venerdì 31 marzo 2017

Animali Notturni [aka Nocturnal Animals] ( Tom Ford , 2016 )




Nocturnal Animals (2016) on IMDb
Giudizio: 8/10

Dopo sette anni, sullo stesso palcoscenico prestigioso che lo lanciò in maniera clamorosa, Tom Ford torna a dirigere il suo secondo lavoro, Animali notturni, di cui è anche sceneggiatore, ispirato al romanzo di Austin Wright Tony and Susan.
Tom Ford è personaggio che travalica lo stretto orizzonte cinematografico, tutti conosciamo il suo ruolo dirompente nel mondo della moda ad esempio dove ha lavorato per le maison più famose, diventando un simbolo di eleganza e di creatività: con A Single Man prima e con Animali Notturni ora, il suo gusto per l'estetica e la cura dell'immagine si fa prepotentemente notare facendolo assurgere a personaggio di grande charme cinematografica.
Cominciamo dalla fine dunque: il rischio che Ford possa diventare , suo malgrado, una icona di quel glamour tanto caro non solo ad Hollywood ma anche in Europa è tangibilissimo, nonostante il regista nei suoi due lavori faccia di tutto per smarcarsi da questo abbraccio; speriamo dunque che Ford non diventi per i vuoti esteti dell'immagine e dell'arte quello che ad esempio è diventato Xavier Dolan per certo pubblico tendenzialmente anticonformista del cinema.


Animali notturni è comunque film notevole, ripartito in tre filoni narrativi introdotti da un prologo che sembra proprio voler essere uno schiaffo allo charme , sebbene ricco di gusto per l'estetica; non lo raccontiamo, ma meglio essere preparati, perchè la scena iniziale può essere un  autentico pugno sul muso.
La scena iniziale che fa da prologo è il contorno alla apertura di una mostra della gallerista Susan, aspirante artista negli anni passati passata dalla parte del business; la donna riceve il giorno dopo l'inaugurazione della mostra un plico contenente una bozza di un libro scritto dall'ex marito dal quale è separata da ormai più di vent'anni che le ha dedicato la sua ultima creatura dal titolo Animali Notturni, l'epiteto che lui usava per Susan. Il romanzo che diventa immagine nella lettura di Susan è una storia ricca di metafore e di riferimenti biografici alla coppia: un racconto duro, cattivo e violento dove alla fine è la vendetta il traino principale.
Infine il terzo piano narrativo è il flashback sulla storia di amore di Susan con l'ex marito, che riaffiora nella mente della donna man mano che la lettura del romanzo procede, un lungo processo di riesumazione di un tratto della vita che si concluse in maniera dolorosissima e con esso la loro storia d'amore.
Susan è una donna che non nasconde il suo malessere: la vita immersa nel lusso non le evita i problemi coniugali con l'attuale marito, lo stesso lavoro non sembra darle quella vitalità che forse lei sperava e soprattutto il ricordo del suo passato nascosto sotto uno spesso strato di gelido terreno che inizia a tornare a galla concorre aa amplificare  l'inquietudine nella donna, come potrebbe essere chiunque posto davanti ai fallimenti personali e al vuoto che lo circonda.

martedì 28 marzo 2017

The Fury of a Patient Man [aka Tarde para la ira] ( Raul Arevalo , 2016 )




The Fury of a Patient Man (2016) on IMDb
Giudizio: 6.5

La rapina finisce male: l'unico ad essere arrestato dopo un breve inseguimento è Curro, il palo e pilota dell'auto con la quale avrebbe dovuto scappare il gruppo di ladri che ha svaligiato la gioielleria.
Qualche anno dopo il breve prologo troviamo Ana, la fidanzata di Curro, prossimo ad uscire di galera ,dal quale ha avuto un figlio, che gestisce un bar insieme al fratello: intorno al locale gravitano un gruppo di abituali avventori tra i quali Josè, taciturno e schivo verso il quale però Ana non si dimostra indifferente.
Da un lato c'è quindi la donna, chiaramente insoddisfatta ed inquieta, dall'altra un bell'ombroso dai modi gentili e non certo appartenente come classe sociale a quella della periferia madrilena cui appartengono gli altri personaggi.


