giovedì 28 febbraio 2019

The Drug King ( Woo Minho , 2018 )




The Drug King (2018) on IMDb
Giudizio: 6/10

La storia raccontata in The Drug King è quella ( vera) di uno dei più importanti e temuti gangster della Corea dal Sud negli anni 70, creatore di un impero economico grazie al traffico di stupefacenti, in particolare di metanfetamina che si affacciava in quegli anni sul mercato delle droghe pesanti.
Il Drug King è Lee Doosam, piccolo imbroglioncello che traffica in oro e orologi nella città portuale di Busan; con tale attività mantiene la sua famiglia che conta di moglie, figlie e persino un cugino mezzo scemo.
Lee sarà il sacrificato allorquando la polizia sventa il traffico di orologi col Giappone e l'uomo , prima di finire in galera, subirà anche le attenzioni tutt'altro che gentili dei servizi segreti.
Uscito di galera dopo quattro anni Lee si troverà quasi per caso a fare il corriere della droga, entrando in un mondo che in breve tempo, grazie a mosse astute e a conoscenze azzeccate, lo vedrà affermarsi come uno dei principali signori della droga, dapprima grazie al commercio col Giappone e poi nella stessa Corea, coadiuvato da personaggi spietati e ben poco raccomandabili, ed infine per mezzo del legame con la bella Junga, una che frequenta i giusti personaggi che possono tornare utili per gli affari futuri.


Messo sotto pressione dal nuovo procuratore rampante e privo di scrupoli Kim, Lee dovrà trovare una via d'uscita, abbandonato dalla moglie e da tutti, chiuso nel suo fortino come uno Scarface asiatico.
Ci sono diverse cose che in The Drug King funzionano, soprattutto all'inizio quando una buona commistione di generi (commedia e action), una presenza costante e decisa di musica che rimanda agli anni 70 e una ambientazione suggestiva e molto attenta a disegnare i contorni di un paese che cercava di avviarsi ad una modernizzazione pur essendo ancora paralizzato da un potere corrotto e antidemocratico danno un buon ritmo e creano il giusto palcoscenico al racconto; con queste premesse il personaggio di Lee , di cui vediamo la rapida ascesa, assume i caratteri di un modello antropologico dell'epoca, un sempliciotto, dedito alla famiglia che pensa che muoversi nel sottobosco della società su quel filo di lana che limita la legalità dal reato sia ben poca cosa quando si ha da mantenere una famiglia.
Inoltre Lee , in una evoluzione anch'essa antropologicamente  definita, è anche la vittima di quel sottobosco che sarà la causa dei suoi anni di prigionia.

lunedì 25 febbraio 2019

Project Gutenberg / 無雙 ( Felix Chong / 莊文強 , 2018 )




Project Gutenberg (2018) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Scritto e diretto da Felix Chong, uno dei personaggi più in vista del cinema di Hong Kong, noto soprattutto per essere il padre della Trilogia di Infernal Affairs , nonchè scrittore e coregista con Alan Mak di una altra trilogia , quella di Overheard, abituale collaboratore non solo di Alan Mak ma anche di altri autori del cinema dell'ex colonia britannica, Project Gutenberg è lavoro che ha riscosso grandi riconoscimenti, oltre che svariate nomination sia all'Asian Film Awards che all'Hong Kong Film Awards, soprattutto per la sua struttura narrativa che ne fa un thriller per molti aspetti ortodosso con i canoni del genere hongkonghese, ma per altri portatore di qualche novità o comunque di alcune scelte originali che hanno un po' stemprato l'aspetto action del film.


Project Gutenberg è un film che si basa per ben oltre i tre quarti su un lungo flash back: la storia inizia con il rimpatrio  di Lee un falsario detenuto in Thailandia che faceva parte di una banda che anni prima aveva messo a segno svariati colpi. La polizia è però sulle tracce del capo della organizzazione, il misterioso ed inafferrabile Painter che fu il boss di Lee; quest'ultimo insomma viene rimpatriato ad Hong Kong con il solo scopo di poter collaborare nel tentativo di mettere le mani sul capo della banda.
Dopo questo prologo il film fa un salto indietro  di svariati anni, ed inizia un lungo flashback che altro non è che il racconto delle gesta della banda che Lee rende alla polizia,attraverso il quale si delineano meglio i contorni del personaggio di Painter, spietato e privo di qualsiasi scrupolo.

