L'ora in più che manca sempre
E' una storia di redenzione (desiderata) , di esplorazione interiore e di tentativi estremi di sanare profondissime ferite quella che racconta Spike Lee in questo film , senz'altro tra i suoi più belli; è un racconto che si srotola in un contesto fatto di dolori e rabbia , di amicizia e di amore, immerso in una città che assurge ad assoluta protagonista, con le sue strazianti ferite messe in bella vista senza pudore ma con molta compostezza; non poteva il newyorkese per eccellenza Spike Lee non catapultare nella sua storia il dramma degli attentati dell'11 settembre e lo fa mostrandoci una città piegata che sembra partecipare allo sconforto e alla paura del protagonista.
Monty è uno spacciatore di quelli di alto livello, arricchitosi a dismisura, dedito alla bella vita, con tanto di fidanzata invidiata, cui all'improvviso il mondo da il suo ultimatum: beccato con soldi e merce nascosta in casa dovrà scontare 7 anni di galera; gli rimangono solo 24 ore per tentare di metter a posto la sua esistenza che è molto più frammentata di quanto possa sembrare. Raccogliere i pezzi in frantumi con la sua ragazza , da lui sospettata della soffiata , con i suoi due amici d'infanzia , a loro volta macerati dal rimorso per non aver dissuaso Monty da quella folle attività, con il padre, cui lo lega un rapporto complesso e difficile da quando adolescente è rimasto senza madre e con i suoi datori di lavoro malavitosi.
Più la pellicola scorre più il protagonista inizia ad assaporare con terrore il gusto amaro del carcere violento e disumano e, contemporaneamente, con rassegnazione capisce che la redenzione passa solo per il fortificarsi dei suoi affetti.
Il finale, bellissimo , scorre sul doppio binario onirico del rimpianto per una vita che non è stata, e che probabilmente non sarà mai, e una triste realtà , inevitabile, cui non è possibile fuggire. Il senso del titolo del film sta tutto nella lunga scena finale: è l'ora in più che tutti vorremmo avere per potere cambiare il corso delle cose o magari solo immaginare quello che avrebbe potuto essere e che non è.
Ambientato in una New York volutamente descritta ferita e straziata, Lee evita con classe il facile sentimentalismo indignato, donandoci una delle più agghiaccianti immagini di Ground Zero che si siano mai viste, privilegiando gli angoli della città più anonimi e al contempo più veri, ma soprattutto, racconta una triste storia di rimpianto per una esistenza buttata via per incoscienza e per avidità.
Quella che a tutti gli effetti sembra una notte di resa dei conti, si trasforma per Monty in un redde rationem intimo, vissuto con una apatia che nasconde una crescente angoscia, solo per un attimo folgorata da rabbia autentica ed iconoclasta nel monologo con se stesso che il protagonista ringhia davanti allo specchio, ribellione pura per una città ed un ambiente che ha avvelenato la sua vita.
E' un film con momenti toccanti in cui Spike Lee offre il meglio di se stesso, cioè tantissimo, con dialoghi secchi e taglienti e con il compassato ed inesorabile dipinto di un uomo giunto al bivio cruciale della sua vita: un crocicchio però che conduce solo in un senso, l'altro lo si può solo immaginare in quella venticinquesima ora che Monty vorrebbe non finisse mai.
Bravissimo come sempre Edward Norton, in un ruolo in cui si trova particolarmente a suo agio e che conferma ancora una volta le sue enormi qualità recitative, ben affiancato da Philip Seymour Hoffman e da Barry Pepper, i due amici d'infanzia.
Più la pellicola scorre più il protagonista inizia ad assaporare con terrore il gusto amaro del carcere violento e disumano e, contemporaneamente, con rassegnazione capisce che la redenzione passa solo per il fortificarsi dei suoi affetti.
Il finale, bellissimo , scorre sul doppio binario onirico del rimpianto per una vita che non è stata, e che probabilmente non sarà mai, e una triste realtà , inevitabile, cui non è possibile fuggire. Il senso del titolo del film sta tutto nella lunga scena finale: è l'ora in più che tutti vorremmo avere per potere cambiare il corso delle cose o magari solo immaginare quello che avrebbe potuto essere e che non è.
Ambientato in una New York volutamente descritta ferita e straziata, Lee evita con classe il facile sentimentalismo indignato, donandoci una delle più agghiaccianti immagini di Ground Zero che si siano mai viste, privilegiando gli angoli della città più anonimi e al contempo più veri, ma soprattutto, racconta una triste storia di rimpianto per una esistenza buttata via per incoscienza e per avidità.
Quella che a tutti gli effetti sembra una notte di resa dei conti, si trasforma per Monty in un redde rationem intimo, vissuto con una apatia che nasconde una crescente angoscia, solo per un attimo folgorata da rabbia autentica ed iconoclasta nel monologo con se stesso che il protagonista ringhia davanti allo specchio, ribellione pura per una città ed un ambiente che ha avvelenato la sua vita.
E' un film con momenti toccanti in cui Spike Lee offre il meglio di se stesso, cioè tantissimo, con dialoghi secchi e taglienti e con il compassato ed inesorabile dipinto di un uomo giunto al bivio cruciale della sua vita: un crocicchio però che conduce solo in un senso, l'altro lo si può solo immaginare in quella venticinquesima ora che Monty vorrebbe non finisse mai.
Bravissimo come sempre Edward Norton, in un ruolo in cui si trova particolarmente a suo agio e che conferma ancora una volta le sue enormi qualità recitative, ben affiancato da Philip Seymour Hoffman e da Barry Pepper, i due amici d'infanzia.
Film straordinario. Per me è un vero e proprio capolavoro.
RispondiEliminaA mio avviso è probabilmente il migliore tra i film di Spike Lee: è il crescere dell'angoscia che si impadronisce di Monty a fare da traino a tutto il film, cui il finale regale un senso di compiuto grandioso.
RispondiEliminaAll'epoca il film non mi piacque, e mi beccai per questo le critiche di tutti i miei amici cinefili...sarà perchè non nutro una grande simpatia per Spike Lee, comunque credo che dovrei rivederlo....
RispondiEliminaL'ultimo Spike Lee non esalta neppure me, ma questo ritengo sia forse il suo film migliore, insieme ai primissimi.
RispondiEliminaConcordo col tuo commento, anche per me è il miglior Spike in assoluto, un regista che comunque non amo troppo (molto bello anche quello sulla rapina, di cui adesso mi sfugge il nome, Denzel Washington, Clive Owen, Jodie Foster etc...).
RispondiEliminaIl cast è eccezionale, ottima fotografia, sceneggiatura davvero robusta e convincente...
Ciao Bruno e benvenuto, il film che citi tu è Inside man ed in effetti è un bel film. Pure io non stravedo per Spike Lee , anche se gli inizi furono molto belli.
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