Il pessimismo di Woody Allen
Proprio quando alla soglia ormai degli 80 anni la vena creativa appariva definitivamente spenta, opinione sulla quale ormai erano concordi un po' tutti compresi i fans incalliti, Woody Allen riesce con un colpo di coda se non proprio a far ricredere tutti a dimostrare che probabilmente qualcosa da raccontare ce lo ha ancora.
Blue Jasmine è film tutto suo, in tutto e per tutto, persino negli aspetti più marginali, ma soprattutto non è un film per così dire commemorativo, una ultima pagina di un romanzo che già si sa come va a finire; è la fotografia invece del pensiero e dell'ideale di un uomo che con la vecchiaia ha , come fisiologicamente avviene in tutti, acuito certe sue idee e visioni sul mondo contemporaneo.
L'alter ego di Allen in questo film è Jasmine, donna ben oltre quel limite di nevrosi e di depressione in cui si muovevano quasi sempre i personaggi del regista: qui siamo di fronte ad una specie di malato terminale, disadattata in piena depressione causata dal crollo del suo bel regno newyorkese costruito sulle malefatte finanziarie del marito; in un attimo niente più lussi ed high society, niente autista e niente shopping in 5th Avenue, il presente è una fuga a S.Francisco presso una sorella (che sorella di sangue non è) che vive invece una esistenza ordinaria piuttosto squallida.
I flashback che ci mostrano la Jasmine di oggi e quelli del recente passato inquadrano bene il personaggio e la sua fragorosa caduta ed il film procede per tutto il tempo su questa falsariga: l'unica cosa che rimane immutabile è lei, che parla da sola , che inventa dialoghi immaginari e che sogna ancora di tornare sulla cresta dell'onda.
L'occhio di Woody Allen stavolta non è venato di quello humor nero a noi tanto caro, stavolta c'è pessimismo puro, fino alla fine, quasi la ovvia e normale evoluzione e condensazione di tutti i suoi personaggi trentennali carichi di nevrosi , di ansie , di paure e di disagi.
Sebbene il racconto mantenga sempre un tono abbastanza leggero , tipico da commedia, le tenebre che circondano il personaggio di Jasmine sono di quelle buie peste, e nonostante quel certo snobismo da newyorkese per il quale l'America finisce ai confini della Grande Mela Allen stavolta sembra volere spingere il pubblico ad una empatia subitanea con la protagonista della storia.
Certo se il regista non si fosse imbattuto in una Cate Blanchett grandiosa è difficile credere in un risultato altrettanto positivo, tanto la protagonista della storia concentra su di sè tutti i punti nodali del film: ma l'attrice australiana regala una prova superlativa di quelle che raramente si vedono e che nobilita il film forse anche oltre il suo reale valore.
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