Giudizio: 7.5/10
Ribaltando completamente il giudizio del pubblico che lo aveva relegato agli ultimi posti come indice di gradimento, la giuria tecnica dell’ultimo Festival di Rotterdam ha incoronato Rey , opera seconda di Niles Atallah, americano di nascita ma cileno di origini e di adozione, col Premio della Giuria; una tale profonda divaricazione di giudizio si spiega sostanzialmente nella natura del lavoro stesso di Atallah: un’opera complessa, per certi versi anche difficile nella sua ricerca sperimentale, cinema non per tutti insomma.
La storia si impernia sulla figura di Orelie-Antoine de Tounens, avvocato francese e avventuriero che nel 1860 fu proclamato ( o si autoproclamò ? ) dagli indigeni Mapuche Re della Patagonia e Araucania , riunendo sotto le insegne della sua monarchia tutto il vasto territorio dell’estremo meridionale dell’America Latina che non era stato ancora sottomesso dal potere cileno.
Il film di Niles Atallah si svolge scandito da una suddivisione in capitoli , all’interno dei quali il regista rimescola il tempo creando dei frequenti balzi temporali, tra presente e passato, memorie e sogno e passa attraverso il processo che l’uomo subì da parte delle autorità cilene, la sua condanna motivata anche dalla infermità mentale, l’esilio in Francia e i suoi tentativi di ritorno in Patagonia per riacquistare il suo potere reale.
Avvalendosi di bellissime immagini d’epoca opportunamente miscelate con immagini in vario formato ad arte ritoccate per mostrare il segno del tempo laddove non era riuscito l’espediente usato dal regista di tenere sotto terra per alcuni anni le bobine per favorirne l’usura, Rey è lavoro che affascina per la sua ostinata ricerca sperimentale nella quale trovano posto pupazzi di varia forgia, grottesche maschere che indossano i protagonisti, soprattutto durante il processo, personaggi in parte mitologici in parte addirittura da fantasy.
La genesi del lavoro stesso dimostra la caparbietà con la quale Atallah abbia voluto costruire il suo personale racconto incentrato su una figura controversa: l’idea del film infatti è venuta al regista oltre sette anni orsono, con l’intento di volere dare attraverso la gesta di de Tounens una personale lettura della Storia.
Le notizie sull’avventuriero francese sono in effetti molto scarne e quelle poche che abbiamo a disposizione divergono profondamente, quindi scrivere un racconto sulla sua figura è come immergersi nel magma del flusso storico che per definizione è costituito di verità quasi sempre parziali o addirittura di autentiche falsità.
La recensione completa può essere letta su LinkinMovies.it
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