Giudizio: 8/10
Qualche posto remoto del nord della Cina: una città fantasma carica di ruderi, macerie, residuati di un passato industriale tramontato, la neve che cerca faticosamente di coprire lo squallore; in questo scenario desolato un uomo con una valigetta avanza tra le case diroccate in cerca di qualcuno cui vendere le sue saponette dal profumo inebriante, talmente intenso da far stramazzare al suolo svenuto lo sventurato che le odora permettendo al losco venditore di ripulirlo di ogni cosa abbia in tasca.
Ma in questo strampalato quanto squallido scenario suburbano di provincia l’uomo con la valigetta non è solo: un monaco che cerca offerte per riparare il tempio andato a fuoco vendendo amuleti, un giovane che cerca la madre scomparsa da dieci anni e che recita la bibbia con un fervore religioso da autentico fanatico, una donna che affitta camere nella sua casa e il marito ossessionato dagli alberi che ha piantato per un programma di rimboschimento e che vengono trafugati, due poliziotti che passano il tempo a prendere medicine a caso e che verranno coinvolti dal misterioso caso dell’uomo con la valigetta; uno dei due sfrutta l’occasione per continuare ad importunare la donna che affitta le camere e c’è persino una vecchia che funge da esca per malintenzionati ai quali due energumeni compari danno una bella ripassata di botte , previo furto di tutto ovviamente.
Insomma una schiera di personaggi che in un modo o in un altro sono tutt’altro di quello che sembrano e che si ritrovano muoversi in una comunità dove “il più pulito ha la rogna”, una minuscola umanità che si industria con l’imbroglio e che alla fine si ritroverà come in una moderna versione di sfida all’ok corral col poliziotto tutto sommato meno rognoso a fare da giudice.
Il lavoro di Geng Jun , premiato al Sundance e ricoperto di critiche entusiastiche, è in effetti un’opera che viene da quella formidabile fucina di autori indipendenti cinesi: film piccolo, girato al risparmio con attori non professionisti, che trova nella sua curiosissima ambientazione il punto forte. All’inizio , tra carrellate su ruderi e macerie, qualcuno potrebbe persino pensare al Wang Bing prima maniera, perché di ambientazione post industriale simile si tratta, ma ben presto la storia si incanala perfettamente sui binari di una dark comedy ricca di sarcasmo e di situazioni grottesche che è difficile anche elencare, basti accennare alla scena in cui il fervente cristiano cerca di convincere il monaco buddhista che la sua religione è migliore, oppure la scena nel finale nei campi che sembra uscita da un film comico di Charlie Chaplin.
La recensione completa può essere letta su LinkinMovies.it
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