venerdì 22 febbraio 2019

Il primo re ( Matteo Rovere , 2019 )




Romulus & Remus: The First King (2019) on IMDb
Giudizio: 8/10


A prescindere dalla valutazione puramente artistica che si vuole riservargli, Il primo re di Matteo Rovere ha senz’altro un grande pregio, quello di aver squarciato il velo su un cinema italiano impantanato da anni ormai tra l’autorialità dei Garrone e dei Sorrentino, il cinema che guarda al sociale  ( molto ipocrita e di facile presa) e i tentativi di far rinascere la commedia italiana che si ripetono da decenni senza risultati apprezzabili.
Il film di Matteo Rovere, lungi dall’essere il revival del peplum tanto in voga negli anni 60 e che ha contribuito a costruire il periodo d’oro di Cinecittà, è un lavoro molto realista, storico senza essere apologetico che va ad affrontare il mito di Romolo e Remo i due fratelli che furono gli artefici della fondazione dell’Urbe nel 753 AC, in maniera scevra da ogni romanticismo mitologico.


Il film si apre con una superba scena in cui i due pastori vengono travolti da una improvvisa piena del Tevere e gettati all’interno della città di Alba Longa, la comunità egemone del Vetus Latio; i due fatti prigionieri riescono però a fuggire con uno stratagemma portando con loro la vestale che custodiva il fuoco sacro sperando con ciò di ingraziarsi le divinità e un manipolo di sbandati che ben presto riconoscono in Remo il loro condottiero, soprattutto quando questi decide di affrontare il passaggio nella foresta per evitare sia le forze di Alba Longa che si sarebbero scatenate nella loro caccia che le altre comunità protolatine del luogo.
Per tutto il viaggio Remo si porterà sulle spalle il fratello ferito fino a quando , dopo aver sconfitto in battaglia una tribù autoctona, prendono possesso della loro comunità, dove i fuggiaschi si insediano e dove la vestale affidandosi alla sua arte aruspicina prevede che uno dei due fratelli sarà il Re di una potentissima città ma che perché avvenga ciò l’altro deve morire.

martedì 19 febbraio 2019

Ash Is Purest White / 江湖儿女 [aka I figli del Fiume Giallo] ( Jia Zhangke / 贾樟柯 , 2018 )

 


Ash Is Purest White (2018) on IMDb
Giudizio: 8/10


Presentato in Concorso all’ultimo Festival di Cannes Ash is Purest White ( titolo italiano I figli del Fiume Giallo), l’ultima fatica di Jia Zhangke, sembra assurgere a sintesi e al contempo evoluzione dei due precedenti lavori del regista cinese, Il tocco del peccato , che fu una svolta drastica e oltremodo sorprendente e Al di là delle montagne che apparve subito come il vero breakpoint nella cinematografia di Jia.
Se con il primo il regista di Fenyang inizia una sua personale rilettura in chiave moderna e tradizionale nello stesso tempo del genere wuxia, come ha spesso sottolineato, anche in una nostra intervista del 2013 subito dopo l’uscita del film, con l’altro evolve la sua visione cinematografica al di fuori degli schemi strutturati e ben conosciuti che hanno contribuito a renderlo uno tra gli autori di più alto livello nel panorama cinematografico mondiale; come  Al di là delle montagne, anche Ash is Purest White si presenta come una opera tripartita nel tempo, un lungo racconto che parte nel 2001 e che termina ai giorni nostri attraversando gli spazi , persino quelli geografici , che  la vorticosa corsa verso l’arricchimento intrapresa dal colosso cinese in quegli anni hanno trasformato e stravolto; spazio e tempo, quindi, due concetti che ritornano circolarmente nel cinema di Jia, due capisaldi cinematografici strutturali del suo cinema che trovano in Antonioni e Bresson i modelli cui il regista  si è da sempre ispirato.


