venerdì 23 luglio 2010

La schivata ( Abdellatif Kechiche , 2003 )

*****
La vita degli adolescenti

Premiatissimo in patria, e non solo, La schivata, opera seconda di Abdel Kechiche è sicuramente film interessante  e ricco di qualità , come solo i lavori che sfidano l'ovvio possono essere.
L'occhio del regista si posa ,con approccio anche fin troppo neorealista ( come sarà poi anche con Cous cous), su un gruppo di adolescenti della periferia parigina, impegnati nella vita di tutti i giorni, evitando storie di droghe , violenze e stupri che sarebbero state di facile costruzione in un ambiente sociale simile; tutt'altro, gli adolescenti sono impegnati nella preparazione della rappresentazione teatrale di fine anno scolastico,e Kechiche ce li descrive nella loro essenza legata alle problematiche dell'età , sorvolando con classe su aspetti sociali quali l'immigrazione, l'integrazione e la delinquenza: è un compendio di slang, modi di confrontarsi, tumutli interiori, scoppi di antipatie offerti con una certa logorrea e ricchezza di primi piani.

Le tre scimmie ( Nuri Bilge Ceylan , 2008 )

*****
Quando l'immagine si disgiunge dalla narrazione

Il lavoro del regista turco Nuri Bilge Ceylan, premiato a Cannes per la miglior regia, si presenta come un film  dalla struttura nettamente dicotomica: notevolissimo nella regia e nell'aspetto visivo, assolutamente deficitario sul piano narrativo, creando un prodotto finito di non facile giudizio.
Se la bravura di Ceylan nel sapere presentare immagini  e inquadrature sublimi ne esce ulteriormente rafforzata, la sceneggiatura e il piano narrativo risultano prive di forza, quasi fastidiose a tratti, essenzialmente per la mancanza di una profondità del racconto che pure si prestava a simili esercizi.

giovedì 22 luglio 2010

Sulle mie labbra ( Jacques Audiard , 2001 )

*****
Metamorfosi e rinascita

Mescolando abilmente vari registri narrativi e generi, Jacques Audiard dirige questo lavoro, in cui viene messo in scena l'incontro di due solitudini, diverse all'apparenza ma intimamente uguali , in cerca di riscatto , che passa attraverso una iniziazione a nuove forme di esistenza: sta nella metamorfosi dei due protagonisti che avviene per un meccanismo osmotico l'aspetto più interessante.
Carla è una giovane donna sorda cui solo gli apparecchi acustici portano i rumori di un mondo dal quale spesso lei vuole estraniarsi, la sua vita è quanto di più normale e grigio possa esistere, con un lavoro   in cui sono più le vessazioni che subisce che le soddisfazioni che offre, anche in funzione del fatto che la sua capacità a leggere le parole anche a distanza non le risparmia nulla dei giudizi e dei lazzi dei suoi colleghi di lavoro. Paul è un poco di buono appena scarcerato che viene assunto come assistente di Carla cui, naturalmente, ben presto l'ambiente in cui è vissuto torna a chiedere il conto.
La diffidenza prima, l'interessato mutuo soccorso poi, porterà i due a stretto contatto, con un sottofondo di sottile attrazione inespressa.

mercoledì 21 luglio 2010

Night and fog ( Ann Hui , 2009 )

*****
Spietato dramma famigliare

Grandi riconoscimenti nello scorcio iniziale del 2010 per questo lavoro di Ann Hui : la nomination a miglior regista, miglior attore e migliore attrice all'Hong Kong Film Awards e premio per la migliore regia all'Asian Film Festival di Roma; ed in effetti è un riconoscimento meritato per la storica regista del cinema HKese, ma anche per i protagonisti, per un film che, almeno sul piano della regia  della tecnica e della interpretazione,  è senz'altro valido e bello.
E' un drammone toccante in cui si fanno strada aspetti sociali e in cui viene narrata con estrema lucidità una storia di violenza famigliare , specchio e conseguenza di una società disagiata e disumana che stenta ad accettare gli immigrati provenienti dalla Cina continentale all'ombra dei grattacieli di Hong Kong.

