatto di dolori e rabbia , di amicizia e di amore, immerso in una città che  assurge ad assoluta protagonista, con le sue strazianti ferite messe in bella vista senza pudore ma con molta compostezza; non poteva il newyorkese per eccellenza Spike Lee non catapultare nella sua storia il dramma degli attentati dell'11 settembre e lo fa mostrandoci una città piegata che sembra partecipare allo sconforto e alla paura del protagonista.
Monty è uno spacciatore di quelli di alto livello, arricchitosi a dismisura, dedito alla bella vita, con tanto di fidanzata invidiata, cui all'improvviso il mondo da il suo ultimatum: beccato con soldi e merce nascosta in casa dovrà scontare 7 anni di galera; gli rimangono solo 24 ore per tentare di metter a posto la sua esistenza che è molto più frammentata di quanto possa sembrare. Raccogliere i pezzi in frantumi con la sua ragazza , da lui sospettata della soffiata , con i suoi due amici d'infanzia , a loro volta macerati dal rimorso per non aver dissuaso Monty da quella folle attività, con il padre, cui lo lega un rapporto complesso e difficile da quando adolescente è rimasto senza madre e con i suoi datori di lavoro malavitosi.

Distance ( Hirokazu Koreeda , 2001 )

***** 
Vita e morte, ricordo e dolore

Film assolutamente scarno, privo quasi di una trama, grandemente intriso però di riflessioni e di profondità ,che conferma Koreeda come uno dei più bravi cineasti nipponici, dotato di grande sensibilità e abile narratore del rapporto vita-morte.
La storia prende spunto da un fatto di cronaca realmente accaduto in Giappone e narra di alcuni personaggi , tutti imparentati con i componenti di una setta, che dopo avere provocato una carneficina avvelenando gli acquedotti, si tolgono la vita in un suicidio di massa.
I protagonisti si ritrovano come ogni anno in occasione dell'anniversario sulle sponde di un piccolo lago dove le ceneri dei loro cari sono state disperse. Per un inconveniente banale quella che doveva essere una semplice scampagnata si trasforma in una giornata e una notte di profonde riflessioni e di verità scoperte, anche grazie alla presenza di uno degli apparteneneti alla setta, all'ultimo minuto scampato per sua scelta alla morte.
L'affrontare il vuoto di chi ha scelto la morte, lasciando dietro se rimpianti e vite incompiute, provoca nei loro parenti una rivisitazione della propria esistenza forse priva di qualsiasi slancio, così come il rimembrare gli ultimi momenti della vita dei loro cari assume un connotato di scoperta di un lato oscuro che a loro è rimasto nascosto e che assurge ad un ideale ricongiungimento che potrebbe lenire la sofferenza di chi è stato abbandonato.

lunedì 3 maggio 2010

Rule number one ( Kelvin Tong , 2008 )

*****
I fantasmi non esistono

E' del singaporegno Kelvin Tong uno degli horror movie più interessanti degli ultimi anni, un film che sposa in maniera armonica ghost story e thriller , offrendo di ognuno dei due generi una interpretazione elegante e sfiziosa.
Sia chiaro, nulla di particolarmente nuovo all'orizzonte, ma la storia genera suspance e regala momenti belli affidandosi con sapienza ad alcuni dei clichè classici del cinema di genere, con tanto di citazione nakatiana a base di lunghi capelli neri e di ambientazioni marlowiane in cui stanchezza e vite consumate vanno a braccetto.
La regola numero uno del film è che "i fantasmi non esistono" ,tanto ufficiale quanto falsa per la polizia di Hong Kong ,al punto che esiste un dipartimento degli affari generali che si occupa di farla rispettare onde impedire il diffondersi del panico.
Che i fantasmi invece esistono lo capiamo subito dalla prima scena e verrà sancito solennemente nel finale e i due ghostbusters, il sergente Lee e l'ispettore Wong  , fra doppi e tripli colpi di scena, avranno modo di rendersene conto sulla propria pelle.
Condividi