Come abbiamo, accennato il film si apre nel 2001 con una scena a bordo di un autobus che fa parte del repertorio di archivio del regista e che fu girata da Jia stesso  in quell’anno durante la preparazione di Unknown Pleasure: siamo ancora una volta nel natio Shanxi dove il piccolo boss Bin gestisce con bonarietà paternalista gli affari della cittadina insieme alla fidanzata Qiao; la locomotiva del benessere e della ricchezza , che in breve avrebbe frantumato il tradizionale mondo comunista e post-maoista della Cina è già partita, ancora i Village People , stavolta con YMCA, furoreggiano nei locali e nelle danze che si avvicinano sempre più a quelle occidentali,  la gang di Bin guarda i gangster movie di Hong Kong con Chow Yun Fat per sposare il modello di vita, la celeberrima canzone di Sally Yeh che fa da colonna sonora di The Killer, in un sentito omaggio al cinema di John Woo, percorre le scene iniziali del film; fratellanza e onore, rispetto dei vecchi e della tradizione sono i canoni che Bin cerca di propugnare , mentre Qiao sembra ben più rivolta con lo sguardo al mondo nuovo che sta per aprirsi davanti.

domenica 17 febbraio 2019

Long Day's Journey Into Night / 地球最后的夜晚 ( Bi Gan / 畢贛 , 2018 )




Long Day's Journey Into Night (2018) on IMDb
Giudizio: 8/10

L'esordio da regista di Bi Gan, avvenuto al Festival di Locarno nel 2015  con Kaili Blues fu uno tra i  più strabilianti degli ultimi anni  e  ci permise di conoscere un autore dalla forte personalità e dalla notevole cifra stilistica; per tale motivo la prova del nove dell'opera seconda del giovane regista cinese era attesa con crescente interesse per poter capire lo spessore reale dell'autore; inoltre è stato chiaro da subito che ben diverso era il budget a disposizione del regista in considerazione degli attori scelti ( e dei produttori tra i quali Huang Xiaoming e Han Han) oltre al fatto che essendo Cannes , seppure nella sezione collaterale di Un Certain Regard, ad offrire il trampolino di lancio, le aspettative erano più che robuste.


Il lavoro del neppure trentenne regista cinese dal giorno del suo esordio a Cannes è stato presente in numerosi festival importanti (Toronto, San Sebastian, Londra), ha raccolto numerosi riconoscimenti ed ha visto la luce nelle sale cinesi per la fine del 2018 ottenendo un grande successo di pubblico: tutto ciò ha dimostrato come Long Day's Journey Into Night ha rispettato almeno in grandissima parte le previsioni che si erano fatte 3 anni orsono in occasione dell'opera prima.
Il film di Bi Gan è indubbiamente un lavoro di grande interesse, tutt'altro che semplice, anzi in alcuni momenti quasi ostico, che, nonostante qualche osservazione critica neppure totalmente fuori luogo, ha una capacità di ipnotizzare e di affascinare sorretto come è da uno stile tecnico e narrativo superbo.
Come preambolo ad ogni discorso riguardo il film, va detto che questa seconda opera collima in molti aspetti con il lavoro d'esordio di Bi Gan, al punto che più di una critico ha affermato che il regista ha voluto fare un Kaili Blues 2.0 più sontuosamente ricercato grazie ai mezzi migliori a disposizione: in effetti ritmo della narrazione e tematiche sono molto vicine al primo film diretto dal regista cinese.

sabato 16 febbraio 2019

Copia originale [aka Can You Ever Forgive Me ?] ( Marielle Heller , 2018 )




Can You Ever Forgive Me? (2018) on IMDb
Giudizio: 6.5/10

Ispirato alla autobiografia della protagonista Lee Israel, la scrittrice passata alla storia più per le truffe che per i libri scritti , dal medesimo titolo originale del film ( Can You Ever Forgive Me?) , Copia originale , opera seconda della regista ed ex-attrice newyorkese Marielle Heller, è il racconto della parabola discendente della protagonista a partire dai primi anni 90, quando licenziata e in crisi di ispirazione, prossima all'alcolismo e avviata ad una vita di stenti, ebbe casualmente l'intuizione rivelatasi geniale di sbarcare il lunario fabbricando epistole false di famosi personaggi, quegli stessi di cui lei, un tempo brillante biografa stimata, conosceva alla perfezione la vita.