Fra i due scocca inevitabilmente l'incendio, proprio alla vigilia dell'uscita di Curro di galera: ma questo sarà solo l'inizio di un intreccio pericolosissimo e drammatico che dà l'impronta a tutta la seconda parte di The Fury of a Patient Man.
Opera prima del ben noto attore spagnolo Raul Arevalo che si gode da subito i riflettori della Mostra di Venezia, seppur nella rassegna collaterale Orizzonti, The Fury of a Patient Man poggia le sue basi narrative su pilastri consolidati, direi classici, da noir-thriller, sin dalle prime scene per poi affidarsi con il procedere del racconto ai canoni più classici del revenge movie, senza scostarsene mai: se da un lato ciò conferisce al film quasi un sapore antico, di altri tempi, dall'altro però ne limita molto le divagazioni tenendo lo sviluppo rigorosamente ancorato a canoni ovvii; manca forse un po' di coraggio ad Arevalo, che sa certamente ben muoversi nel genere creando atmosfere convincenti tralasciando però alcuni aspetti che avrebbe potuto sviluppare meglio grazie alla contrapposizione sociale tra tutti i personaggi e Josè.

lunedì 27 marzo 2017

Toni Erdmann [aka Vi presento Toni Erdmann] ( Maren Ade , 2016 )




Toni Erdmann (2016) on IMDb
Giudizio: 8/10

Giunta al terzo lavoro, la regista tedesca Maren Ade, già  premiata qualche anno orsono a Berlino, sforna un altro lavoro che la inserisce di diritto fra i registi europei più interessanti ed originali: Toni Erdmann,quasi unanimemente riconosciuto da critici e testate specializzate come uno tra i due-tre film migliori del 2016, è lavoro luminoso, ben diretto e che va dritto al cuore di almeno un paio di tematiche tra le più pregnanti di questo terzo millennio, rapporto genitore-figlio nella fase di maturità di entrambi e lo stile di vita che si riflette nell'intimità della persona rapportato con l'epoca sociale ed economica del momento.
Wilfried è un insegnante di musica in pensione con la passione per i travestimenti e gli scherzi che non risparmia a nessuno, compreso il malcapitato postino che suona alla sua porta, si prende cura della anziana madre davanti alla quale non si pone problemi a presentarsi truccato da zombi in occasione di una festa scolastica, sin dai primi minuti del film si capisce che l'uomo ha uno strambo modo di affrontare la vita, quasi esorcizzandola col suo essere inguaribilmente burlone.


Ines è la figlia trentacinquenne, tipica donna in carriera, che lavora per una importante società tedesca che l'ha inviata a Bucarest per mediare importanti operazioni finanziarie mediante le quali la donna spera di ottenere riconoscimenti importanti per la sua carriera.
I due si incontrano brevemente e Wilfried ,col tipico sesto senso da genitore che  ha a cuore le sorti della figlia, intuisce una silenziosa infelicità in Ines, motivo per cui decide qualche giorno dopo, in occasione del compleanno, di recarsi a Bucarest per trascorrere qualche giorno con lei.
La vita frenetica della donna però non prevede troppo spazio per il padre, e per i rapporti umani in genere, essendo tutta incentrata sul lavoro e sulle relazioni personali che fungono da substrato per una carriera di successo, a maggior ragione lo spazio per il padre è limitato dal suo essere eccentrico oltre ogni limite accettabile.
Dopo una bella serie di episodi quasi grotteschi Ines lascia intendere al padre che è meglio che se ne vada, risultando la sua presenza troppo ingombrante nella sua vita; Wilfried da parte sua ottiene la certezza di quanto sospettava: la figlia non solo è una nevrotica in overdose da lavoro ma anche profondamente infelice, una vita insomma che sta scappando dalle sue mani per entrare nel gorgo dello stress perenne, priva di ogni calore umano.
Ecco allora che l'uomo, lungi dal rinunciare a fare qualcosa per il bene della figlia, ricompare poco dopo nella sua vita , armato di parrucca, denti falsi, vestito in maniera alternativa : Toni Erdmann è il suo nome, life-coach il suo lavoro, l'ex grande tennista rumeno Ion Tiriac uno dei suoi seguaci.

venerdì 24 marzo 2017

Cherry Returns / 那年夏天你去了哪里 ( Chris Chow / 周隼 , 2016 )




Cherry Returns (2016) on IMDb
Giudizio: 5/10

In una operazione condotta dalla polizia negli squallidi sobborghi di Los Angeles vengono uccisi tre balordi drogati che si ritiene facciano parte di una organizzazione dedita al rapimento di minori; nella casa dove avviene lo scontro a fuoco con gran stupore dei poliziotti viene trovata in uno scantinato una ragazza che si ritiene possa essere la figlia di un imprenditore di Hong Kong rapita 12 anni prima e data per morta.
I genitori dopo due anni lasciarono Los Angeles e fecero ritorno ad Hong Kong, per cui grande è lo stupore nell'apprendere che la figlia che credevano morta è invece viva.
La ragazzina ormai ventenne torna a casa naturalmente stravolta dalla esperienza e di lei si prende cura soprattutto la sorella maggiore psicoterapeuta.


