Il magnifico e grande western dei fratelli Coen
La mirabolante incursione dei fratelli Coen nel mondo del western prende come modello il film del 1969, rimasto famoso più perchè fu l'unico Oscar che vinse John Wayne che per la reale qualità del lavoro, che a conti fatto non è stato certo tra i migliori western della storia.
Ecco quindi che una volta tanto la regola aurea del remake viene smentita: questo lavoro dei Coen è sicuramente di gran lunga migliore dell'originale, e scrive una pagina epica del Cinema di genere.
Indubbiamente solo un'accoppiata di siffatta classe poteva tornarci a fare respirare aria di epicità, di dramma, di strade polverose e di paesaggi brulli sterminati, in cui si sente la mano che conosciamo bene che riesce però ad incastonarsi egregiamente nel clima classico del western.
Ecco quindi che una volta tanto la regola aurea del remake viene smentita: questo lavoro dei Coen è sicuramente di gran lunga migliore dell'originale, e scrive una pagina epica del Cinema di genere.
Indubbiamente solo un'accoppiata di siffatta classe poteva tornarci a fare respirare aria di epicità, di dramma, di strade polverose e di paesaggi brulli sterminati, in cui si sente la mano che conosciamo bene che riesce però ad incastonarsi egregiamente nel clima classico del western.
La quattordicenne Mattie Ross , perde il padre ucciso per una manciata di oro dal bandito Tom Chaney; giura vendetta e per metterla in atto assolda uno sceriffo ubriacone e avviato sul viale del tramonto ma che si trascina dietro una fame di infallibile cacciatore di balordi; sulle tracce dell'uomo c'è anche Le Boeuf , un texas ranger, dai modi risoluti, intenzionato ad intascare una ricca taglia
Il terzetto, tra sparatorie e calvacate. scontri e abbandoni, intraprende la caccia dell'uomo , fino all'epilogo in classico stile western cui segue un salto di 30 anni in avanti, quando ormai i protagonisti hanno intrapreso ognuno la propria strada, con la storia che si chiude nell'immancabile cimitero.
Il film è di quelli che lasciano il segno, e in modo grandioso, probabilmente il migliore dei fratelli Coen di questo decennio, al punto che può essere inserito senz'altro tra i loro capolavori.
Se è il tema della vendetta quello che fa da traccia per tutta la storia, la grandezza del film però risiede nelle numerose sottotraccie che lo percorrono: anzitutto il saper ricreare la grandezza del western, raccontando una storia di formazione e di introduzione al mondo , sapendo mantenere tutti i capisaldi del genere (la lealtà, il codice d'onore personale, le vite vissute nella polvere e con il cielo come tetto), il costante richiamo al destino e alla volonta divina, la scoperta del mondo da parte di una ragazzina costretta a crescere in fretta e a dovere impugnare la pistola.
La vendetta qui assume il suo valore più strettamente filosofico e religioso, un moto perpetuo che non offre pace alla preda come al cacciatore, che spinge all'azione convulsa e che indirizza la volontà e i gesti.
Tutto viene reso con una drammaticità disarmante fatta di sporcizia ed abbandono, impiccagioni ed alcool, taglie da riscuotere e bare piene di cadaveri, impiccati penzolanti che fungono da merce di scambio; ma la regia dei Coen è capace di cogliere anche in questo contesto momenti di umorismo grazie a dei dialoghi bellissimi che tengono in piedi il film alla grande anche nei suoi momenti più riflessivi.
Se da un lato è Mattie la protagonista del racconto di introduzione alla vita, dall'altro la figura di Cogburn si erge a riferimento simil-paterno, scaturendone un personaggio che è la quintessenza del western, nella sua vita segnata, votata all'isolamento che si narra con la stessa leggerezza con cui racconta le proprie imprese ormai lontane ma che sono sempre a cavalcioni sulle sue spalle.
E' una regia molto controllata quella dei Coen che si limitano a far parlare le pistole, la polvere, i cadaveri, le vite dei protagonisti, ma che sa offrire anche dei momenti di poesia altissima (la scena della lunga corsa notturna fino allo sfinimento verso il finale del film) e che si affida a due attori a modo loro stupefacenti: un Jeff Bridge nel ruolo del Il Grinta, semplicemente grandioso, quasi commovente, capace con la sua presenza di far rifulgere un personaggio cui la vita sembra già avere dato ( e tolto) tutto e la magnifica tredicenne Hailee Steinfeld, in grado di reggere lo schermo come fosse una veterana.
Per fortuna che esistono due cineasti come Joel e Ethan Coen , capaci di dare corpo ancora una volta al sogno che anima il western e a regalarci un lavoro destinato a rimanere impresso nella memoria per tanto, tanto tempo.
Tutto viene reso con una drammaticità disarmante fatta di sporcizia ed abbandono, impiccagioni ed alcool, taglie da riscuotere e bare piene di cadaveri, impiccati penzolanti che fungono da merce di scambio; ma la regia dei Coen è capace di cogliere anche in questo contesto momenti di umorismo grazie a dei dialoghi bellissimi che tengono in piedi il film alla grande anche nei suoi momenti più riflessivi.
Se da un lato è Mattie la protagonista del racconto di introduzione alla vita, dall'altro la figura di Cogburn si erge a riferimento simil-paterno, scaturendone un personaggio che è la quintessenza del western, nella sua vita segnata, votata all'isolamento che si narra con la stessa leggerezza con cui racconta le proprie imprese ormai lontane ma che sono sempre a cavalcioni sulle sue spalle.
