Alla fine arriva il miracolo
Non poteva non condurre ad un miracolo il film dell'austriaca Jessica Hausner, trattando di uno dei luoghi pià sacri della cristianità: l'evento prodigioso si concretizza nell'aver messo d'accordo cattolici e atei, scettici e agnostici nelle positive valutazioni date al lavoro.
In effetti il film, che si svolge quasi come un diario di viaggio, affronta il mai risolto contrapporsi dialettico tra fede e dubbio, suggestione e ragione senza che nessuno delle parti in causa possa sentirsi offesa o derisa.
Tutta la vicenda si impernia intorno alla figura di Christine, una giovane costretta dalla sclerosi multipla sulla sedia a rotella, incapace di muovere gli arti e assolutamente dipendente dalla sua accompagnatrice. La giovane non mostra particolare fervore religioso ("preferisco le gite culturali, come a Roma") e solo nel confessionale squarcia un poco il velo che si stende su di lei ,mostrando rancore e invidia per chi è sano, ma si sottopone comunque ai riti religiosi quasi con apatia. Il miracolo però sembra avverarsi e la giovane riacquista nel breve volgere di mezza giornata l'uso degli arti e con esso anche il desiderio di dare vitalità alla sua esistenza.
Uno splendido finale, un po' Fellini e un po' Bunuel, con tanto di premio per il "miglior pellegrino" e balli sulle note di Albano e Romina Power, la riporta , forse, non solo metaforicamente sulla sedia a rotelle, alla faccia della felicità millantata dalla canzone.
La regista, atea per decisione, dirige il film senza mai affidarsi ai canoni anticlericali, semmai solo ad una sottile e profonda ironia; in compenso, con grande sensibilità, sa descrivere una umanità fatta di persone disperate e sole nella loro malattia, ma anche piene di dubbi e di invidie ("perchè è toccato a lei e non a un altro?"), quando non disilluse come uno dei volontari dei Cavalieri di Malta che chiede : " se Dio è sia onnipotente che buono, perchè non guarisce tutti?" .
Come dimostra il premio ricevuto dall'Organizzazione Cattolica per il Cinema Internazionale , il film è ben lungi dalla dissacrazione o dalla blasfemia, anche perchè quando la Hausner guarda con occhio critico a certa commercializzazione della religione e alla sua massificazione molto poco spirituale, lo fa con molto garbo e con la giuste dose di sarcasmo molto velato; sembra invece molto più una accurata descrizione di un universo di perdenti in attesa della vittoria che ribalti le sorti, una marea umana in attesa di un fatto inspiegabile ma grandioso che dia un senso a tanto convergere di disperazione e che dimostra come la fede sia un fardello ben pesante da portare.
La lunga scena finale , in cui l'Ave Maria di Schubert lascia il posto alle canzonette festaiole e ai balli, descrive più di ogni cosa il senso del film e della storia di Christine e degli altri pellegrini, lasciando dubbio e fede sospesi.
Magnifica l'interpretazione di Sylvie Testud nel ruolo di Christine, grazie soprattutto ad un volto tanto curioso quanto espressivo che ben lascia trasparire il fondo dell'anima in cui si agita la disperazione.
Sono d'accordo, un film sensibile ed "equilibrato" (o dovrei dire, in bilico), una delle sorprese della scorsa stagione.
RispondiEliminaEsatto Christian, è proprio un film che rimane in bilico, che non offre certezze e non emette sentenze. Senz'altro uno dei più bei film del 2009.
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