Quando i ricordi cominciano a tornare a galla nella mente di Cherry, i comportamenti diventano strani e misteriosi guidati dal rancore che la ragazza prova per la sorella che la maltrattava perchè la riteneva la preferita di casa e per il padre che dapprima avvisò la polizia  del rapimento causandone la presunta morte e poi tornò in patria una volta tramontate le speranze di ritrovarla viva.
Quando poi un misterioso uomo incappucciato compare nella storia e che sembra avere un qualche legame con Cherry la pellicola inizia a cambiare le prospettive inserendo nel calderone  narrativo oltre al rancore, la vendetta e l'abbandono.
Scopriamo pian piano che la famiglia di Cherry è tutt'altro che irreprensibile e la ragazza sembra essere al corrente di tutto, nonostante la separazione durata dodici anni.
Fra colpi di scena più o meno telefonati e contorsioni narrative si arriva al finale drammatico dai connotati tipicamente HKesi.

mercoledì 22 marzo 2017

Free and Easy / 轻松+愉快 ( Geng Jun / 耿军 , 2016 )




Free and Easy (2017) on IMDb
Giudizio: 8/10

Qualche posto remoto del nord della Cina: una città fantasma  carica di ruderi, macerie, residuati di un passato industriale tramontato, la neve che cerca faticosamente di coprire lo squallore; in questo scenario desolato un uomo con una valigetta avanza tra le case diroccate in cerca di qualcuno cui vendere le sue saponette dal profumo inebriante, talmente intenso da far stramazzare al suolo svenuto lo sventurato che le odora permettendo al losco venditore di ripulirlo di ogni cosa abbia in tasca.


Ma in questo strampalato quanto squallido scenario suburbano di provincia l’uomo con la valigetta non è solo: un monaco che cerca offerte per riparare il tempio andato a fuoco vendendo amuleti, un giovane che cerca la madre scomparsa da dieci anni e che recita la bibbia con un fervore religioso da autentico fanatico, una donna che affitta camere nella sua casa e il marito ossessionato dagli alberi che ha piantato per un programma di rimboschimento e che vengono trafugati, due poliziotti che passano il tempo a prendere medicine a caso e che verranno coinvolti dal misterioso caso dell’uomo con la valigetta; uno dei due sfrutta l’occasione per continuare ad importunare la donna che affitta le camere e c’è persino una vecchia che funge da esca per malintenzionati ai quali due energumeni compari danno una bella ripassata di botte , previo furto di tutto ovviamente.
Insomma una schiera di personaggi che in un modo o in un altro sono tutt’altro di quello che sembrano e che si ritrovano muoversi in una comunità dove “il più pulito ha la rogna”, una minuscola umanità che si industria con l’imbroglio e che alla fine si ritroverà come in una moderna versione di sfida all’ok corral col poliziotto tutto sommato meno rognoso a fare da giudice.

domenica 19 marzo 2017

A Decent Woman [aka Los Decentes] ( Lukas Valenta Rinner , 2016 )




A Decent Woman (2016) on IMDb
Giudizio: 5/10

Dopo aver superato una rapida selezione Belen viene assunta come domestica in una villa di un lussuoso comprensorio alla periferia di Buenos Aires: circondato da alte mura, vigilato da guardie armate, il quartiere è un insieme di case di lusso, immerso nel verde e nella quiete, lontano dal caos della metropoli.
La villa dove Belen va a lavorare è abitata da una donna dall'aspetto sofisticato, dai modi gentili ma decisi e da suo figlio, aspirante campione di tennis su cui la madre riversa tutte le sue attenzioni ed aspettative.
Sbirciando al di là della recinzione che delimita il giardino della villa ed il quartiere, Belen si accorge che in una ampia proprietà vive una comunità di nudisti, seguaci di filosofie naturalistiche.


Nonostante l'attenzione di una guardia di vigilanza che mostra interesse per lei, Belen, che appare da subito come una donna remissiva e grigia, vede nella comunità di nudisti una possibile via di fuga da una quotidianità squallida, per cui, dapprima con molto imbarazzo, e poi molto più a suo agio, inizia a frequentare quella che appare a tutti gli effetti come una moderna comune dove si parla di filosofia, si pratica il libero bisessualismo, si vive a stretto contatto con la natura e dove si respira un'aria post sessantottesca.
La comunità è abitata da persone di tutte le età che ostentano i loro copri nudi, spesso deformati dalla pinguedine o cadenti per l'età, persone che si accoppiano in un afflato di amore universale e che vivono lontano dalle dinamiche della società.
Quando uno dei membri della comune muore folgorato al contatto con la recinzione elettrificata messa a protezione dell'agglomerato di ville lussuose, il film cambia fragorosamente registro avviandosi ad un finale che sta a metà strada tra il cinema di Yorgos Lanthimos prima maniera ed il grottesco surreale.

