Giudizio: 8/10
Anche la giovane regista russa Kira Kovalenko è un altro prodotto di quella fucina di talenti che è la scuola di Aleksandr Sokurov che già aveva prodotto Kantemir Balagov, tra gli autori di punta , forse il capofila, del nuovo cinema russo , totalmente postsovietico in quanto generato da autori che non hanno conosciuto l'epoca socialista.
Come molti dei film diretti da questa nuova generazione di registi, anche Unclenching the Fists, è opera che va a scavare nel profondo dell'ex impero sovietico, mettendo in primo piano quelle che sono le profonde contraddizioni di una società che ha mantenuto usanze spesso millenarie che avevano resistito persino alla dominazione sovietica; il lavoro della Kovalenko si svolge infatti nella repubblica russa caucasica dell'Ossezia del nord, in una cittadina in declino come la sua fonte primaria di ricchezza e cioè la miniera attiva in epoca socialista, territorio che è stato inoltre, dissoltasi l'URSS, teatro di guerre e rivendicazioni etniche sanguinosissime.
In questo luogo racchiuso tra le montagne aspre e il passato comunista fatto di palazzoni in decadenza vive la giovane Ada, in una famiglia in cui manca totalmente la figura materna e che è dispoticamente governata da un padre possessivo e padrone; il fratello più piccolo vive con Ada , mentre il più grande , agli occhi della ragazza una sorta di eroe, ha lasciato la casa paterna e se ne è andato nella vicina Rostov abbracciando la vita cittadina; Ada vive le sue giornate aspettando il ritorno del fratello Akim, quasi un suo liberatore nella sua fantasia, che la affranchi un giorno dal pesante giogo paterno e le renda la libertà.
Ada però è una ragazza di animo nobile , sente comunque il legame per una famiglia seppur monca come la sua e quindi la sua speranza di fuggire altrove si scontra con l'affetto che comunque prova per il vecchio padre e per il fratello più piccolo.
Quando Akim finalmente torna a casa, Ada crede e spera che sia giunto il momento di andarsene , ma il crescente senso di ribellione che segue l'ennesimo rifiuto del padre a restituirle i documenti, la menomazione fisica che la opprime, esito di un episodio che fa chiaramente riferimento alla strage di Beslan in seguito alla quale le ferite riportate le hanno causato gravi disturbi che il padre ossessivamente si ostina a non voler risolvere attraverso un intervento chirurgico, gettano la ragazza nella disperazione e nella convinzione di essere pronta a tutto pur di lasciare una volta per tutte quella prigione che è diventata la sua casa.
Opera dal profondo senso umanistico che riesce a scavare con lucidità nella condizione di una ragazza che vive con frustrazione i suoi sogni e le sue speranze, Unclenching the Fists attraverso, il velo squarciato su una realtà lontana , dispersa in un ex impero che ha lasciato dietro a sè macerie fumanti, tratteggia con grande forza evocativa il ritratto di un personaggio che combatte la sua guerra di liberazione, contro una società patriarcale legata a vecchie abitudini, dopo che sul suo corpo è impressa la violenza che ha dominato per molto tempo le dinamiche etniche e religiose di quella terra.
Per tale motivo se da un lato l'opera seconda di Kira Kovalenko è un interessante ritratto di una società che sembra essere rimasta sospesa nel tempo e che si trascina dietro contraddizioni e problemi enormi, dall'altro lascia emergere in maniera neorealistica la figura di una protagonista eroica, paladina di una lotta titanica contro la società stessa , contro un patriarcato opprimente e un maschilismo tetro figlio di una immaturità incapace di gestire i rapporti personali.
Unclenching the Fists richiama da vicino alla memoria il bellissimo Tesnota di Kantemir Balagov, a conferma della bontà della scuola di Sokurov e del talento di questi due giovani registi russi.
Il finale dalla forte impronta metaforica, mostra una certa dose di possibilismo, quasi un incoraggiamento a seguire con tenacia le proprie ambizioni e il proprio percorso individuale a patto che si possa esser capaci di gettarsi alle spalle tutto quanto può diventare una zavorra nel raggiungimento del proprio obiettivo.
La regista russa si è avvalsa per buona parte di attori non professionisti reclutati sul posto ed ha affidato il ruolo di Ada all'esordiente Milana Aguzarova che risposto con una prova superlativa riuscendo a fondere l'esuberanza della protagonista con le sue aspirazioni frustrate e la sua ribellione.
Per quanto riguarda Kira Kovalenko, premiata per quest'opera a Cannes nella sezione parallela di Un Certain Regard, credo che non esistano dubbi sul fatto che siamo di fronte ad un'autrice di grande spessore che sa costruire il racconto con una forza e una ampiezza di vedute persino sorprendenti e che non mostra alcuna titubanza dietro la macchina da presa offrendo una prova alla regia ricca di talento.
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