
Giudizio: 8.5/10
Per la presentazione del suo quarto lungometraggio Alice Rohrwacher torna a scegliere il Festival di Cannes che già nelle due precedenti occasioni l'aveva omaggiata con prestigiosi riconoscimenti; con La chimera questa volta la regista non porta a casa alcun premio , così come avviene , in maniera inconcepibile a dire il vero, con i David di Donatello dove a fronte delle numerose nomination non si è riusciti a trovare il modo di premiare quello che sicuramente a conti fatti rimane di gran lunga uno tra i migliori film italiani dell'anno.
Per La chimera rimane comunque l'ottimo giudizio espresso dalla critica, i riconoscimenti ricevuti in altri festival e anche il tutto sommato soddisfacente dato del botteghino.
Siamo, deduttivamente, negli anni 80, in quel territorio tra l'alto Lazio e la bassa Toscana dove crebbe e si fortificò la civiltà etrusca: la storia inizia con un frammento quasi onirico che però alla fine avrà il suo senso profondo nel contesto del racconto, un filo rosso ,letteralmente, che ci aiuterà (forse) a comprendere la vicenda di Arthur, misterioso giovane britannico, piombato in Maremma non si capisce come e da dove, che vediamo tornare a casa dopo essersi fatto un po' di galera essendo stato preso a trafugare tombe etrusche.
Arthur, quasi un Brancaleone dell'archeologia, che vive nella sua baracca di lamiere e legno, è dotato di una capacità ai limiti del soprannaturale, una chimera, come dicono i suoi compari compagni di merende: riesce a individuare, rabdomante sui generis, il vuoto sotto i suoi piedi e quindi le tombe etrusche che pullulano in quella zona, antico retaggio di una civiltà che fece del culto dei morti uno dei punti più alti della sua organizzazione civile e religiosa.
Ben si capisce quindi come il giovane dinoccolato, taciturno, burbero, sia un grimaldello importante per la masnada di bifolchi in cerca di tesori de depredare e rivendere al miglior offerente.
Ma Arthur , che ha pagato con la galera per tutti essendo stato l'unico ad essere stato catturato, torna anche perchè nella sua mente e nella sua anima alberga ancora il ricordo di Beniamina , la sua amata morta , e mostra un grande affetto per la madre della ragazza, che con speranza e nello stesso tempo con grande pateticità aspetta ancora il suo ritorno, circondata dalle altre figlie arpie nella sua dimora signorile ormai in decadenza.
Procedendo con una alternanza di atmosfere che richiamano le storie picaresche, le ballate dei cantastorie, la favola collodiana, il racconto soprannaturale, le riflessioni sulla morte , sul culto dei morti e sull'arte, il film di Alice Rohrwacher ci mostra Arthur all'opera nella ricerca dei tesori nascosti che malvolentieri vuole condividere con una banda di buzzurri in quanto " non degni di poter toccare una tale opera d'arte" e soprattutto nel suo cercare con quel bastoncino da rabdomante i tesori sotterranei e quel filo rosso che possa in qualche maniera ricongiungerlo all'amata Beniamina; per il giovane la scoperta del mondo sotterraneo degli etruschi è la sublimazione del suo rapporto amoroso platonico e spirituale con la giovane ragazza: l'arte funeraria di cui gli etruschi sono stati prodigiosi e spesso insuperati maestri è l'anello di congiunzione tra il mondo dei vivi e quello dei morti, rappresentato dalla regista a testa in giù, quasi uno specchio sotterraneo.