venerdì 17 marzo 2017

Lost in White / 冰河追凶 ( Xu Wei / 徐伟 , 2016 )




Lost in White (2016) on IMDb
Giudizio: 6/10

Il debutto alla regia di Xu Wei, direttore della fotografia nell'ottimo Lethal Hostage di Cheng Er, è un thriller classico, quasi convenzionale che si avvale di tutti i clichè del genere fusi con le atmosfere che rimandano a Black Coal, Thin Ice di Diao Yinan altro lavoro cardine del thriller made in China.
Siamo in una sperduta zona delle regioni del nord est cinese, dove la neve per buona parte dell'anno nasconde tutto, il ghiaccio ricopre laghi e fiumi e riesce a tenere sepolto ogni segreto: due cadaveri vengono ritrovati sotto lo spesso strato ghiacciato che copre il lago, irriconoscibili perchè divorati dai pesci, sebbene qualche segno che possa aiutare nelle indagini sul corpo è rimasto.


A dirigere le indagini c'è il capitano Zhou, integerrimo poliziotto con la vita segnata dalla immancabile separazione dalla moglie con tanto di figlia teenager da badare;  presto gli viene affiancato un giovane poliziotto proveniente da Shanghai dove ha dato prova di coraggio senz'altro, ma anche di atteggiamenti un po' sopra le righe: anche lui ha un fardello sulle spalle, il ricordo del padre poliziotto anche lui, ammazzato da un delinquente che aveva aiutato a salvarsi è per il giovane ed esuberante Wang Hao una spinta inesauribile nello svolgere il suo lavoro che lo porta però troppo spesso ad avere atteggiamenti censurabili.
Nel villaggio dove i due cercano di scoprire la verità, sembra che nessuno sappia nulla, sebbene sia subito chiaro che gli omicidi hanno a che fare con la gente del posto.
Ed infatti il groviglio che i due scoprono con una certa facilità a dire il vero, rimanda ad un passato piuttosto remoto che coinvolge il villaggio ben più di quanto sospettassero, un passato ed un presente doloroso, carico di rancore e di odio.
Nonostante la brevità del racconto della trama appare chiaro che Xu Wei abbia voluto giocare sul sicuro: personaggi molto stereotipati ( quale poliziotto non ha una storia d'amore fallita e una figlia con cui confrontarsi aspramente oppure un debito morale verso un padre poliziotto anch'esso?), storia lineare nonostante qualche inevitabile colpo di scena che appartiene di diritto al genere, il classico e scolastico rapporto padre-figlio che si instaura tra il vecchio lupo di mare e il giovane rampante, il tema della vendetta consumata come redenzione.

martedì 14 marzo 2017

The Foolish Bird / 笨鸟 ( Huang Ji / 黄骥 , Otsuka Ryuji , 2017 )




Ben Niao (2017) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Meicheng, provincia dell’Hunan, una delle innumerevoli piccole città della sterminata provincia cinese nelle quali la modernizzazione e l’opulenza non è ancora giunta, e forse non arriverà mai; una cittadina come tante in cui il fenomeno dei “left behind child” è diventato quasi un problema sociale: ragazzini lasciati dai genitori emigrati nelle grandi metropoli a cercare fortuna che vivono coi nonni o con altri parenti in una situazione di disagio che nasce dal sentirsi esclusi dal mondo che conta.
Lynn è una di queste ragazzine, vive coi nonni , insieme ad altri cugini, frequenta senza grande profitto la scuola per prepararsi al concorso per accedere all’Università, anche se la madre vorrebbe per lei un futuro sicuro nella Polizia; la corsa all’arricchimento e al benessere materiale ha portato i genitori di Lynn verso il ricco sud in cerca di improbabile fortuna.


La ragazza ha solo un’amica , May, che frequenta un’altra scuola, ma insieme decidono di mettere in pratica un commercio di telefonini che Lynn trafuga a scuola, quel simbolo della apparente connessione col mondo che ha causato lo stupro e la morte di una ragazzina, motivo per il quale i genitori cercano di impedirne l’uso alle figlie.
Le due ragazzine coi soldi guadagnati dal commercio losco si tolgono qualche sfizio: capelli alla moda, qualche abito, ma finiscono anche nelle grinfie di chi cerca di carpire la loro fiducia.
Scomparsa May dopo una serata con un gruppo di ragazzotti in cerca di divertimento, Lynn conosce un suo compagno di scuola con cui crede di poter stringere una vera amicizia e magari anche una relazione amorosa che possa portare un minimo di luce in una esistenza dominata dall’odioso bullismo delle sue compagne di scuola che l’hanno eletta a loro bersaglio.
Lynn crede di essere incinta, la madre , tornata ad elemosinare soldi per la sua impresa, in una scena spietata, scopre che la ragazza non è più vergine, e il presunto fidanzato pensa solo ad usarla come oggetto sessuale in cambio di altri favori.

