Giudizio: 8/10
Dopo aver diretto per quasi dieci anni solo cortometraggi e documentari, il regista serbo Ognjen Glavonic esordisce nel film di finzione con un lavoro dall'architettura scarna, ma che è capace di lasciare un segno importante: come la grandissima parte dei suoi colleghi di varie etnie riconducibili tutte alla galassia della ex Jugoslavia, anche Glavonic, quasi fosse diventato un dovere morale, affronta il tema delle guerre dei Balcani ed in particolare con The Load quella che vide contrapposta la ormai defunta ex Jugoslavia e la Serbia al Kosovo che causò anche l'impegno militare della Nato, ultimo capitolo di una tragedia che affondava le radici nella storia millenaria e spesso turbolenta di quella regione.
Il protagonista della storia è Vlada, un uomo che per mantenere la famiglia viaggia in camion dal Kosovo a Belgrado portandosi dietro un carico segreto; il lavoro nasconde chiaramente qualcosa di losco, ma Vlada rispetta le regole: niente soste, viaggio diretto attraverso strade secondarie e , alla bisogna, un lasciapassare per tirarsi fuori dai guai e soprattutto niente domande.
Ecco quindi che la macchina da presa sale in cabina con Vlade che si accinge a compiere il viaggio col suo carico segreto; nonostante le regole ferree , l'uomo darà un passaggio ad un giovane in fuga verso la Germania che dice di conoscere bene le strade che passano per le montagne e che giungono fino a Belgrado.
Alla fine della giornata Vlade avrà compiuto il suo lavoro, ma già c'è ne è un altro camion che lo attende in Kosovo, ma soprattutto, forse, la distruzione e l'orrore che lo circondano lo portano a guardare il suo lavoro in un'altra maniera.
Rimanendo fedele ad una scelta che molti registi balcanici hanno fatto nel raccontare storie di guerra, in The Load in effetti la guerra propriamente detta rimane molto sullo sfondo: il cielo illuminato dai traccianti della contraerea, grotteschi giochi pirotecnici, qualche passaggio dei jet della Nato che vanno a bombardare Belgrado, qualche esplosione in lontananza, non ci portano quindi in prima linea, ma Glavonic è bravo nel descrivere l'aspetto più intimo e devastante della guerra.
Il viaggio di Vlada col suo carico infatti si impregna delle immagini più cupe , grige, fredde di un conflitto assurdo: il cielo è sempre carico di nubi, strade e rovine immerse in pantani, scheletri di un passato neppure lontano che rimangono in piedi solo per testimoniare la follia di chi ha inseguito con pervicacia solo la guerra chiudendo le porte a qualsiasi altra soluzione, salvo dovere poi capitolare sotto i colpi della comunità internazionale.
L'incontro col giovane fuggiasco, figlio di un militare e quindi girovago di necessità nel paese sin da bambino, è anche il confronto tra una generazione che ha fatto della guerra e delle tematiche che hanno condotto al conflitto una ragione di vita e una che ha subito tutto , nel fiore degli anni.
Lo stesso confronto che Vlade ha con il figlio che lo accusa di essere poco presente e che patisce i drammi della guerra che la generazione precedente cui appartiene il padre ha perseguito con tanta tenacia, una guerra finta , un videogioco, come la chiama Vlade, in contrasto con la guerra vera che combatterono i partigiani durante la Seconda Guerra mondiale, come fece il padre, confronto questo che è senza dubbio uno dei momenti più belli di tutto il film.
Il viaggio del protagonista, in gran parte ripreso all'interno della cabina dello scalcagnato camion, è dunque soprattutto un viaggio della coscienza all'interno di un paese e di una regione ridotta allo stremo.
Alla fine per Vlade c'è anche , forse, un sussulto di coscienza, una forma di rifiuto a prestarsi a una macabra litania, un estremo tentativo di redenzione e di rivolta.
The Road è film duro, dalle atmosfere pesanti, grondanti l'angoscia che le Guerre dei Balcani hanno lasciato in eredità ai paesi coinvolti, un tentativo di voler affrontare con spirito critico e onesto un trauma che ha devastato una intera regione, attraverso il racconto del dolore e dello sgomento e non dei fatti bellici; il pessimismo che emana trova forse una breccia nel finale, sempre grazie alle nuove generazioni , ma è un processo che rischia in continuazione di essere infestato dall'odio atavico che la guerra non ha certo sradicato.
Anche The Load riesce ad essere un film che parla in maniera coinvolgente della guerra senza mostrarne nulla che non sia la distruzione morale, riprodotta attraverso le immagini piene di ruderi, distruzione, squallore con un clima dove regna sempre il grigiore e che la bravissima Tatjana Krstevski ha saputo rendere in maniera abbagliante grazie ad una fotografia efficacissima; non deve stupire quindi il gran numero di riconoscimenti che Glavonic e la sua opera hanno ottenuto in giro per i festival di mezzo mondo, soprattutto perchè la pellicola dimostra come a distanza di quasi vent'anni dalla fine delle guerre nei Balcani il tema del peso morale che ancora quel conflitto si porta dietro è ben lungi dall'essere alleggerito.
L'attore croato Leon Lucev, tra i più apprezzati di certo nella ex Jugoslavia, è straordinario nel suo personaggio dibattuto tra la necessità di tirare avanti ad ogni costo e il dare una ragione a quello cui assiste che appare in effetto solo il prodotto di una follia.
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