Giudizio: 6.5/10
Il Capitano Choi è quasi una leggenda della polizia coreana: pluridecorato, adorato dai suoi collaboratori, stimato dai superiori è ormai prossimo alla agognata promozione; la sera in cui va a festeggiare con una corpulenta bevuta insieme alla sua squadra però qualcosa di inatteso si pone come un macigno sulla strada luminosa che l'attende: un taxista cerca di ucciderlo e nella colluttazione che ne segue l'uomo muore; per Choi non c'è altra scelta che rimuovere ogni traccia della sua presenza sul taxi che possa metterlo in relazione con la morte dell'uomo.
Il giorno dopo però il cadavere del taxista penzola bellamente da una gru proprio davanti la sede della polizia lasciando intendere a Choi che quello che è successo è stato tutt'altro che un tragico incidente.
Col procedere delle indagini , che Choi controlla scrupolosamente per riuscire a far fronte ad ogni sorpresa sgradevole, si fa strada in lui e nei suoi più stretti collaboratori la convinzione che l'omicidio affondi le radici in un passato lontano che prepotentemente riemerge ( e i primi fotogrammi del film lo lasciano intendere benissimo).
L'opera seconda del regista coreano Baek Woon-hak ( la prima risale però addirittura a 12 anni orsono) si poggia in maniera netta a canoni solidissimi ben consolidati nel genere thriller coreano, per certi versi sembra seguire le orme di un brillante esordio, quello di Na Hong-jin col suo The Chaser, non tanto per le tematiche quanto per la costruzione della narrazione e per quel suo procedere a serpentina che sposta sempre le prospettive attraverso false strade e colpi di scena ( qui ce ne sono almeno due , l'ultimo ovviamente clamoroso e decisivo) oltre che per uno stile asciutto, curato, che si fonda su un ritmo costante e su una suspance crescente.
Sta proprio in questo giocare come il gatto fa col topo il maggior pregio di The Chronicles of Evil, che dapprima indica un sentiero , lo percorre per poi con una inversione a 180 gradi rivolgersi in direzione diametralmente opposta mediante un processo narrativo che appare dapprima lineare per poi diventare invece ben più contorto; inoltre ,vendetta e strenua difesa di se stessi fino a rinnegare i valori che hanno distinto tutta una vita sono le tamatiche più nitide che percorrono in lungo e in largo la pellicola e la permeano della giusta, anche se spesso ovvia, drammaticità.
Se Baek non scrive certo una pagina originale nella recente amplissima pagina del thriller coreano, va detto però che mostra buone doti di regia, adattando al suo racconto situazioni , atmosfere e canoni più che consolidati, compreso quello che non manca mai di sottolineare l'incapacità , quando non la vera e propria impunità, della polizia.
A condire il tutto una storia personale che si intreccia con quella di Choi dalla quale emerge una vena a meta strada tra il dramma e il melodramma, che è poi quella che riannoda tutti i fili.
Cast di primissimo ordine per Baek che può contare su Son Hyun-joo nel ruolo del capitano Choi , Ma Dong-seok in un raro esempio di ruolo non da trucidone, Choi Daniel e Park Seo-joon.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.