lunedì 13 marzo 2017

E' solo la fine del mondo [aka It's Only the End of the World] ( Xavier Dolan , 2016 )




It's Only the End of the World (2016) on IMDb
Giudizio: 6.5/10

Seppur ancora giovane e con sei film alle spalle, Xavier Dolan è assurto ormai in maniera definitiva a regista di moda per eccellenza: valanghe di premi provenienti dalla Croisette che, come al solito, furbescamente lo ha adottato a figlioccio adorato e non solo per affinità idiomatiche, epiteti che solitamente si riservano ai Maestri imperituri dell'Arte, grida corali al "capolavoro" per ogni lavoro sfornato, un totem cinematografico che trasforma in oro tutto ciò che riprende e che fa del suo anticonformismo una religione idolatrata in maniera trasversale da tutti.
Naturalmente il suo ultimo lavoro , forte del consueto premio rimediato a Cannes, non viene meno al clichè che circonda questo ventisettenne del Quebec: "ennesimo capolavoro" abbiamo sentito urlare a squarciagola da una buona parte della critica riguardo a E' solo la fine del Mondo, drammone tratto dalla omonima piece teatrale di Jean-Luc Lagarce.


Louis torna a casa dopo dodici anni essersene allontanato recidendo i contatti con tutti; non è un viaggio di piacere, il giovane, affermato scrittore, è malato terminale e seguendo forse più un istinto che la ragione decide di fare visita alla sua famiglia per metterli al corrente della situazione; una famiglia che però vive di grosse contrapposizioni astiose, solo in parte sopite, tra i vari membri: una madre che si trucca come un travestito, una sorella minore che praticamente Luois neppure conosce , un fratello maggiore che cova una profonda avversione verso di lui e una cognata timida e impacciata soverchiata dal marito prepotente e aggressivo.
Lungi dall'essere un momento di riunificazione, la vista di Louis diventa  il detonatore che fa esplodere tutti i rancori sopiti e le striscianti dinamiche che intercorrono nella famiglia.
Louis è il talento che ha fatto strada, lasciando dietro di sè la famiglia, abbandonandola alla sua mediocrità, umiliandola con la sua assenza e il suo silenzio; un silenzio che l'uomo protrae quasi per tutto il film, come fosse incapace di calarsi in una guerra continua senza confine.
Costruito come la più classica delle opere da camera con forte influsso teatrale, E' solo la fine del mondo è un lavoro che offre il meglio di se nella sua impalcatura strutturale; la scelta di ambientare tutto il racconto all'interno di una casa con solo una breve digressione all'esterno, impone delle scelte tecniche di ripresa che Dolan affronta indubbiamente in maniera impeccabile: piani fissi con il fuoco che si alterna sui volti dei protagonisti e scelte cromatiche e di luce che sembrano dilatare gli spazi concorrono ad una armonicità che a sua volta va a contrapporsi ad una frenesia verbale , quasi una rissa continua  che emerge in ogni dialogo.

domenica 12 marzo 2017

The Age of Shadows ( Kim Ji-woon , 2016 )




The Age of Shadows (2016) on IMDb
Giudizio: 7/10

A tre anni di distanza dall'esperienza americana di The Last Stand , Kim ji-woon torna a girare in patria portandosi dietro però in dote una robusta partecipazione hollywoodiana attraverso  la Warner Bros che ha prodotto il suo nuovo lavoro, testimonianza di un apprezzamento del mercato americano per il regista coreano, il quale da parte sua ce la mette tutta per confezionare una pellicola che rispecchia in pieno il gusto hollywoodiano: The Age of Shadows è infatti un classico blockbuster di qualità, dove ogni cosa sembra essere perfettamente al suo posto per dimostrare che l'industria coreana ha ormai raggiunto livelli qualitativi tecnici  molto vicini a quelli corrispettivi americani.
Per la prima volta inoltre il regista coreano si confronta col film storico, ambientando il suo lavoro nel periodo della occupazione giapponese della Corea, andando a infoltire la schiera di cineasti coreani che in questi ultimi mesi hanno fatto altrettanto, riportando a galla un periodo storico che per i coreani rappresenta anzitutto un marchio di vergogna nazionale.