E' una regia molto controllata quella dei Coen che si limitano a far parlare le pistole, la polvere, i cadaveri, le vite dei protagonisti, ma che sa offrire anche dei momenti di poesia altissima (la scena della lunga corsa notturna fino allo sfinimento verso il finale del film) e che si affida a due attori a modo loro stupefacenti: un Jeff Bridge nel ruolo del Il Grinta, semplicemente grandioso, quasi commovente, capace con la sua presenza di far rifulgere un personaggio cui la vita sembra già avere dato ( e tolto) tutto e la magnifica tredicenne Hailee Steinfeld, in grado di reggere lo schermo come fosse una veterana.
Per fortuna che esistono due cineasti come Joel e Ethan Coen , capaci di dare corpo ancora una volta al sogno che anima il western e a regalarci un lavoro destinato a rimanere impresso nella memoria per tanto, tanto tempo.
La tua è la recensione più entusiastica che ho letto finora. La cosa non può che farmi contenta visto che mi aspetto sempre grandissime cose dai Coen. Poi se c'è anche Bridges allora sono già conquistata a priori. Non vedo l'ora di riuscire a vederlo!
RispondiEliminaVisto oggi; concordo con te , è un grande film, un po' fuori dall'ottica consueta dei Coen che hanno però saputo dare spessore ad un western dall'impronta classica dove non manca nulla: becchini, morti impiccati, spari, cavalli e cappelloni: Le due interpretazioni che citi sono da cineteca, mentre matt damon mi è sembrato un po' a disagio.
RispondiEliminaChe sia il miglior film dei Coen da molti anni a questa parte, sono d'accordo: non che ci volesse molto! ^^
RispondiEliminaChe sia un capolavoro... no! Per me non fa molti passi in avanti rispetto all'originale di Hathaway, già di per sé non eccezionale.
Ciao!
Dimenticavo: per me Matt Damon è il migliore del cast.
RispondiEliminami è piaciuto molto, però mi sembra un po' discontinuo alcune scene sono grandissime altre forse si potevano asciugare.
RispondiEliminala ragazzina e Jeff Bridges sono grandissimi, gli altri un po' meno, secondo me, come troppo ingabbiati nel loro ruolo.
La scena della cavalcata vale il prezzo del biglietto. Anch'io ho notato qualche passaggio a vuoto, però nel complesso siamo di fronte ad un grande film. Vorrei rivedermi "Non è un paese per vecchi" prima di definirlo il migliore del loro decennio ma siamo lì... bravissimo Bridges.
RispondiElimina@Alessandra: aspetto di sapere cosa ne pensi, credo non rimarrai delusa.
RispondiElimina@baobab : anche secondo me Matt Damon sembra un tantino impacciato, seppur nel complesso la sua interpretazione è buona.
@christian : beh siamo agli antipodi sulla valutazione dei Coen :) e lungi da me cercare di convincerti del contrario di ciò che pensi, ma su una cosa mi permetto di dissentire totalmente: l'originale rimane distante anni luce da questo.
@Ismaele:mah , sulla discontinuità non sono totalmente d'accordo, probabilmente si ha questa impressione perchè si mescolano svariati registri narrativi.
@Bruno : vero Bruno, anche A seriuos man è un grandissimo film, ma come quello che citi tu, credo rimanga un minimo al di sotto di questo; ne Il Grinta c'è un grande e personalissimo omaggio al genere, che lo rende , e ne sono ancora più convinto, il migliore dei fratelli Coen degli ultimi anni.
Adoro i Coen, anche se non penso che sia il loro migliore film... già si sono cimentati con il genere western, a modo loro, con "Non è un paese per vecchi" e penso che sia, in quel genere, forse migliore...ma comunque sempre forza Coen....
RispondiEliminaBello il Blog, anche io ho un sito di cinema, se ti va vienimi a trovare
Cinepolis
Il loro migliore probabilmente no, ma tra gli ultimi credo di sì, come pure Non è un paese per vecchi.
RispondiEliminaBenevuto Cinepolis, ti ringrazio e verrò con piacere a farti visita.
Credo che la forza di questo film risieda, oltre che nella straordinaria prova di Bridges, nella misura che i Coen hanno dimostrato nell'accostarsi al genere western. In questo senso sono riusciti a realizzare una pellicola personale e classica al tempo stesso. E' significativa anche la scelta di prendere le mosse da un film - l'originale del 1969 - che all'epoca aveva già un impianto vecchio e superato, mentre questo dei Coen ha dalla sua una visione molto moderna sulla fugacità del tempo.
RispondiEliminaNonostante avessero già approcciato le atmosfere da western con Non è un paese per vecchi, questo indubbiamente è un western classico come impianto, in cui però si vede benissimo in controluce l'approccio singolare che i Coen danno sempre alle loro opere (belle o brutte che siano)
RispondiEliminaL'ho davvero trovato un grandissimo film, tanto da scomodare il ricordo de Gli spietati e La morte corre sul fiume.
RispondiEliminaCaratterizzazioni perfette e finale da brivido.
La penso come te , anche se ho visto che non siamo in molti a vederla così: a mio avviso è stato sottovalutato come film nel suo complesso.
RispondiEliminaPurtroppo sì, ma io sono ben fermo sulle mie posizioni.
RispondiEliminaE' un film troppo potente per essere sottovalutato!