Richard Linklater sorprende un po’ tutti , anche chi non appartiene alla schiera di fans fedeli come chi scrive, con Hit Man - Killer per caso, un thriller brillante che coniuga ironia e riflessione filosofica, centrato su una figura affascinante e contraddittoria e incredibilmente ispirato ad un personaggio realmente esistito.
L’opera ruota attorno a un professore di filosofia, chiamato a vestire i panni di un killer per conto della polizia, in un susseguirsi di situazioni tra il grottesco e il profondo, che pone interrogativi sull’identità e sulla mutevolezza della personalità umana.
Il protagonista, Gary Johnson, è un accademico di giorno, con una vita apparentemente fin troppo ordinaria. Appassionato di informatica, a tempo perso collabora con la polizia per problemi tecnici legati appunto alle apparecchiature informatiche.
La sua vita cambia radicalmente quando, in seguito al concatenarsi di situazioni fortuite, si ritrova coinvolto in un’operazione della polizia che lo porta a recitare il ruolo di Ron, un killer: fungere cioè da trappola per essere assoldato da gente che vuole fare fuori qualcun’altro servendosi appunto di un killer prezzolato.
Quello che comincia come una finzione di mestiere si trasforma presto in un’esperienza di auto-scoperta, che porta Gary a mettere in discussione le certezze sul suo vero Io e sul confine tra maschera e realtà; inoltre quando tra i mandanti di omicidi compare una giovane donna, Madison, stufa delle angherie del marito e decisa a farlo fuori, Gary venendo meno al suo ruolo e soprattutto innamoratosi all’istante di lei, cerca di salvarla dal gesto estremo.
La sua improvvisa ascesa nel mondo oscuro della criminalità si rivela così un viaggio interiore, un gioco delle parti in cui Gary si riscopre capace di pensare e agire in modi che mai avrebbe immaginato ed il consiglio che si può dare è quello di prestare molta attenzione a quanto Gary dice durante le sue lezioni, perché in quelle che potrebbero apparire come chiacchiere accademiche anche un po’ stantie, è nascosta la quintessenza del film.
Linklater non si limita a offrire una narrazione di genere: tramite la figura di Gary-Ron esplora la concezione freudiana della psiche, giocando con il confine tra Io e Super-Io, un dualismo che genera una identità fluida e mutevole.
Gary, nel suo ruolo da Ron- "hit man", viene spinto oltre i suoi limiti, esplorando lati di sé che nella vita ordinaria restano sopiti o repressi.
La personalità di Gary sembra strutturata in modo tale da permettergli di adattarsi a circostanze estreme e inaspettate, un adattamento che Linklater espone in maniera lucida e mai troppo drammatica, mantenendo una costante vena brillante.
Non è tanto il Gary-Ron in quanto killer a interessare il regista, quanto il Gary-filosofo che si interroga sulla natura della propria identità. La domanda al centro del film diventa: fino a che punto l’essenza individuale è definita dal contesto e dalle aspettative esterne? Gary, infatti, inizia a percepire che la sua identità non è fissa, ma una sorta di riflesso che cambia con l’ambiente. Questa consapevolezza, con la quale affronta situazioni sempre più estreme, viene esposta nel film attraverso dialoghi incalzanti e momenti quasi surreali, in cui lo spettatore è spinto a domandarsi quanto di sé possa effettivamente sfuggire a tali pressioni sociali e personali.
Il film trova un equilibrio sorprendente tra un tono leggero e momenti di introspezione, senza mai cadere nella drammaticità, miscela bene toni da commedia brillante un po’ nera, il thriller e il racconto romantico; Linklater, anche sceneggiatore coadiuvato da Glen Powell, a sua volta anche protagonista nei panni di Gary, e Skip Hollandsworth, costruisce una trama con colpi di scena intelligenti e battute sagaci, intrecciando la tensione di un thriller e la verve di una commedia.
Le riflessioni filosofiche del protagonista, lungi dal rallentare il ritmo, si inseriscono nel tessuto narrativo come una colonna portante. Regala momenti di grande cinema ( la scena tra Gary e Madison nella quale lui la avverte che sono controllati da microspie è veramente un momento portentoso del film).
La regia, a sua volta, evita ogni pesantezza, trattando la riflessione esistenziale con un tocco leggero e a tratti persino ironico, che non sminuisce il valore delle questioni sollevate.
In sintesi, Hit Man - Killer per caso si distingue come una commedia-thriller che non solo intrattiene, ma invita a riflettere sulle complessità dell'identità e della personalità, proponendo un viaggio unico nel mondo interiore del protagonista; “Appropriatevi delle identità che volete assumere” dice Gary ai suoi studenti, e la frase suona un po’ come lo slogan manifesto di questa divertente e intelligente opera di Richard Linklater
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