domenica 18 luglio 2010

Cous Cous ( Abdellatif Kechiche , 2007 )

*****
Il cous cous che unisce

Affresco franco-maghrebino del nuovo millenio che ritrae gli immigrati di seconda generazione, coloro i quali, seppur con qualche difficoltà, hanno ottenuto una certa integrazione, cercando di mantenere vivo l'impronta culturale che deriva dalle loro origini, Cous Cous è un film che ondeggia tra neorealismo e sociale, dramma e sentimento, privo però di qualsiasi ruffiano mezzuccio tendente a ingannare lo spettatore.
I protagonisti, una comunità di immigrati maghrebini che ruota intorno ad una famiglia allargata numerosa, sono personaggi ben disegnati, che vomitano, quasi tutti, fiumi di parole (raro esempio di film inguardabile sottotitolato) ma che si stagliano con limpida chiarezza nel marasma dei problemi , grandi e piccoli, che li affliggono.
La storia ruota intorno alla figura di Beiji, sessantenne capofamiglia in disarmo sul lavoro e nella vita privata: al cantiere navale presso Marsiglia non c'è più posto per lui, la globalizzazione avanza e lui, ormai francese ,è manodopera troppo cara, meglio affidarsi ad extracomunitari dalle poche pretese; vive nell'albergo della sua compagna , dopo avere abbandonato la moglie e i figli , cui però continua a fare visita regolarmente.

Life show ( Huo Jianqi , 2002 )


*****
Lo spettacolo della vita di tutti i giorni

Lo spettacolo della vita che Huo Jianqi intende raccontare in questa pellicola è quello di Lai, una giovane donna che gestisce un ristorante nel mercato notturno di Chongqing, ultimo baluardo di una una tradizione che il nuovo che avanza, fatto di grattaceli e specchi, tenta di spazzare via. Si allontana quindi il regista dalle zone rurali e montagnose magnificamente descritte in  Postmen in the mountains , per gettare comunque il suo sguardo attento e descrittivo sulla realtà cinese in precario equilibrio tra tradizione e modernità, presente anche in una grande città.
Il ritratto che Huo ci disegna della donna, sposandone a pieno l'esistenza e descrivendola nel suo divenire, è di quelli che rimangono impressi a lungo, vuoi per la bellezza e la bravura di Tao Hong, vuoi per il  forte spirito di indipendenza e di padronanza della propria vita che la donna emana.

Premio Dardos



Monsier Verdoux , iosif e francesco , mi hanno gentilmente nominato per il Premio Dardos , moderna estrapolazione telematica delle Catene cartacee di un tempo. Li ringrazio e mi sottopongo alle regole , citando il breve regolamento:

"Il premio DARDOS viene assegnato dai bloggers a quei blog meritevoli per i contenuti di carattere culturale, etico e/o letterario.
è previsto un semplice regolamento. Chi viene nominato negli elenchi è invitato a:
1) accettare e comunicare il regolamento, visualizzando il logo del premio;
2) linkare il blog che ti ha premiato;
3) premiare altri 15 blog meritevoli (compreso quello che vi ha premiati, se volete), avvisandoli del premio."

Ammetto la mia difficoltà a raggiungere la fatidica quota di 15 , per il semplice motivo che la mia partecipazione è fortemente fidelizzata a non molti blog, per cui vado ad elencare in ordine assolutamente casuale.


