Giudizio: 8/10
"Sono solo un giardiniere che un tempo era qualcos'altro" è una delle frasi che il pacato e taciturno Narvel Roth afferma durante una conversazione; una frase all'apparenza banale ma che se sin dall'inizio riusciamo a cogliere il senso della sua opera di giardiniere assume una valenza ben diversa e profonda.
In effetti Narvel è un giardiniere formidabile che si occupa di curare con professionalità certosina e severa i giardini di una magnifica residenza del Sud degli Stati Uniti d'America appartenente ad una ricca vedova , Miss Haverhill; lo vediamo spesso seduto al tavolino con un quaderno davanti dove scrive le sue riflessioni filosofiche sulla botanica e sul ruolo dell'orticoltore e sul suo ruolo nella creazione di una sorta di armonia botanica e vitale.
Non tardiamo però a capire che Narvel era veramente qualcosa di molto diverso nel suo passato neppure troppo lontano: come un condannato a vita porta sulla sua pelle i segni grotteschi del suo passato turbolento e orribile dal quale è fuggito allontanandosi e abbracciando l'arte della botanica e del giardinaggio, scienza che impone rigore e indiscutibile aderenza alle regole.
Capiamo anche ben presto che Narvel è indissolubilmente legato alla ricca vedova, sua salvatrice e ferrea dominatrice sprezzante: un legame silenzioso, profondo , di dipendenza incrociata.
Quando la ricca vedova chiede a Narvel di accogliere nel suo staff una sua pronipote, Maya, che a malapena conosce ma che vuole tirare fuori dai guai con la droga, questi seppur con ritrosia accetta, non potendo fare diversamente: l'arrivo della giovane con le relative problematiche che si tira dietro sarà come togliere il tappo ad un vulcano silente riportando a galla un passato che Narvel tanto aveva faticato per lasciarsi alle spalle.
E' chiaro sin dalle prime immagini che scorrono sullo schermo che anche il compassato e metodico giardiniere che vediamo seduto ad uno spoglio tavolino trascrivere le sue riflessioni a metà strada tra la botanica e la filosofia è uno di quei personaggi che rientra a pieno titolo nella carrellata di protagonisti degli ultimi film di Paul Schrader: il richiamo al reverendo Toller di First Reformed e al William Tell de Il collezionista di carte , ma anche, tornando a ritroso nel tempo, al Trevis di Taxi Driver, un po' il modello primigenio dei personaggi creati dal regista -sceneggiatore americano è fin troppo chiaro e dichiarato, perchè anche Mister Gardener è plasmato sul racconto di un uomo solo , col passato ingombrante e pieno di lati oscuri che cerca di scrollarselo di dosso ma che impietosamente torna a farsi vivo quasi a ricordare al protagonista quale è stato e quale dovrà ancora essere il suo percorso interiore.
In questo caso Schrader sceglie di imperniare il racconto su un uomo piegato dal passato fatto di violenza , razzismo e di fuga , con la dolorosa separazione dalla figlia e il tentativo di ricreare intorno a sè un ambiente che nella metodicità della orticultura lo possa incanalare nel giusto cammino.
Stavolta il regista, Leone d'Oro alla carriera a Venezia dove ha presentato il film, costruisce una storia che per molti aspetti ricalca i due titoli precedenti al punto da poter quasi configurare una trilogia imperniata sull'uomo moderno e il suo passato oscuro che incombe, ma gli dona un finale con una tinta un po' più ottimistica, una rinascita alla vita raggiunta attraverso il sacrificio e la ribellione verso se stessi e verso una società che ti schiaccia in un angolo mettendo di fronte sempre il tuo passato.
Il film vive di una potenza narrativa essenziale, che scaturisce senza forzature, che si serve di alcuni personaggi che ben incarnano il loro destino ; un dramma esistenziale raccontato però con una prospettiva ampia e non racchiusa in se stessa; un film che ha forte l'impronta di Schrader che si dimostra anno dopo anno autore di grande spessore, nel quale convivono i dogmi calvinisti della colpa e del perdono, retaggi della ferrea educazione protestante del regista, e il suo sguardo quasi umanistico, interessato alla redenzione e ai percorsi per raggiungerla.
Il cast si impernia essenzialmente su Joel Edgerton che soprattutto nella glacialità e nella metodicità di Narvel regala il meglio di se stesso, in SigourneyWeaver , acida e dispotica come impone il personaggio della vedova ereditiera e Quintessa Swindell , giovane attrice alle prime prove ma già apprezzata.
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