Giudizio: 8/10
Con Giurato Numero 2 , Clint Eastwood torna dietro la macchina da presa con l'intensità e la profondità che hanno caratterizzato il suo cinema negli ultimi decenni.
A 93 anni, il regista continua a esplorare i grandi dilemmi morali che attraversano la condizione umana, ponendo al centro della narrazione un uomo ordinario di fronte a un dilemma straordinario e crea un compendio cinematografico di questioni morali che possono presentarsi nella vita di chiunque.
Il film si concentra su Justin Kemp , un tranquillo impiegato con un passato da alcolista messo in salvo dalla amorosa moglie in attesa di avere un figlio, dopo che la precedente gravidanza si era trasformata in tragedia, che viene chiamato a far parte della giuria per un caso di omicidio all’apparenza di semplice soluzione: lui ex delinquente, beone e violento , lei trovata morta al bordo di una strada dopo una delle tante liti.
Durante il processo, Justin scopre di avere informazioni cruciali che potrebbero influenzare l'esito del caso: potrebbe essere lui stesso coinvolto, anche se indirettamente, nella morte della vittima. La storia si sviluppa, apparentemente come un legal thriller intorno alla sua lotta interiore: confessare e rischiare di distruggere la propria vita o tacere e lasciar che un altro paghi per un crimine che forse non ha commesso.
Come in molte opere di Eastwood, il film scava nel profondo della natura umana, affrontando temi come la verità, la giustizia e il senso di colpa.
Justin rappresenta un uomo comune posto di fronte a domande etiche universali: fino a che punto siamo disposti a sacrificare noi stessi per i nostri valori? Quanto possiamo convivere con un segreto che rischia di consumarci?
Accanto alla figura del protagonista si staglia quella del pubblico ministero Killebrew , una donna che cerca di conciliare la sua ambizione con la necessità di dover amministrare la legge e contribuire a fare giustizia.
La figura del protagonista si presta a un'analisi dettagliata: Kemp non è un eroe tradizionale, ma un uomo tormentato, il classico medio man , tutto famiglia e lavoro che sembra essersi lasciato alle spalle il suo problema di alcolismo, intrappolato tra la paura di perdere tutto e il desiderio di fare ciò che è giusto. La regia di Eastwood, essenziale, a tratti quasi minimalista nel suo adagiarsi al racconto, ma potente, enfatizza il suo isolamento, mediante il quale il protagonista pensa di affrontare i dilemmi morali che lo affliggono.
Il senso di colpa, tema caro a Eastwood, si intreccia qui con la tensione narrativa del processo: il regista aveva già esplorato le conseguenze delle scelte morali e il peso delle responsabilità in altri suoi lavori, tuttavia, in Giurato Numero 2 Eastwood pone una domanda ancora più radicale: quanto valore attribuiamo alla verità quando è la nostra vita a essere in gioco? E’ la giustizia da considerare come verità assoluta oppure la verità fa parte di quegli aspetti della condizione umana in cui è impossibile attendersi una unicità assoluta? In sostanza può la giustizia, intesa come entità quasi sacra, superare la verità ?
Clintwood senza essere incalzante martella lo spettatore con tutta questa serie di domande alle quali ben si guarda di dare una risposta codificata, lasciando a chi guarda trarre le conclusioni , soprattutto con una domanda che rimane sospesa e mai effettivamente espressa nel film: cosa avrebbe fatto ognuno di noi di fronte a quanto accade al protagonista?
Giurato Numero 2 si colloca perfettamente nella tradizione del cinema morale di Eastwood, che negli ultimi anni ha privilegiato racconti intimi e personali, pur affrontando questioni di ampio respiro. Se film come Gran Torino o The Mule avevano al centro protagonisti anziani che riflettevano sui propri errori, qui Eastwood adotta un approccio diverso, esplorando il conflitto interiore di un uomo giovane e apparentemente innocuo, privo di background o di eroismo.
La scelta di focalizzarsi su una storia di giustizia nel microcosmo di una giuria richiama il cinema classico, in particolare La parola ai giurati di Sidney Lumet, ma Eastwood riesce a farne qualcosa di personale, infondendo la narrazione di una gravitas che è ormai il suo marchio di fabbrica e soprattutto scrutando i giurati , ci mostra un microcosmo che è il perfetto contraltare dell’universo umano: ognuno di essi giudica il delitto avvenuto con l’ambiguità che è tipica dell’animo umano attraverso la sua educazione, cultura , etica e moralità.
La questione del sacrificio attraversa tutto il film, culminando in un finale che lascia lo spettatore con un senso di inquietudine; senza rivelare troppo, il regista evita qualsiasi facile risoluzione, restituendo una verità amara ma autentica: il prezzo della giustizia è spesso troppo alto, e il senso di colpa non si dissolve mai completamente, anche quando facciamo ciò che riteniamo giusto.
Con Giurato Numero 2, Clint Eastwood conferma ancora una volta la sua capacità di raccontare storie che mettono a nudo le complessità dell'animo umano, offrendo al contempo un film rigoroso, coinvolgente e straordinariamente vivo. Un'opera che, volgendo lo sguardo verso un intimismo sofferto e drammatico, aggiunge un tassello importante a una carriera che ha fatto del confronto con i dilemmi morali il suo tema portante.
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