venerdì 21 maggio 2010

Il vento fa il suo giro ( Giorgio Diritti , 2005 )

*****
Un gioiello troppo poco apprezzato

Per chi fosse rimasto folgorato dal pluripremiato e bellissimo L'uomo che verrà, la visione del film d'esordio di Giorgio Diritti si impone, qualora non lo avesse già fatto, per tutta una serie di motivi: anzitutto è un film magnifico, forse anche più bello del seguente più famoso, poi è un esordio che mostra da subito la bravura e sensibilità del regista, degno allievo di Ermanno Olmi ed infine dimostra l'assoluta ottusità nostrana visto che un'opera di tale livello, apprezzatissima e premiatissima all'estero, è invece passata come una meteora nella programmazione italiana.
Grazie ad un impianto che ormai è divenuto il suo marchio di fabbrica inconfondibile, Diritti racconta una storia semplice, al cui interno ribollono sentimenti, paure, riflessioni sociologiche e antropologiche esposte senza cervellotiche mediazioni e capaci di far centro al primo colpo , avvalendosi di una grandissima capacità di osservazione e di narrazione, lasciando la camera aperta allo scorrere degli eventi e all'espressione naturale, sublimata dal dialetto occitano (opportunamente sottotitolato).
Le vicende si svolgono in una remota vallata del cuneese, ultimo avamposto della cultura occitana e racchiusa nel suo fiero isolamento culturale e sociale. In questo ambiente giunge come un evento esplosivo, Philippe, ex insegnante francese ora dedito alla pastorizia in fuga dai Pirenei nuclearizzati, lo accompagna l'allegra famigliola con moglie e figli. L'iniziale diffidenza per il forestiero in cerca di casa, lascia il posto ad una benevola accettazione, anche grazie alla mediazione delle menti più aperte  della comunità.
Ovviamente l'idillio dura poco: troppo diversi i nuovi arrivati, che appaiono agli occhi dei valligiani irrispettosi delle tradizioni locali, quando invece quello che emerge è una crescente intolleranza dettata da una grettezza che si basa sulla strenua difesa della proprietà , nonostante le leggende tramandate che narrano della grande solidarietà che regna nel paese. La solidarietà non è altro che uno schermo dietro cui si ammantano le paure di una comunità troppo chiusa nella sua tradizione (che è solo nostalgia , come dice Philippe).
Il vento che ha portato la frizzante novità della famigliola alfine gira e riporta via con sè i forestieri, dopo troppe dimostrazioni di incomunicabilità e di avversione.
Il titolo del film è la metafora che diverse volte viene citata nella storia: la ciclicità degli eventi della vita che si impone con l'immagine della macchina che sale i tornanti portando gli stranieri e la stessa macchina che pochi mesi dopo ripercorre in senso inverso la strada tortuosa che percorre la bellissima valle.
La descrizione che fa il regista della comunità montana è strabiliante, avvalendosi quasi per intero di valligiani che fungono da attori, il verismo raggiunge vette che solamente il maestro di Diritti e pochi altri son stati capaci di mettere in scena, la natura viene presentata con la forza delle immagini che risultano più ecologiste di tanti slogan; ma soprattutto è lo studio accurato delle gesta umane, raccontato da dentro la fucina in cui si generano e che si offrono ai nostri occhi, senza mediazioni morali e senza giudizi, che danno alla pellicola un altissimo valore umano. Non esiste nulla di più difficile e di grandioso al contempo che raccontare la semplicità dialettica della vita e con questo film Giorgio Diritti scrive una pagina memorabile.

4 commenti:

  1. lo vidi in un cineforum d periferia, un film molto bello. visivamente vi sono poi scorci molto affascinanti. una delle poche cose buone girate negli ultimi anni in italia, e ovviamente è passata sotto silenzio.

    RispondiElimina
  2. Colpevolmente passata sotto silenzio, perchè il suo successo di critica internazionale lo ha avuto.
    Son d'accordo con te, l'aspetto naturalistico è una grossa componente del film, costruita però con discrezione, lasciando parlare le immagini ed essendo in definitva ben più ecologista di tanti altri film che fanno ricorso a facili slogan.

    RispondiElimina
  3. è un film bellissimo, di quelli che quando esci dal cinema ti immedesimi e pensi a quei personaggi.
    poi col tempo capisco che il regista racconta una storia di un villaggio di montagna che più universale non si può, in qualunque cinema o piazza di qualsiasi villaggio del mondo tutti capirebbero, e capiscono.

    RispondiElimina
  4. Giusto Ismaele , ed è proprio quello che tu dici l'aspetto più valido del cinema di Diritti, l'universalità del messaggio che nasce dalla visione quotidiana di chi gli eventi li vive in prima persona.

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.

Condividi