sabato 30 novembre 2024

Anora ( Sean Baker , 2024 )

 




Anora (2024) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Insignito non certo senza sorpresa della Palma d’Oro al Festival di Cannes , l’ultimo lavoro di Sean Baker, senza dubbio tra i cineasti indipendenti più interessanti del panorama cinematografico americano, è stato generalmente accolto con grande entusiasmo, sebbene per molti aspetti Anora risulta non essere di certo superiore alle opere precedenti del regista.
Il film vede come protagonista Anora, per gli amici Ani, una giovane che lavora come spogliarellista in un sexy bar di Brooklyn e vive con la sorella in un piccolo appartamento a Brighton Beach; la ragazza , come tutte quelle che lavorano in quell’ambiente è più che spigliata e intraprendente e non rifiuta certo le avances dei personaggi che frequentano il bar, cui lei si strofina addosso a ritmo di musica, ovviamente se adeguatamente prezzolata.
Una sera grazie alla sua conoscenza del russo che le viene dalla nonna di origini uzbeke, le viene affidato un giovanotto appena ventenne, rampollo di un oligarca russo al quale non mancano certo i dollari; quello che inizia come un normale rapporto di lavoro diventa poi un qualcosa in cui rientrano anche i sentimenti , o forse semplicemente Anora intravede la possibilità di sfuggire dallo squallore della sua vita. Ivan , il giovanotto russo è un bimbominkia versione putiniana, tutto alcol, Playstation e droga che però si lega ad Anora con la quale , dopo una settimana di follie a Las Vegas , pensa bene di convolare a nozze decise in dieci minuti, Las Vegas,si sa , ovviamente esiste per questo; peccato che i genitori appena vengono a conoscenza della cosa scatenano un putiferio sguinzagliando loschi gaglioffi incaricati di bloccare i due e di invalidare il matrimonio in attesa che raggiungano col loro jet privato New York.



