venerdì 15 febbraio 2019

Grass ( Hong Sangsoo , 2018 )




Grass (2018) on IMDb
Giudizio: 7.5/10


Puntuale come un orologio di altissima precisione svizzera, come avviene d’altronde da ormai 10 anni, Hong Sangsoo anche per il 2018 confeziona i suoi due lavori che vedono la luce in Festival prestigiosi ( Berlino per Grass di cui andremo a parlare e Locarno per Hotel by The River); il regista coreano ormai è uno dei punti fissi della vita cinematografica di un appassionato di cinema, capace come è ogni anno di scrivere qualche altro capitolo della sua personalissima lettura degli affanni umani terreni.
Grass è opera quasi minimalista, non solo nella forma cui immancabilmente il regista si affida da anni, ma anche nella durata essendo una pellicola che svolge il suo percorso nell’arco di poco più di una ora.


La prima impressione guardando Grass è che si sia di fronte ad un concentrato molto essenziale della cinematografia di Hong, il quale per l’occasione sfronda tutto quello che è superfluo per ridurre la scena al vero punto cruciale della sua poetica cinematografica: il tavolino, da bar o trattoria poco importa, intorno al quale si consumano le peripezie umane e dove i protagonisti trovano , pare, l’unico momento di sincerità e di apertura verso il prossimo, ovviamente ben adiuvati da una robusta dose di soju.
Grass infatti si apre e si chiude all’interno di un piccolo bar, ritrovo casuale di alcune persone che trovando l’atmosfera cordiale e il padrone (che non si vede mai) una persona affabile vi passano volentieri il proprio tempo: ecco quindi che l’opera di Hong, sempre più imperniata , a maggior ragione stavolta, su quadri fissi e zoomate, con un sonoro per nulla filtrato e con una musica, classica prevalentemente, che addirittura spesso sovrasta , diventa una carrellata di quadretti che dapprima sono tra di loro separati ma  poi, seguendo quella forza attrattiva che porta i  personaggi creati dal regista a cercare l’incontro-scontro con gli altri, tendono ad incastrarsi. Inizialmente c’è anche un testimone muto ma che annota e interpreta tutto quello che nel bar si dice salvo poi anch’essa venir coinvolta nei discorsi: è il personaggio interpretato da Kim Minhee cui Hong mette di fatto in mano le redini del film, come ben si conviene ad una musa ispiratrice quale è diventata la magnifica attrice , nonché compagna di vita del regista.
In rapida successione vediamo il quadretto in cui due giovani parlano  di una loro amica morta di recente suicida e nel quale la ragazza esplode di rabbia accusando il ragazzo di essere la causa della morte dell’amica; passiamo poi al campo preferito da Hong, quello del cinema, con un attore in disgrazia che ha tentato, non riuscendoci , di ammazzarsi e che è rimasto senza una dimora e cerca una sistemazione con una sua amica; c’è poi lo sceneggiatore , non si capisce se più cialtrone o in crisi , che propone ad una giovane donna di scrivere un testo assieme, c’è poi una coppia in cui lui accusa pesantemente lei di esser la causa di morte con la sua relazione amorosa di uno stimato personaggio e c’è anche la nostra origliatrice e interprete, il personaggio di Kim Minhee, che mette da parte il suo computer dove annota tutto e si lancia in una polemica feroce col fratello e la sua fidanzata.
La recensione completa può essere letta su LinkinMovies.it

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