
Giudizio: 8/10
Andrea Arnold è da anni una delle voci più sensibili e coerenti del panorama cinematografico internazionale. Fin dai tempi di Red Road (2006) e Fish Tank (2009), la regista britannica ha raccontato con sguardo sincero la vita ai margini, scegliendo sempre storie di giovani donne in lotta con un contesto sociale difficile. Il suo cinema, caratterizzato da uno stile visivo ruvido e partecipato, si è sempre mosso tra il realismo più crudo e improvvisi slanci di lirismo.
Con Bird, presentato in anteprima al Festival di Cannes 2024, Andrea Arnold torna a raccontare il mondo degli ultimi, ma questa volta lo fa spingendosi ancora più in là nella ricerca di una forma narrativa libera, quasi istintiva, capace di fondere realismo sociale, favola urbana e racconto di formazione.
Il risultato è un film che mantiene la durezza del reale pur aprendosi a spazi di immaginazione e di meraviglia, costruendo una storia che ha la leggerezza di un sogno ma il peso specifico delle esistenze ferite.
Al centro del film c’è Bailey, una dodicenne cresciuta in un ambiente familiare instabile: il padre, Bug, è un eterno adolescente incapace di prendersi responsabilità, più amico che genitore, mentre la madre è assente, persa in un’altra deriva pseudosentimentale tossica con a carico altre tre figli piccoli avuti da qualcun’altro e verso cui Bailey ha però un sincero affetto e amore quasi da surrogato materno.
Quando Bug si prepara a risposarsi con una nuova compagna molto più giovane di lui, Bailey si sente tradita e smarrita. È in questo momento di crisi che la ragazza incontra Bird, una figura misteriosa, al tempo stesso reale e simbolica: un ragazzo-uccello, forse uno spirito libero, forse una creatura della sua immaginazione, sicuramente un essere bastonato anch’esso dalla vita sin dalla sua infanzia.
Attraverso l'incontro con Bird, Bailey intraprende un percorso di crescita fatto di scoperte, abbandoni, piccole rivolte e riconciliazioni interiori. Arnold costruisce la narrazione evitando la linearità tradizionale: la storia si sviluppa per accumulo di sensazioni, di piccoli eventi quotidiani, di dialoghi frammentati e immagini che evocano più di quanto raccontino esplicitamente.
Bird si iscrive nella lunga tradizione del realismo britannico, ma Andrea Arnold se ne distacca con decisione, rifiutando ogni didascalismo o giudizio: se si sente forte l’influsso di Ken Loach dal punto di vista delle atmosfere e delle ambientazioni, per certi versi però Bird richiama più alcuni tratti del cinema di Sean Baker e della sua impronta poetica.
Il contesto sociale in cui vive Bailey è quello di una working class disgregata, intrappolata in una periferia degradata e priva di futuro: case popolari fatiscenti, lavori precari, rapporti familiari sfilacciati. Tuttavia, il film non insiste sul degrado in modo compiaciuto o accusatorio. La regista mostra la povertà materiale e affettiva senza trasformarla in spettacolo, mantenendo sempre una profonda compassione per i suoi personaggi.
In questo senso, il tema della "famiglia" è centrale. Ma è una famiglia fragile, disfunzionale, in continua ridefinizione: non più un'istituzione rigida, bensì una rete instabile di relazioni, affetti spezzati e ricostruiti, errori ripetuti. Bug, interpretato con struggente verità da Barry Keoghan, incarna perfettamente questa ambiguità: è affettuoso ( a modo suo) ma irresponsabile, tenero ( sempre a modo suo) ma incapace di proteggere chi ama.
Il film si muove su un crinale sottile tra il dramma realistico e la favola contemporanea. Bird è il personaggio che introduce questa dimensione sospesa: figura eterea e sfuggente, a metà tra un ragazzo vagabondo e un'entità magica, egli incarna il desiderio di fuga e di leggerezza che Bailey prova ma non riesce a esprimere a parole. La regista non chiarisce mai del tutto la natura di Bird: è un vero outsider? Un angelo custode? Una proiezione della mente della ragazza? Un altro prodotto di una società spietata? Questa ambiguità è una delle forze del film: Arnold non cerca risposte definitive, ma suggerisce possibilità, aprendosi a un immaginario che richiama la letteratura fiabesca senza perdere il contatto con il terreno accidentato della realtà.
Il volo, la libertà, la trasformazione sono simboli ricorrenti. L'uccello — da sempre figura mitologica di passaggio, di cambiamento — diventa emblema del percorso interiore di Bailey, del suo bisogno di trovare uno spazio proprio nel mondo, di staccarsi da una condizione che sembra predeterminata.
Bird è anche e soprattutto un racconto di formazione in cui però, per fortuna, manca tutto quel corredo stilistico e di situazioni piuttosto dozzinali che si riscontra di sovente; Bailey si muove attraverso un territorio emotivo accidentato: il senso di abbandono, il desiderio di essere vista e amata, la scoperta della propria forza. Arnold riesce a raccontare questa crescita senza didascalismi o tappe forzate, non c’è un evento traumatico risolutivo, ma una lenta, faticosa, bellissima presa di coscienza, costruita con la sua forza interiore e con il suo sguardo da adolescente matura.
La protagonista, interpretata da una straordinaria esordiente (Nykiya Adams), è sempre in scena, osservata da vicino con una camera mobile, nervosa, che respira con lei. La scelta della pellicola , l’uso frequente della macchina da presa a mano, le inquadrature strette, i colori naturali, la luce spesso incerta del mattino o della sera costruiti con la consueta bravura da Robbie Ryan, fotografo di fiducia della regista, persino una colonna sonora che più brit rock non si può : tutto contribuisce a creare un senso di intimità profonda, di partecipazione emotiva allo sguardo della ragazza.
Con Bird, Andrea Arnold conferma la sua capacità unica di raccontare l’infanzia e l’adolescenza senza edulcorazioni ma con infinito rispetto. Il film è un atto di resistenza poetica: contro l’omologazione narrativa, contro il pietismo facile, contro il disincanto assoluto. È un'opera che abita gli interstizi tra il dolore e la speranza, la caduta e il sogno.
In un cinema contemporaneo spesso polarizzato tra il cinismo e la finta positività, Bird offre uno spazio raro di autenticità emotiva e libertà creativa. Andrea Arnold ci invita a guardare il mondo con gli occhi di chi ancora riesce a credere che, anche nelle periferie più dimenticate, possa esistere un varco per la bellezza, per la fuga, per il volo.
In un’intervista rilasciata durante il Festival di Cannes, Andrea Arnold ha descritto così l'essenza di Bird:
"Volevo raccontare cosa significa crescere in un mondo che ti ignora, ma anche trovare la capacità di sognare, di credere che esista qualcosa oltre quello che ti circonda.
Bird rappresenta la parte di noi che non si lascia abbattere, che continua a guardare in alto, anche quando tutto sembra troppo pesante."
Queste parole racchiudono perfettamente lo spirito del film: un'opera che osserva la fragilità senza cinismo e celebra, con delicatezza, la possibilità della resistenza emotiva e della speranza.
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