Credo sia tutto , grazie

Be with me ( Eric Khoo , 2005 )

*****
Storie sull'amore

E' un ermetico film sull'amore Be with me che tanto successo riscosse a Cannes alla sua presentazione: una storia che tratta di amore in modo molto singolare, in cui forte aleggia lo spirito di Tsai, non solo per i dialoghi ridotti all'osso, ma anche per la capacità di presentare immagini molto vere di vita quotidiana.
Tutta la pellicola ruota intorno alla storia di Theresa Chan, che ha contribuito anche alla sceneggiatura del film, una sorta di autobiografia senza alcuna nota di cronaca in cui la donna racconta della sua vita da cieca e sorda e che soprattutto si erge ad inno sull'amore per la vita; è la traccia più forte e quella più riuscita, alla quale si affiancano, quasi per caso e comunque disgiunte, almeno fin quasi alla vita, altre tre storie che narrano l'amore sotto angolature diverse: quello impossibile, quasi idealizzato, del ciccione addetto alla sicurezza per Miss Ann, bellissima donna ignara di tutto, quella tormentata e tragica di Jackie e Sam, due ragazze poco più che adolescenti ,che sa essere carica di drammaticità come solo le storie tra giovanissimi sanno essere, ed infine l'amore di un vecchio negoziante per la moglie morta che continua a vivere nello struggente ricordo.

giovedì 15 luglio 2010

Beyond our Ken ( Pang HoCheung , 2004 )

*****
La infelice malvagità delle donne

Diavolo d' un Pang ! verrebbe da esclamare dopo aver visto questo Beyond our Ken, in cui con indubbie capacaità narrative riesce a ribaltare una storia adolescenziale stile Muccino , in un film dal sapore caustico e beffardo, autentico prodromo di quell'Exodus che qualche anno dopo stupirà per la sua forte blasfemia misogina.
Sulla presunta misoginia del regista, da più parti invocata, ci sarebbe da scrivere per giorni interi;sta di fatto che questa pellicola esplora un universo tipicamente femminile dall'inizio alla fine con un occhio sottilmente sarcastico incorniciato da un ghigno divertito che Pang mostra spesso nei suoi lavori.
Tipico trinagolo amoroso post adolescenziale con la lei tradita e abbandonato, lui bieco conquistatore di femmine e altra lei pronta a salire sul carro appena mollata la precedente. Sofferenza a non finire, ricordi struggenti e infelicità infinita , fino alla costruzione ragionata della vendetta  nel momento in cui Ching (l'abbandonata) non scopre sue foto nude in rete scattate da Ken (il moderno Casanova). Quale migliore strategia se non quella di attrarre Shirley ( la nuova fidanzata) nella rete mostrando il lato nefasto del giovanotto?

Triangle ( Tsui Hark , Ringo Lam , Johnnie To , 2007 )

*****
Geni all'opera nell'esercizio stilistico

Operazione geniale e arditissima: tre leggende viventi del cinema made in Hong Kong impegnate in una staffetta cinematografica intorno ad unica storia, ognuno coi suoi sceneggiatori; il genio di Tsui Hark , Ringo Lam e Johnnie To votato alla causa dell'arte filmica in una stimolante pellicola che rifulge di fascino.
Naturalmente l'organicità del film non può non risentirne, troppo diversa è l'impronta che i tre danno al proprio segmento, ma al contempo è questo l'aspetto che affascina maggiormente: la ricerca dello stile come imrponta indelebile, un film da marchiare col proprio credo cinematografico.
Tsui Hark apre la storia con i fenomenali primi cinque minuti che srotolano sul tavolo le matasse da riannodare e rimettere al proprio posto: una scena buia , visi appena visibili, pioggia che scroscia all'esterno del bar dove tre squattrinati sull'orlo della bancarotta cercano una via d'uscita alla loro condizione, un misterioso personaggio che lascia in pegno uno strano oggetto , prova del suo architettato piano.

martedì 13 luglio 2010

Le vite degli altri ( Florian Henckel Von Donnersmarck , 2006 )

