Giudizio: 6/10
Seppur sommerso da una generosa valanga di fischi ed ululati, soprattutto da parte della critica specializzata, Olivier Assayas giusto un anno fa portò a casa da Cannes il Premio per la migliore regia con Personal Shopper, un 'altra di quelle decisioni indecifrabili ( o forse fin troppo tale ) cui le giurie della Croisette ci hanno abituato da alcuni anni.
Il film di Assayas soffre di un grosso equivoco di fondo che si presenta costantemente durante tutta la durata: è un lavoro che non imbocca mai una strada in maniera decisa; inizia come una ghost story classica , prosegue come un thriller su un substrato sempre più invadente di dramma personale.
La protagonista della storia , Maureen, è infatti una medium , o almeno così crede e il dubbio verrà instillato profondamente nel finale , che lavora come personal shopper, cioè come una tuttofare , per una celebrità della mondanità e dello spettacolo; è da poco morto in giovane età il suo fratello gemello col quale, grazie ad un patto sottoscritto in vita, cerca di mettersi in contatto rifugiandosi nella immensa villa nella quale l'uomo era vissuto. A rendere più inquietante lo scenario è la causa di morte del fratello: una malformazione congenita al cuore che potrebbe colpire anche la protagonista.
Seppur con difficoltà Maureen riesce ad entrare in contatto con una entità, ma lei per prima nutre forti dubbi che del fratello si tratti: infatti lo spirito è fortemente rancoroso e tutt'altro che ben disposto.
Quando però un altro misterioso contatto, molto più terreno, si frappone sulla strada della giovane donna , Personal Shopper scivola irrimediabilmente nel thriller, che è bene dirlo subito, mostra dei limiti notevolissimi sotto molteplici aspetti.
Il tramite di questo contatto non può che essere l'immancabile supporto multimediale dello smartphone, per cui assistiamo a dialoghi di svariati minuti tra il misterioso personaggio che sembra quasi perseguitarla e la protagonista solo attraverso la messaggistica.
Ma la virata thriller della storia sembra quasi solo un pretesto per scendere nell'inquieto animo di Maureen: la ragazza infatti seppur ben pagata non ama certo il suo lavoro, prova un sentimento di attrazione ed odio per la sua datrice di lavoro per la quale in sella al suo inseparabile motorino scorrazza per Parigi facendo acquisti nei più lussuosi negozi, presenta degli accenni di crisi di identità , una mestizia di fondo e un supposto desiderio del proibito; se a ciò aggiungiamo il suo potere sovrannaturale, più millantato che reale in verità, si capisce come il ritratto che ne viene fuori è di quelli che catalizzano il film per larga parte.
Nel finale, come detto, alcuni dubbi che fino ad allora serpeggiavano, sembrano invece prendere forma in maniera più potente.
Se nel suo incipit da tipica ghost story Personal Shopper è lavoro che regala qualche bel momento, nel suo svolgimento è invece francamente carente a livello di scrittura dando l'impressione tangibile di perdere la strada maestra in più di una occasione.
Assayas cerca insomma di creare una atmosfera quasi di genere per poi infilarci dentro una storia sfaccettata ma ben poco riuscita dalla quale in conclusione emerge solo la figura della protagonista disegnata con tratti confusi tormentata da una serie di disagi che sono uno specchio della sua fragilità.
A salvare il film dal giudizio negativo è l'eccellente prova di Kirsten Stewart che riesce con mirabile efficacia a dare sostanza ai malesseri della protagonista a prescindere dalle tematiche tutt'altro che ben esplicate; la sua interpretazione è intensa e degna di nota perchè francamente a noi il profilo di Maureen appare fin troppo nebuloso, e lei riesce , comunque , con la sua prova , a dare quel minimo di spessore che il personaggio richiede.
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