Giudizio: 7.5/10
Celts, opera prima della regista serba Milica Tomović, presentata in prima mondiale alla Berlinale del 2021, riproposta in numerose altre rassegne con tanto di premi e riconoscimenti, arriva in Italia grazie al Trieste Film Festival, privilegiato ed essenziale punto di osservazione del cinema balcanico e dell'est Europa in genere.
La regista di Belgrado ci ha tenuto a far sapere che il suo voleva essere un lavoro che instillasse allegria, che divertisse , che fosse lo specchio delle generazioni in un periodo di grande difficoltà per il paese.
Il racconto è ambientato nel 1993, in piena dissoluzione della Jugoslavia percorsa da guerre interne in cui la Serbia è contrapposta alle altre repubbliche balcaniche , sprofondando in una drammatica crisi economica e di identità.
Minja compie otto anni e la famiglia gli organizza una festicciola a tema: tutti i ragazzini infatti indossano vestiti che richiamano le Tartarughe Ninja mentre i grandi (famigliari ed amici) passano il tempo in chiacchiere , bevendo e fumando.
Quello che però in superficie pare un ambiente disteso e allegro, nasconde nel profondo insoddisfazioni e tensioni latenti che piano piano vengono a galla col passare del tempo e con lo scorrere del fiume di parole che i vari personaggi gettano sul racconto.
Attraverso una commedia/dramma da camera, quasi una piece teatrale, la regista ci mostra un ritratto di famiglia che vuole essere una proiezione di una società in profonda depressione, in cerca di una via maestra da seguire nello stesso modo in cui i vari personaggi cercano di uscire dalla loro solitudine e dai loro problemi: relazioni difficili, incomprensione, incomunicabilità,insoddisfazione profonda.
In alcuni momenti effettivamente il racconto si tinge di tinte umoristiche divertite, ma al fondo della storia rimane quel senso di dramma personale e collettivo che permea le esistenze.
La scelta di ambientare gran parte del film all'interno di un appartamento alla presenza di molte persone è risultata azzardata e al tempo stesso valida: la Tomović sa muovere bene la camera da presa seppur in un ambiente che avrebbe potuto facilmente essere claustrofobico; ma nonostante le tematiche spesso conducano su lidi drammatici, l'atmosfera generale del film è ad ampio respiro pur rimanendo il ritmo del racconto non particolarmente brillante.
L'insoddisfazione e la necessità di intraprendere strade nuove è il motore trainante di Celti, ben esemplificato dalla protagonista , Marijana, la madre della ragazzina, stanca dell'indifferenza del marito, che mentre tutti ridono e scherzano durante la festa preferisce una camminata catartica nel freddo della notte, anche la piccola Minja proverà insoddisfazione e delusione per la maniera come la festa è stata condotta; ma persino coloro che contribuiscono a creare il clima ridanciano covano una insoddisfazione profonda sia essa personale, sociale o politica.
Insomma Celti è un ritratto di una società, di un piccolo frammento di una comunità, travolta dagli eventi, che reagisce all'incertezza dei tempi con paura e insoddisfazione.
Milic Tomović dirige un film con molti aspetti interessanti, mostrando una buona mano alla regia, aiutata da una fotografia molto efficace e da una sceneggiatura da lei stessa scritta che basa molto sui dialoghi , proprio come una kammerspiel classica impone.
La schiera di attori è degna di menzione perchè riescono a ben rendere i dialoghi e a trasmettere le inquietudini dei loro personaggi.
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