*****
La rivincita di un uomo grigio

Siamo a metà degli anni '80, nella Germania Est di Eric Honecker, in cui la famigerata Stasi ha occhi e orecchie dappertutto e condiziona la vita e le esistenze di milioni di persone; in questo cupo scenario, che sembra distante anni luce ma che ha resistito fino a poco più di 20 anni orsono, Florian Henckel Von Donnersmarck, troppo giovane all'epoca per poter raccontare esperienze proprie, mette in scena con grande equilibrio e notevole forza narrativa questa opera prima, atipica spy story che vuole anzitutto essere uno squarcio sul velo della guerra fredda visto dalla parte di chi ha scommesso sulla sua vita, quella di tutti i giorni fatta di lavoro, affetti e amicizie. Quindi niente doppiogiochisti truci nei loro cappotti e con gli occhialoni e niente propaganda politica fine a se stessa, la storia è prima di tutto un racconto di come la protervia del potere era in grado di condizionare, fino a violentarle, le vite di persone qualsiasi.

lunedì 12 luglio 2010

Maborosi ( Hirokazu Koreeda , 1995 )

*****
L'esordio di Koreeda

Risale a 15 anni fa l'opera prima di Hirokazu Koreeda, un film che impone da subito il marchio di fabbrica del grande regista giapponese.
A ben leggerlo, seppur in un forma molto essenziale e stringata, contiene gli aspetti dominanti del suo cinema, ricco di una vastissima umanità e di una ampiezza di respiro quasi uniche.
Trama stringatissima: Yumiko e Ikuo vivono la loro giovane vita da sposati, con un figlio in fasce, in maniera spensierata, quasi fanciullesca, fino a quando, fulmine a ciel sereno, Ikuo muore travolto da un treno in quello che sembra un suicidio.
Anni dopoYumiko troverà un altro marito, anche lui vedovo e si trasferisce da Osaka, ma il ricordo di Ikuo continua ad essere presente e soprattutto l'assoluta incapacità di capire il motivo che lo ha spinto al gesto la assilla.

Rainbow eyes ( Yang Yun-ho , 2007 )

*****
Crimini, videoclip e amori sofferti

Un avvio che sembra niente altro che una versione cinematografica asiatica dei numerosi CIS che girano per le tv di tutto il mondo, con tanto di flashback, immagini sepolte nella memoria pronte a tornare a galla se stimolate, ritmi visivi da videoclip con frenesia il più delle volte fuori luogo, costituisce il corpo iniziale di questo thriller coreano, prima di scivolare in una seconda parte più strutturata a livello cinematografico, con tanto di colpi di scena ripetuti e un filo conduttore che indaga su rapporti amorosi difficili, travagliati e tragici in cui l'attivtà professionale si fonde con la vita privata intima conducendo, inevitabilmente, a conclusioni estreme.
Gli ispettori di polizia Cho Kyung-yon e Park Eun-joo , coppia affiatatissima in cui si insinua anche subdolamente il sentimento nascosto, indagano su una serie di efferati crimini che sembrano condurre ad un gruppo di ex commilitoni dell'esercito coreano, ora impegnati in attività imprenditoriali di palestre e night club ( e doveroso contorno).

sabato 10 luglio 2010

M ( Ryuichi Hiroki , 2006 )

*****
Esistenze fragili e un po' di confusione

Ryuichi Hiroki è  considerato unanimemente uno dei registi giapponesi più bravi e  interessanti , narratore di storie umane spesso al limite, con personaggi che portano alla ribalta disagi diffusi. Anche M , film del 2006, si iscrive a pieno titolo nella lista dei film del regista che scrutano e sviscerano situazioni che trovano origine in quello che una volta si definiva il "male di vivere".
In questo lavoro è una famiglia all'apparenza come tante, coniugi giovani e marmocchietto annesso, a finire sotto la lente di ingrandimento di Hiroki: ben presto si capisce che quella che sembra una situazione famigliare molto borghese e molto normale, altro non è che è un covo di malesseri, solitudini e disperazioni; la moglie , apperentemente solo per noia della routine, si lancia nel mondo delle chat per incontri sessuali e finisce tra le braccia di un yakuza-pappone, il marito ben presto scopre la cosa ma tace, mostrando l'assoluta incomunicabilità che regna nel microcosmo. In questo contesto si inserisce quasi come un transfert la storia di un giovanotto che porta con se un'altra gerla bella piena zeppa di traumi infantili e di solitudine e che decide di assurgere a salvatore della donna dalle vessazioni del malvivente.