Siamo infatti negli anni 20, il Giappone ha fatto della Corea un suo protettorato, quasi una provincia, dando seguito al suo imperialismo aggressivo coltivato fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
I ribelli coreani sono organizzati in piccoli gruppi ed uno di questi ha in cantiere il progetto di compiere un attentato contro il governatore giapponese.
La polizia coreana al soldo dei giapponesi è sulle tracce dei ribelli grazie anche ad una fitta rete di spie e all'appoggio dell'intelligence nipponica; tra i poliziotti c'è il capitano Lee, che i giapponesi cercano di utilizzare per le sue conoscenze del mondo dei ribelli.
The Age of Shadow è il racconto di una spietata lotta di spie, di doppiogiochisti e di patrioti e della  efferatezza giapponese, attraverso i due personaggi del capitano Lee e del capo dei rivoluzionari Kim e del suo gruppo.
L'inizio del film ci regala una dei momenti migliori nei quali la maestria di Kim Ji-woon trova una multidimensionale applicazione per poi procedere per la prima metà come il più classico dei film di spionaggio: appostamenti, pedinamenti, messaggi cifrati, riunioni segrete costruiscono il substrato di un racconto di stampo antico che ha nel genere della classica spy story il suo riferimento principale.
A metà circa del film , una lunga straordinaria scena che si svolge su un treno, porta all'esplosione che fa virare il film nell'action movie e nel quale inizia a prendere il sopravvento il ruolo dei personaggi.

Fai bei sogni ( Marco Bellocchio , 2016 )




Sweet Dreams (2016) on IMDb
Giudizio: 6.5/10

Tratto da uno dei romanzi di maggior successo degli ultimi anni scritto da Massimo Gramellini e dal titolo omonimo, l'ultimo lavoro di Marco Bellocchio scuote , come impone il suo ruolo di  regista decano, il panorama cinematografico italiano; d'altronde Bellocchio è a tutti gli effetti una delle voci più autorevoli, e come tale i suoi lavori non passano mai inosservati, nel bene e nel male.
Fai bei sogni è il racconto autobiografico di un giornalista ormai di successo che porta dentro di sè, condizionandone il percorso esistenziale, il peso della perdita della giovane madre, avvenuta quando aveva solo nove anni: infarto fulminante, questo è quanto riferiscono al ragazzino che forte del suo legame ancestrale con la madre non si convince facilmente della scomparsa della, arrivando fin quasi alla blasfemia nel suo rifiuto della perdita.


Dopo l'incipit che si conclude appunto con la morte e i funerali della madre, ritroviamo Massimo in pieni anni 90, giornalista passato attraverso la cronaca sportiva, la guerra nei Balcani, la cronaca a cavallo tra nera e politica che contraddistinse gli anni dell'irruzione della magistratura nella scena politica del paese; intuiamo che ancora oggi Massimo non ha pienamente superato il trauma della perdita materna, i fantasmi ancora si agitano in lui, anche se sin da bambino il fantasma per antonomasia, Belfagor, era il suo punto di riferimento e di aiuto nei momenti difficili, le crisi di panico iniziano a farsi strada nella sua vita.
Il percorso esistenziale del protagonista deve per forza passare attraverso la scoperta di una verità vera sulla morte della madre, dopo che sin da subito , ancora bambino, i dubbi si erano fatto strada in lui.
Costruito su un fitto intreccio di flashback e di salti temporali che può creare qualche problema di orientamento, Fai bei sogni è un lavoro nel quale Bellocchio torna a trattare alcuni dei suoi temi più cari come il dubbio sulla fede, il rapporto madre-figlio, il superamento della perdita , ma soprattutto il film è il racconto di un travagliato percorso personale di un personaggio a suo modo fragile che percorre i suoi tempi sempre con un carico di inquietudine e di mestizia.

sabato 11 marzo 2017

Frantz ( Francois Ozon , 2016 )




Frantz (2016) on IMDb
Giudizio: 8/10

La Grande Guerra è appena finita, in ogni angolo d'Europa, anche il più sperduto, si piangono i morti, giovani mandati a combattere una guerra di trincea che rimane ancora oggi il più sanguinoso conflitto della storia dell'umanità; il fronte francese ha prodotto morti, distruzioni e un odio strisciante tra Francia e Germania che da sconfitta ha dovuto subire la durissima e umiliante legge del vincitore.
In un piccolo villaggio tedesco Anna ogni giorno visita il cenotafio dell'amato Frantz, suo promesso sposo , morto in battaglia sul fronte francese; la giovane vive coi genitori del ragazzo che la hanno adottata come figlia, un modo per tenere accanto a sè un ricordo tangibile del figlio.