Lungi dall'essere una svolta economica clamorosa, la truffa serviva solo a consentire una dignitosa sopravvivenza, le cure per l'amatissimo e anziano gatto e le bevute nei bar del West Village dove incontra Jack Hock, un gay che si crede Oscar Wilde e che diventa l'amico e il compare.
Ma soprattutto la truffa diventa una rivalsa di Lee verso un ambiente letterario che la ha messa ai margini, una sfida per dimostrare che il suo talento era in grado di entrare nei personaggi come Dorothy Parker o Noel Coward al punto di saper sostituirsi a loro nella stesura di lettere farlocche.
In affetti Lee  somma in sè molti aspetti che ne fanno una persona tutt'altro che facile: non solo il bere , ma anche una prepotente misoginia , un carattere irascibile e ben poco malleabile fanno di lei la prima vittima  dell'ambiente letterario nel momento in cui anche quel mondo inizia a cambiare a velocità vertiginosa col sopraggiungere del nuovo millennio: a questo punto non appare quindi una evento strano il connubio tra Lee e Jack, due personalità che stanno già diventando dei ruderi.

venerdì 15 febbraio 2019

Grass ( Hong Sangsoo , 2018 )




Grass (2018) on IMDb
Giudizio: 7.5/10


Puntuale come un orologio di altissima precisione svizzera, come avviene d’altronde da ormai 10 anni, Hong Sangsoo anche per il 2018 confeziona i suoi due lavori che vedono la luce in Festival prestigiosi ( Berlino per Grass di cui andremo a parlare e Locarno per Hotel by The River); il regista coreano ormai è uno dei punti fissi della vita cinematografica di un appassionato di cinema, capace come è ogni anno di scrivere qualche altro capitolo della sua personalissima lettura degli affanni umani terreni.
Grass è opera quasi minimalista, non solo nella forma cui immancabilmente il regista si affida da anni, ma anche nella durata essendo una pellicola che svolge il suo percorso nell’arco di poco più di una ora.


La prima impressione guardando Grass è che si sia di fronte ad un concentrato molto essenziale della cinematografia di Hong, il quale per l’occasione sfronda tutto quello che è superfluo per ridurre la scena al vero punto cruciale della sua poetica cinematografica: il tavolino, da bar o trattoria poco importa, intorno al quale si consumano le peripezie umane e dove i protagonisti trovano , pare, l’unico momento di sincerità e di apertura verso il prossimo, ovviamente ben adiuvati da una robusta dose di soju.
Grass infatti si apre e si chiude all’interno di un piccolo bar, ritrovo casuale di alcune persone che trovando l’atmosfera cordiale e il padrone (che non si vede mai) una persona affabile vi passano volentieri il proprio tempo: ecco quindi che l’opera di Hong, sempre più imperniata , a maggior ragione stavolta, su quadri fissi e zoomate, con un sonoro per nulla filtrato e con una musica, classica prevalentemente, che addirittura spesso sovrasta , diventa una carrellata di quadretti che dapprima sono tra di loro separati ma  poi, seguendo quella forza attrattiva che porta i  personaggi creati dal regista a cercare l’incontro-scontro con gli altri, tendono ad incastrarsi. Inizialmente c’è anche un testimone muto ma che annota e interpreta tutto quello che nel bar si dice salvo poi anch’essa venir coinvolta nei discorsi: è il personaggio interpretato da Kim Minhee cui Hong mette di fatto in mano le redini del film, come ben si conviene ad una musa ispiratrice quale è diventata la magnifica attrice , nonché compagna di vita del regista.

martedì 12 febbraio 2019

The Chase ( Kim Hongsun , 2017 )




The Chase (2017) on IMDb
Giudizio: 6/10

Shim è il burbero proprietario di un complesso di case popolari di Aridong, detestato per la sua avarizia e per la sua indefessa costanza nel perseguitare chi rimane indietro con i pagamenti, i suoi condomini lo vedono come il fumo agli occhi e nel quartiere la sua fama lo precede facendone il soggetto più malvoluto e odiato dalla comunità, al punto che quando dapprima un vecchio che vive solo, e poi un ex detective, Choi, muoiono in casa , il popolino non tarda a considerarlo come uno dei possibili assassini, anche se ai due si aggiunge un altro cadavere trovato in un terreno in costruzione.