domenica 4 luglio 2010

Mine vaganti ( Ferzan Ozpetek , 2010 )

*****
Luoghi comuni già visti

Micidiale miscuglio di registri narrativi che vanno dalla commedia brillante a quella umoristica (magari...) dal sentimental-nazionale al pedagogico, l'ultimo film del regista italo-turco , pur non raggiungendo i raccapriccianti livelli degli ultimi lavori, rimane confinato nell'ambito che ormai è proprio di Ozpetek: i tempi de Le fate ignoranti, lavoro che aveva almeno una certa qual forza vitale, sono sempre più lontani, ma le tematiche nelle quali il regista continua a impelagarsi son sempre le stesse.
E dire che con questo film, che comunque qualche barlume di buono lo possiede, il cambio di registro voleva essere netto: ma le ceneri della commedia all'italiana son difficili da riesumare e non basta infarcire la storia di luoghi comuni e macchiette varie per farne una pellicola valida.

sabato 3 luglio 2010

Il canto di Paloma ( Claudia Llosa , 2009 )

*****
Il latte contaminato dalla paura

Premiato a Berlino con l'Orso d'oro, il lavoro della giovane regista peruviana ( titolo originale "La teta asustada" , ovviamente orribilmente e liberamente tradotto in italiano) ci regala il ritratto di una giovane dai contorni intrisi di dramma e di paura e di uno spicchio di società peruviana pittoresca  su cui la regista forse calca fin troppo la mano.
Fausta assiste la madre morente, una delle tante marchiate dal dramma e dallo scontro tra guerriglieri e potere centrale: infatti , incinta di Fausta, subì lo stupro e la morte del marito e, come vuole leggenda e la tradizione, trasmise la sua paura alla nascitura col proprio latte (da qui il titolo originale); poco prima di morire la vecchia madre cantilenando ci getta nel ricordo della tragedia subita  e la figlia sembra avere appreso appieno la maniera di comunicare col canto.

Il caso Mattei ( Francesco Rosi , 1972 )

*****
Rivisitazioni cinematografiche
Il potere che lotta contro il potere


Prototipo del Cinema-inchiesta, filone ormai abbandonato da anni in Italia e mai sufficientemente rimpianto, Il caso Mattei di Francesco Rosi esplora con la forza di un documentario realistico e con la grandezza di cui il regista è capace uno dei primi grandi misteri di cui la storia italica è cronicamente percorsa.
Il film , dal taglio polimorfo, documento-inchiesta-cronaca, fu girato 10 anni dopo l'episodio misterioso (ma poi non tanto ) del 1962 che portò alla morte del presidente dell'ENI, quando orami era chiaro, nonostante la disinformazione e le deviazioni di rito, che non di incidente si trattò bensi di sabotaggio, ad opera, come sempre, di personaggi non noti ma facilmente identificabili in quell'ambito di potere che le scelte gestionali di Mattei mettevano seriamente in pericolo.
Rosi affronta il problema di petto, come ha sempre fatto, raccogliendo documenti (l'intervista con Parri ad esempio), mostrando se stesso intento nelle indagini personali finalizzate alla stesura del copione del film, ma soprattutto descrive con grande precisione, senza suggestioni di parte, quella che è stata la storia personale di uno dei personaggi più importanti e controversi della vita italiana del dopoguerra. Il ritratto di Mattei è lucidissimo, rivolto essenzialmente al suo ruolo manageriale e politico, che ne fa uno degli antesignani dei gestori del potere economico del paese.

venerdì 2 luglio 2010

Female ( Tetsuo Shinoara,Ryuichi Hiroki,Matsuo Suzuki,Miwa Nishikawa,Shinya Tsukamoto , 2005)