Un mazzo di rose trovato sulla tomba, la visita di uno straniero al cimitero prima e alla casa dei genitori di Frantz rinfocola il ricordo del defunto: Adrien , un giovane francese che si presenta come un amico di Frantz ai tempi della sua permanenza a Parigi, viene a raccontare , come estremo omaggio all'amico, le loro giornate parigine tra i quadri del Louvre e le feste danzanti quasi a riportare la sua immagine per una volta ancora nella sua famiglia.
L'uomo ben presto riesce a fare breccia nell'ostilità del padre di Frantz che vede in lui, in quanto francese, uno degli assassini del figlio, e nella ritrosia della ragazza: la sua presenza riesce a far rivivere il ricordo del giovane tedesco morto, alleviando il dolore.
Quando con la consueta costruzione narrativa che contraddistingue i suoi lavori, Ozon riesce a instillarci la convinzione che fra i due ragazzi ci fosse un legame che andasse oltre la semplice amicizia, tematica omosessuale sempre più o meno esplicitamente presente nei lavori del regista francese, questi con un autentico colpo di scena ribalta tutta la prospettiva così armoniosamente creata fino a quel momento, in favore di un altro dei capisaldi del suo cinema: la menzogna.
Se la menzogna, il dubbio e l'ambiguità sono sempre stati per Francois Ozon il grimaldello per compenetrare in una società borghese perbenista ed ipocrita, in Frantz, lavoro in costume e storico, diventano gli strumenti con i quali costruire un racconto fatto di pietas e di consolazione, quasi come un inganno che si costruisce lentamente per mantenere una situazione che porti a lenire le pene nascondendo la verità dolorosa.

lunedì 6 marzo 2017

Journey to the Shore ( Kurosawa Kiyoshi , 2015 )




Journey to the Shore (2015) on IMDb
Giudizio: 6.5/10

Incastonato tra la sperimentazione thrilleristica di The Seventh Code e il ritorno deciso all'horror-thriller più tipicamente personale di Creepy , Journey to the Shore, film del 2015 di Kurosawa Kiyoshi si presenta come una divagazione romantico-sentimentale sui temi cari al regista giapponese: niente salti sulla sieda o situazioni angoscianti però, piuttosto una atmosfera placida e tranquilla nella quale si muovono le storie di vivi e di morti-non-morti lungo quel labile confine che divide i due mondi e che affascina tanto Kurosawa.
Mizuki ha perso il marito da tre anni, scomparso in mare al culmine di una situazione di malessere esistenziale; una sera, di punto in bianco l'uomo, Yusuke, ricompare alla moglie, come se tornasse da un lungo viaggio; lei quasi per nulla sconvolta dalla comparsa dell'amato fantasma accetta di buon grado di fare un viaggio con Yusuke che vuole mostrarle le persone con le quali si è già incontrato lungo il viaggio di andata e ritorno compiuto.


Le persone che Yusuke torna a fare visita sembrano avere tutte qualche conto in sospeso che impedisce loro di poter finalmente raggiungere il regno dei morti: scopo del viaggio dei due è aiutarle a ritrovare la giusta strada superando sensi di colpa, rimorsi, dolore per i legami recisi; il vecchio venditore di giornale che in vita maltrattava la moglie, la donna del ristorante che rimproverava la sorellina gravemente malata, la donna che non riesce a staccarsi dal ricordo del marito morto.
Ma nel viaggio gli stessi Mizuki e Yusuke hanno qualcosa da farsi perdonare vicendevolmente in un rapporto che forse tutte rose e fiori non era.
Non è difficile capire da una sinossi seppur scarna che siamo di fronte ad un lavoro che si discosta di molto dai consueti canoni di Kurosawa: la tensione, l'angoscia e lo sgomento lasciano il posto ad un racconto dai toni pacati, tranquilli, assecondati e anzi alimentati da una ambientazione agreste, soprattutto nella seconda parte, che ben si coniuga con le atmosfere scelte dal regista; ma al di là di questo aspetto esteriore e formale, Kurosawa non rinuncia a molti dei suoi capisaldi narrativi: il vagare delle anime in cerca di una soluzione dei loro conflitti, quel mondo sospeso che si trova a cavallo tra la vita e la morte che funge da comunicazione tra chi ha lasciato la terra lasciando dietro sè lutti e dolore e chi invece non trova nella elaborazione il superamento del lutto e della perdita.
Il tono complessivo del film fa apparire il tutto meno carico di spiritualità e di riferimenti filosofico-religiosi, il continuo interagire tra anime dei morti ritornate carne e coloro che ne piangono l'assenza carichi spesso di rimorsi rimane sempre ad un livello in cui è il sentimento, quando non proprio il romanticismo, ad emergere maggiormente.

giovedì 2 marzo 2017

The Wasted Times / 罗曼蒂克消亡史 ( Cheng Er / 程耳 , 2016 )




