martedì 11 maggio 2010

Air Doll ( Hirokazu Koreeda , 2009 )

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Anche le bambole hanno un'anima

Con un film che apparentemente abbandona le riflessioni sulla morte e sulla perdita e che anzi si presenta , nella forma e nella sostanza, lieve e quasi giocoso, Koreeda torna a deliziarci con questo Air Doll , in cui una bambola gonfiabile, sublimazione della solitudine sessuale, improvvisamente prende vita e si ritrova, essere inanimato miracolato, ad assaporare la vita e i battiti del cuore.
Trama esilissima, quindi, giocata intorno alla bambola con gli occhioni sgranati che dapprima , racchiusa nel suo guscio di plastica, siede a tavola col suo proprietario, quindi ne ascolta le sue noiose chiacchiere e infine ne soddisfa gli appetiti sessuali feticistici, ora vestita da scolaretta , ora da infermiera, ora da cameriera.
I primi passi verso la finestra fino a farsi travolgere dalla vitalità della goccia d'acqua, appaiono come un battesimo laico alla vita, cui segue la curiosità e la frenesia di gustare quel nuovo istinto vitale, pronta a trasformarsi a sera di nuovo nell'oggetto del desiderio.
Una storia bellissima di solitudini, quella del cameriere feticista padrone della bambola, e quelle degli altri personaggi che Koreeda ci fa apparire nello svolgersi della storia contrapposte alla solitudine della bambola, non più tale, animata però da forza vitale ingenua e primigenia.

Tutto il film è percorso da sguardi che amplificano l'estrema caducità della condizione umana ( e qui siamo in piena poetica-Koreeda) cui neppure il soffio vitale, che con estrema sensualità infonde il giovane amico nella bambola attraverso la valvola posizionata nell'ombelico, riesce a definire una condizione di estrema precarietà.
Sono molti i momenti di grande poesia che riempiono il film, senz'altro meno ostici rispetto ad altri lavori del regista, ma non per questo meno belli e struggenti, in cui la bambola, divenuta ormai eroina assoluta per chi guarda, infonde tenerezza e commozione, soprattutto quando capisce sulla sua pelle che la vita può essere anche sofferenza.
Venendo meno al suo stile solitamente asciutto, Koreeda dirige un film che fa delle riprese stupende uno dei punti di forza, offrendoci immagini di una Tokyo vista da prospettive singolari che accentuano la sensazione di solitudine.
Il lavoro non raggiunge forse le vette di alcuni dei suoi precedenti, ma sicuramente si offre in maniera più docile e meno ostica, confermando l'enorme capacità narrativa del regista.
Nota di merito per Bae Doona, la bambola umanizzata, che offre un'interpretazione intensa e suggestiva , fatta di sguardi attoniti e di spontanee e generose offerte delle sue grazie.

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