Proprio Choi , poche ore prima di morire a causa di una maldestra impiccagione simulata, aveva confidato a Shim di avere trenta anni prima studiato e non risolto un caso che presentava caratteristiche simili a quanto stava accadendo in quel momento: omicidi di anziani seguiti poi dal rapimento di alcune ragazze giovani.
Inizialmente poco propenso a credere ad una simile ipotesi, Shim deve ricredersi nel momento in cui Kim una ragazza che vive in uno dei suoi appartamenti sparisce in circostanza misteriose e una sua amica viene trovata ammazzata in casa.
Ultimo tocco che completa il quadro, la comparsa di uno strambo personaggio, Park, che con Choi condusse le indagini sul caso di trenta anni prima che tante analogie ha con le morti attuali.
Da qui in poi la storia avanza in maniera ben poco lineare tra atmosfere da commedia, scalcagnato bud movie , thriller con inserti action e film sociale attento alla condizione degli anziani nella società coreana, con un finale al limite dell'iperealismo.

giovedì 7 febbraio 2019

La ballata di Buster Scruggs ( Ethan Coen , Joel Coen , 2018)




The Ballad of Buster Scruggs (2018) on IMDb
Giudizio: 6/10

Nato con l'intento di diventare una serie tv western ad episodi diretta da svariati registi, dopo varie vicissitudini, La ballata di Buster Scruggs, ritorno al western dei fratelli Coen presentato a Venezia , si è trasformato in un racconto antologico sul west imperniato su sei cortometraggi tutti diretti dai due fratelli di Minneapolis.
Se lo scopo dei registi era quello di rappresentare una idea di western , ispirandosi, così dicono, un po' allo spaghetti western e un po' ai film ad episodi della commedia all'italiana, l'operazione può dirsi riuscita sebbene con risultati non certo strabilianti.
Le sei storie sono incentrate su situazioni e personaggi che fanno parte dell'antologia western appunto, seppur con qualche licenza che risulta alla fine essere l'aspetto più positivo del film.


Il pistolero canterino ed infallibile che sa però perfettamente che il western è il western e quindi nessuno è mai al sicuro, il rapinatore sfigato che sceglie la banca sbagliata nonostante l'iconografia sia quella giusta e consolidata, due artisti di strada con tanto di fenomeno da baraccone che devono intraprendere una dura lotta per sopravvivere in una frontiera che non li apprezza, il classico cercatore d'oro con vanga e badile alla ricerca della fortuna, una giovane donna che in carovana affronta il lungo viaggio  verso occidente tra indiani, pericoli vari ed un amore nascente, ed infine non poteva mancare la diligenza con sopra addirittura due cacciatori di taglie e altri tre viaggiatori ed un cadavere diretta non si sa bene dove e che chiude in maniera enigmatica e sconclusionata il film.

domenica 3 febbraio 2019

Zama ( Lucrecia Martel , 2017 )




Zama (2017) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Zama è il quarto lungometraggio diretto dalla regista argentina Lucrecia Martel, autrice che finora ha centellinato le sue quattro opere nell'arco di sedici anni di attività; questo Zama, presentato a Venezia nel 2017, non in concorso, arriva 9 anni dopo The Headless Woman ( La mujer sin cabeza) che ha ricevuto un grosso riscontro da parte della critica.
Ispirato al romanzo omonimo scritto negli anni 50 del secolo scorso da Antonio Di Benedetto, una delle opere più importanti della letteratura argentina, Zama racconta la storia di Don Diego Zama, appunto, un ufficiale della corona spagnola di stanza in Paraguay in attesa di ricongiungersi con la famiglia in Argentina.
La scena iniziale ci mette subito di fronte a quello che sarà il mood del racconto: Zama su una spiaggia che guarda il mare all'orizzonte, come farebbe qualsiasi persona che aspetta qualcuno o qualcosa.


In effetti il film di Lucrecia Martel è, attraverso la storia tutto sommato tragicomica, quasi da romanzo di appendice di Zama, un film sull'attesa e sulla illusione : un precursore di Godot nel quale l'attesa produce illusione ed infine l'inedia della sconfitta.
Zama infatti svolge il suo lavoro di ufficiale in modo sciatto, con ben poco impegno, ha in mente solo il trasferimento, frequenta personaggi dai quali spera di poter ricevere un impulso alla sua domanda di trasferimento, osserva con crescente distacco e fastidioso disinteresse la burocrazia coloniale che gli gira intorno, persino i suoi approcci amorosi sono frustrati sul nascere, per cui alla fine all'uomo non rimane altro che sfidare se stesso e l'attesa con la crescente illusione avventurandosi in una operazione che lo farà approdare ad un finale beffardo e grottesco.
Il film della Martel, tutt'altro che semplice nonostante l'esilità della trama, presenta diversi aspetti interessanti, trattati con grande bravura dalla regista, siano essi puramente tecnici che più squisitamente narrativi.
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