*****
Il mondo erotico femminile

Cinque corti tenuti insieme dall'universo erotico femminile, tutti diretti da registi giapponesi che , ognuno a modo loro, hanno voluto omaggiare l'erotismo femminile negli aspetti più vari.
Operazioni simili raramente portano a risultati eccelsi, e anche questo lavoro non sfugge alla regola, sebbene tra gli autori vi siano alcuni tra i più validi cineasti nipponici.
Indubbiamente il diverso angolo di veduta fa del film comunque un lavoro interessante , sia nella sua forma stilistica che in quella sostanziale, ma forse la brevità dei vari segmenti influisce in maniera importante sulla perfetta riuscita.
Peaches di Tetsuo Shinohara narra di Atsuko, giovane trapiantata a Tokyo che torna nella sua città natale per un funerale; il ritorno e l'incontro con gli ex compagni di scuola scatenerà in lei una valanga di ricordi legata alla sua relazione con l'insegnante avuta quando aveva 14 anni; costante fissa di tutta la storia sono le pesche: quelle che splendidamente pendono dagli alberi del frutteto che lei attraversa per recarsi dall'amante, quelle usate come oggetto sessuale di piacere, da spalmare e da succhiare sui corpi nudi. quelle da addentare e da assaporare nel ricordo dell'amore adolescenziale. Le frequenti scene di sesso sono presentate con delicata passione e tutto il film , persino i colori e le luci, sembrano scaturire da un pescheto. La pesca come simulacro di un ricordo lontano ma ancora vivido, emblema di una giovinezza passata che si tira dietro ricordi e lacrime.

giovedì 1 luglio 2010

Kynodontas ( Yorgos Lanthimos , 2009 )

*****
L'agghiacciante vuoto bianco


Premiato a Cannes nel 2009 nella sezione "Un certain regard" , questo film greco è di quelli destinati a far discutere e pensare molto, tante sono le possibili chiavi di lettura alle quali può essere sottoposto.
Sicuramente però si tratta di pellicola che non passa inosservata e che non produce sentimenti a mezza strada: comunque lo si voglia leggere rimane un film che colpisce con estrema forza, la stessa che è capace di suscitare un Haneke , ad esempio, primo paradigma venuto in mente durante la visione del film.
La grande villa immersa nel verde e con piscina ha le pareti bianche in ogni stanza, una siepe altissima e una palizzata la nascondono dall'esterno bruciato dal sole e desolato: qui vivono come reclusi i 3 figli (un maschio e due femmine, senza nome e senza età, intuiamo all'incirca ventenni) di una coppia attempata che ha deciso di riservare loro una vita isolata, protetta e lontana del mondo , in un microcosmo dove tutto è arbitrario e nulla oggettivo, dove l'annichilimento è legge e il cervello è privo di ogni capacità cognitiva.

Nuan ( Huo Jianqi , 2003 )

*****
Il ritorno al passato

Pur non raggiungendo gli eccellenti livelli di Postmen in the mountains, il regista cinese Huo Jianqi, dirige un altro lavoro  che trova nell'ambientazione rurale e nella pacatezza del racconto i suoi punti di forza.
Huo dimostra sempre una grandissima vena poetica quando si tratta di dare voci ai sentimenti e ai legami col proprio passato e le proprie radici e in Nuan sceglie un racconto tutt'altro che originale, che tratta , è vero tematiche anche piuttosto abusate, ma con uno stile e una bravura tecnica che rendono comunque la visione del film assolutamente consigliata.
L'ambientazione rurale è la stessa di Postmen in the mountains: vita contadina descritta con grande cura e libera da eccessi sociologici, spazi amplissimi splendidamente  fotografati , lavoro e fatica che divengono sinonimi, e in lontananza l'anelito alla fuga in città, in un ambiente che liberi dal giogo dell'ignoranza.
Condividi