The Wasted Times (2016) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Inizialmente previsto per la fine del 2015 , l'arrivo sugli schermi di The Wasted Times è slittato di circa un anno, apparentemente senza motivi ufficiali, anche se non è difficile pensare a problemi produttivi legati anche alla censura; sta di fatto che dopo quasi cinque anni dal bellissimo Lethal Hostage Cheng Er torna alla regia con questo film d'ambientazione storica. 
Citare il lavoro precedente  (p ossibilmente recuperarne la visione...), non è solo sterile connotato di cronaca filmografica: The Wasted Times infatti presenta molti aspetti in comune con l'opera precedente nonostante se ne discosti molto dal punto di vista strettamente narrativo.
Il racconto si dipana lungo il lasso temporale di un decennio, da metà degli anni 30 a metà anni 40 subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, dapprima ambientato a Shanghai , quindi ad Hong Kong , Chongqing per finire nelle Filippine.


Al centro della storia c'è Lu un boss di Shanghai preoccupato di conservare il suo potere sui traffici commerciali con una rigida difesa dello status quo portatore di benessere per tutti al quale i giapponesi ormai alle porte di Shanghai vanno a proporre, meglio dire a cercare di imporre, una collaborazione commerciale.
Intorno a questo personaggio ruotano come satelliti tutta una serie di personaggi legati alla sua famiglia, a quella del suo super boss, puttane e attrici, mogli infedeli e viveur, registi e mariti cornuti e un giapponese, marito della sorella di Lu , che ormai vive in Cina da molti anni e che professa la sua appartenenza a Shanghai, abiurando la sua nipponicità.
Questa galassia di personaggi si muove nel corso del decennio in cui avvengono i fatti come le schegge impazzite di un mosaico narrativamente perverso; balzi temporali frequenti che spesso ribaltano quanto avevamo dato per acquisito e prospettive diverse che danno una personale visione dei fatti raccontati ,  vanno a costruire il tessuto connettivo di una crime story più che di un thriller in cui piano piano, e con qualche difficoltà va detto, le tessere del mosaico vanno a prendere faticosamente il loro posto dopo tanto turbinio.
Accanto alla figura di Lu assume un ruolo fondamentale quella del cognato giapponese Watabe , il cui tradimento da perfetto doppiogiochista dà l'innesco ad una serie di eventi che lentamente portano al dramma profondo.
Cheng Er, sfruttando lo schema ad incastri temporali che tanto bene aveva funzionato in Lethal Hostage , anch'eeso una crime story dal sapore molto più occidentale che HKese ed orientale in genere, racconta una storia di potere, di tradimenti, di avidità , un emergere impetuoso dei lati più diabolici dei personaggi, al punto che almeno per questa pellicola la consueta retorica del "diavolo giapponese" non è per nulla preponderante: sono i diavoli interiori dei personaggi a dettare le sorti del racconto.

mercoledì 1 marzo 2017

Rey (Niles Atallah , 2017 )




Rey (2017) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Ribaltando completamente il giudizio del pubblico che lo aveva relegato agli ultimi posti come indice di gradimento, la giuria tecnica dell’ultimo Festival di Rotterdam ha incoronato  Rey , opera seconda di Niles Atallah, americano di nascita ma cileno di origini e di adozione, col Premio della Giuria; una tale profonda divaricazione di giudizio si spiega sostanzialmente nella natura del lavoro stesso di Atallah: un’opera complessa, per certi versi anche difficile nella sua ricerca sperimentale, cinema non per tutti insomma.
La storia si impernia sulla figura di Orelie-Antoine de Tounens, avvocato francese e avventuriero che nel 1860 fu proclamato ( o si autoproclamò ? ) dagli indigeni Mapuche Re della Patagonia e Araucania , riunendo sotto le insegne della sua monarchia tutto il vasto territorio dell’estremo meridionale dell’America Latina che non era stato ancora sottomesso dal potere cileno.

Il film di Niles Atallah si svolge scandito da una suddivisione in capitoli , all’interno dei quali il regista rimescola il tempo creando dei frequenti balzi temporali, tra presente e passato, memorie e sogno e passa attraverso il processo che l’uomo subì da parte delle autorità cilene, la sua condanna motivata anche dalla infermità mentale, l’esilio in Francia e i suoi tentativi di ritorno in Patagonia per riacquistare il suo potere reale.
Avvalendosi di bellissime immagini d’epoca opportunamente miscelate con immagini in vario formato ad arte ritoccate per mostrare il segno del tempo laddove non era riuscito l’espediente usato dal regista di tenere sotto terra per alcuni anni le bobine per favorirne l’usura, Rey è lavoro che affascina per la sua ostinata ricerca sperimentale nella quale trovano posto pupazzi di varia forgia, grottesche maschere che indossano i protagonisti, soprattutto durante il processo, personaggi in parte mitologici in parte addirittura da fantasy.
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