Giudizio: 7/10
Riportando in primo piano la rotta migratoria ignominiosamente inaugurata nel 2021 dall'accoppiata più nefasta che popola l'Europa ( leggi Lukaschenko e Putin ) con lo scopo di creare un problema al confine del puteolente ex impero russo con l'Europa, la regista polacca Agnieszka Holland, non nuova al cinema ad impronta civile, racconta la crisi umanitaria scoppiata appunto 3 anni orsono che va ad affiancarsi a quella ormai tristemente nota ed eternamente in prima pagina che deriva dalla rotta marittima che dalle coste africane conduce in Italia.
Il suo film inizia con una famiglia che fugge dalla Siria decomposta causa la presenza dell'Isis e della guerra per raggiungere l'Europa agognata attratta anche dalle infami menzogne del pagliaccio bielorusso, scagnozzo di Putin che promettevano facile ingresso in Bielorussia e successivo trasferimento in Polonia, segue poi la prospettiva di una guardia di confine, in attesa di diventare padre, che con i profughi ha a che fare tutti i giorni rendendosi protagonista , come i suoi commilitoni, dell'ignobile gioco a rimbalzo cui sono sottoposti i fuggiaschi letteralmente palleggiati con la violenza da una parte all'altra del confine; ed infine la storia viene raccontata attraverso gli occhi di una attivista di una organizzazione umanitaria che si occupa di dare aiuto ai profughi intrappolati sul confine, lanciati come pacchi da una parte all'altra del filo spinato che segna il "confine verde" del titolo, che di verde non ha nulla , bensì il colore della morte e della violenza inumana.
La scelta di raccontare il film attraverso tre prospettive vuole anche essere una occasione per interpretare quelli che sono gli aspetti emotivi dei personaggi, non risparmiando nulla ai comportamenti dei suoi connazionali polacchi sul confine che a ben vedere gareggiano alla pari coi loro dirimpettai bielorussi.
Quello che sicuramente emerge da questo racconto è che l'orrore sembra veramente non avere mai fine quando di mezzo c'è gente che scappa dalla guerra e cerca di raggiungere quella che considera la terra promessa dove però ad accoglierli c'è spesso l'indifferenza , quando va bene , o peggio delinquenti senza scrupoli quando va peggio.
Ed in effetti se possibile questa rotta terrestre, attraverso boschi e foreste nel cuore dell'Europa nasce e si sviluppa su basi, se possibile, ancora più ignobili e orribili di quella marittima a noi tristemente nota , se non altro perchè la rotta Turchia-Bielorussia -Polonia è una costruzione politica in cui i profughi vengono utilizzati per i giochetti da satrapi dei due compari: proiettili umani li abbiamo sentite definire, in una odissea fatta di violenza , di disperazione in cui ogni cosa può accadere, perchè quando si rimane inchiodati nella palude del confine riuscire a liberarsene è praticamente impossibile.
Girato in un bianco e nero che incute un senso di raggelante disagio , Green Border è opera dall'indubbia forza civile, di denuncia, di condanna che vuole mettere tutti davanti alle proprie possibilità, non tanto i due compari satrapi, chiaramente al di fuori di ogni discorso per mancanza di senso di civiltà, ma soprattutto tutti noi europei, a cominciare dai polacchi che di Holland sono connazionali, soprattutto per evitare di considerare il problema solo quando interessa le rotte che ci riguardano.
Green Border non è lavoro che nel suo complesso risulti pienamente riuscito, ha di sicuro una passione politica ed umanitaria che deriva dalla visione della regista, ha un taglio quasi da documentario in larghi tratti, sembra essere congelato nel livore che circonda il confine, quasi incapace di trasmettere un minimo di calore e si perde, in parte, in un finale che vuole essere non si capisce se provocatorio o consolatorio ( mi riferisco alla crisi umanitaria che ha colpito la Polonia con lo scoppio della guerra in Ucraina nella quale il paese della Holland ha mostrato una grande solidarietà, questa volta sì, che nel finale appunto viene evocata).
Va comunque detto che un film con una tematica simile va sempre giudicato in maniera generosa perchè affrontare un simile impegno , con le possibili conseguenze che comporta, dimostra un senso civico che fa onore e che se non altro evita che quanto accaduto cada nell'oblio delle dispute politiche da salotto.
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