Il fessacchiotto russo come scopre che i genitori stanno arrivando si da alla fuga e Anora rimane in balia dei loschi gaglioffi in attesa dello sbarco dei russi cattivi.
Sean Baker costruisce una commedia in alcuni tratti dai ritmi frenetici, ma nonostante ciò non rinuncia al suo sguardo critico sulla società americana. 
La precarietà lavorativa, il difficile equilibrio tra aspirazioni personali e le dure condizioni economiche, e le relazioni umane complicate sono tutti temi che si ripresentano con una leggerezza che, però, non nasconde l'ombra della critica sociale. 
Anora è una figura emblematica di una generazione che si arrangia, che non perde il sorriso anche di fronte alle difficoltà e che non rinuncia a sognare, pur nella consapevolezza della fragilità di questi sogni.
Questo tono da commedia leggera, quasi spensierata, domina per gran parte del film, salvo poi cambiare registro in un finale inaspettatamente drammatico. L’inaspettato picco di drammaticità, sebbene ben orchestrato, arriva un po’ come una nota stonata rispetto all’andamento generale del film, che fino a quel momento aveva optato per una narrazione più lieve e scanzonata, ma ciò tutto sommato è un qualcosa di cui Baker si avvale spesso e riesce a farlo con buona efficacia.
Rispetto a lavori come The Florida Project o Tangerine, Anora appare meno incisivo: in questi precedenti film infatti, Baker era riuscito a costruire dei mondi più solidi e coerenti, con personaggi che si stagliavano in modo netto sullo sfondo sociale ; qui invece la commedia sembra a tratti mancare di quella profondità che aveva reso le sue opere passate delle critiche taglienti alla società americana. La rappresentazione di una gioventù precaria e disillusa è efficace, ma a volte sfiora la banalità di certe situazioni, fermandosi a un livello meno complesso. 
Uno degli aspetti più convincenti di Anora è sicuramente la lunga parte centrale in cui Ani e gli scagnozzi vanno alla ricerca notturna del bimbominkia: l'ambientazione nella comunità russa di Brighton Beach, un quartiere di New York che Sean Baker dipinge con il suo tipico realismo, evidenziando le vite al margine di una città che non smette mai di pulsare. Brighton Beach, con le sue insegne al neon in cirillico, i piccoli negozi di alimentari, le strade affollate da immigrati di origine russa e ucraina, diventa lo sfondo perfetto per la storia di Anora, riflettendo quella precarietà e instabilità che il regista vuole raccontare.
Baker utilizza l’ambientazione di Brighton Beach con una sensibilità particolare, lasciando che i colori e i suoni del quartiere parlino da soli. La comunità russa diventa non solo uno sfondo, ma un vero e proprio personaggio nel film, con le sue tradizioni, le sue difficoltà economiche e le sue particolarità culturali che emergono nei piccoli gesti quotidiani, come una conversazione al bar o un incontro casuale tra le bancarelle del mercato.
Brighton Beach non è solo un luogo, ma un simbolo di tutte quelle comunità di immigrati che cercano di ricostruirsi una vita in un contesto alieno. Baker riesce a farci immergere in questo mondo senza cadere in stereotipi, raccontando con empatia le storie di coloro che vivono ai margini della società americana, ma che conservano una dignità e una forza che li rende protagonisti di una narrazione più ampia e universale.
L'ambientazione, così precisa e curata, è uno dei punti di forza del film, e contribuisce a dare profondità a una storia che altrimenti potrebbe sembrare troppo semplice o troppo leggera. È in questa attenzione ai dettagli, in questa capacità di raccontare la bellezza e la difficoltà di vite ordinarie, che si riconosce la mano di Sean Baker, anche se in Anora la critica sociale resta meno acuta rispetto ai suoi lavori precedenti.
La pellicola  di Sean Baker si inserisce a pieno titolo nel filone del cinema indipendente americano che riflette sulla fine del sogno americano, ma lo fa con uno stile che resta fedele alla visione personale del regista, senza cadere nelle facili retoriche. Baker non è interessato a narrare la caduta del mito del "sogno americano" in modo frontale o apertamente critico; al contrario, preferisce immergerci nella quotidianità di chi vive ai margini della società americana, lasciando che siano le piccole storie a parlare, spesso con una leggerezza che solo nel finale si fa più drammatica.
In Anora, il sogno americano appare ridimensionato, quasi come una vaga promessa non mantenuta, nascosta nelle vite precarie e negli sforzi di coloro che cercano di cavarsela in un mondo che sembra offrire sempre meno opportunità. Il microcosmo di Brighton Beach, con la sua comunità di immigrati russi, è emblematico: non è il luogo delle grandi speranze, ma uno spazio di resistenza quotidiana, dove si lotta per un minimo di stabilità, per un futuro che sia almeno dignitoso, se non brillante.
La protagonista, Anora, non è una sognatrice ingenua che si illude di poter sfondare; è una giovane donna che si adatta, che cerca di trovare il suo posto in un contesto difficile, che conosce i propri limiti ma intravede almeno per un breve tratto della sua vita una via di fuga insperata e che non perde la speranza, anche quando questa speranza sembra più fragile che mai. In questo senso, Baker sembra dirci che il sogno americano non è morto, ma si è trasformato in qualcosa di più concreto, di più realistico: non più un trionfo sociale ed economico, ma una battaglia per sopravvivere, per mantenere la dignità in un sistema che lascia sempre più persone indietro.
Dunque, più che una denuncia esplicita della fine del sogno americano, il film è un'analisi delle sue pieghe nascoste, di come il mito si sia ridefinito nella lotta di chi vive ai margini, dove la gioia e la fatica convivono, e dove le illusioni di una vita migliore sono sostituite dall'ostinazione nel mantenere la propria umanità. Baker, pur adottando un tono leggero per gran parte del film, non nasconde che dietro le storie di questi personaggi si cela una riflessione amara: il sogno americano, per molti, è diventato un esercizio di sopravvivenza quando va bene, non più una promessa di successo, anzi spesso la certificazione di un fallimento
Così, Anora non è un racconto disperato, né una favola edulcorata: è un film che vive delle contraddizioni della realtà americana, portando avanti quella tradizione di cinema indipendente che esplora le verità scomode con uno sguardo umano, autentico e spesso ironico, senza perdere di vista la dimensione più personale e intima delle storie che racconta.
Detto ciò , però va sottolineato come il film di Baker soffra soprattutto nella parte iniziale di qualche momento che stenta a decollare e stavolta non bastano i dialoghi serrati e lo slang cui ampiamente attinge per risollevare a pieno l’andamento della storia; nel complesso Anora è film valido, ma sembra troppo oscillare tra la commedia , a volte quasi demenziale, ed il film “impegnato” si sarebbe detto un tempo.
Sean Baker comunque conferma le sue doti in regia, la sua capacita a creare una immagine molto accattivante giocando con la paletta dei colori , con le sfumature e con le luci e regalandoci comunque un personaggio al quale non si riesce a non voler bene: il personaggio di Anora è una eroina sui generis che combatte sempre contro Golia ma che ostinatamente continua ad andare avanti, magari anche con qualche pianto irrefrenabile.
Il volto di Ani è quello di Mikey Madison che già avevamo visto al lavoro con Tarantino in C’era una volta a… Hollywood, e regala una prova quasi sbalorditiva per la forza con cui riesce a dare una anima alla figura della protagonista.

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