Giudizio: 9/10
Dieci anni dopo quello che doveva essere il lavoro d'addio, proposito per fortuna durato solo quattro anni, Miyazaki Hayao porta a termine quello che può ben definirsi come una sorta di testamento spirituale cinematografico e personale: magari il Maestro ci regalerà ancora qualche lavoro, ma Il ragazzo e l'airone rimarrà probabilmente per sempre a imperitura memoria come il suo ultimo atto artistico, proprio perchè , pure essendo opera in alcuni tratti persino difficile e ostica, contiene sia un compendio del suo ideale cinematografico che un resoconto della sua esperienza personale e artistica.
Ispirato , ma in maniera molto labile, quasi esclusivamente come spunto, al romanzo di formazione giovanile E voi come vivrete? scritto da Yoshino Genzaburo nel 1937, Il ragazzo e l'airone , ambientato in pieno periodo bellico , vede come protagonista Mahito, un adolescente costretto a rifugiarsi in campagna col padre dopo la dolorosa scomparsa della madre morta in un incendio; qui , in quella che era la magione di famiglia della mamma , vive la zia Natsuko, divenuta la compagna del padre da cui aspetta un bambino; il ragazzo non vive serenamente la situazione in cui si trova e oltre tutto trova opprimente il senso di protezione che su di lui instaura la zia che si prende cura di lui quando il padre è assente impegnato col lavoro nella sua fabbrica di componenti per aerei da guerra (chiaro rimando autobiografico del regista).
Mahito vorrebbe trascorrere le giornate vagando nel grande parco che circonda la villa che confina con una foresta fitta e che sembra nascondere una grande torre apparentemente in rovina, ma si trova sempre pedinato dalle governanti della casa e dalla zia stessa.
A perseguitarlo c'è anche uno strano e petulante airone cinerino che vorrebbe portarlo all'interno della torre promettendogli che lì avrebbe potuto incontrare sua madre defunta; quando la zia scompare e intenzionato a cercarla per salvarla, Mahito finalmente cede alle lusinghe dell'airone ed entra nella torre misteriosa: "fecemi la divina potestate" campeggia scritto sulla porta di questa austera e vetusta torre e oltrepassata, come Dante all'inferno, il ragazzo si ritrova in un mondo fantastico dove la realtà può assumere forme diverse, come ad esempio l'airone che altri non è che uno strambo personaggio umanoide che diventa il suo Virgilio in questo viaggio in un mondo abitato da vivi, da ancora non vivi e da morti, dove incontra la governante cui è affidato con cinquanta anni di meno, la mamma adolescente e dove tutto è regolato dalla volontà di un personaggio che scoprirà essere il suo prozio che costruì la torre , autentico deus ex machina di un mondo che vive su un labilissimo equilibrio armonico grazie ai poteri magici del prozio stesso, conferitigli da una pietra magica piovuta dallo spazio e che domina il mondo come un monolite kubrickiano.
Mahito secondo i voleri dello zio dovrebbe diventare il suo erede e mantenere quell'equilibrio che consente a quel mondo dove le anime transitano prima di poter nascere e diventare esseri viventi, dove esistono comunità di pellicani malvagi e di parrocchetti diligentemente inquadrati come una società organizzata , di poter continuare ad esistere nella sua armonia.
Sarà un viaggio che possiede la forza della metafora della crescita personale e del processo di formazione, del superamento del lutto e della presa di coscienza della propria esistenza al mondo; Mahito però vuole rimenare legato al mondo reale, quello imperfetto, dove imperversa la guerra, dove il dolore per una perdita è straziante, piuttosto che ad uno che si basa su una labilissima armonia.