Giudizio: 8/10
A un anno esatto dalla sua premiere al Festival di Cannes, arriva sugli schermi italiani Sieranevada di Cristi Puiu, autore capofila di quella Nouvelle Vague Romena che si è imposta negli ultimi anni come una delle correnti cinematografiche più interessanti e prolifiche del panorama mondiale.
Puiu, come la gran parte degli autori contemporanei romeni più apprezzati, appartiene a quella generazione che ha visto cadere il comunismo, che è stata parte attiva nella ricerca di una svolta democratica nel paese e che, a ormai quasi trenta anni di distanza dalla "rivoluzione" che partì da Timisoara e che portò alla caduta di Ceaucescu, si interroga sul valore di quegli eventi e sul successivo cammino intrapreso dalla società; per tale motivo i lavori della Novelle Vague romena sono quasi sempre intrisi di riflessioni politiche calate nel contesto di una contemporaneità difficile ed incerta.
Sebbene Sieranevada sia lavoro all'apparenza intimo, con note autobiografiche ed incentrato su una famiglia della media borghesia, al suo interno scorrono numerose tematiche sociali e politiche che Puiu, in perfetto stile neorealista , si guarda bene dal giudicare e dall'elaborare; in tal senso è emblematica la prima scena del film che dà subito una idea di come le quasi tre ore dell'opera siano strutturate: una macchina da presa fissa in un angolo di una strada che riprende una scena famigliare come tante con un sottofondo di rumori da strada che non consentono quasi mai di apprezzare i dialoghi.
E' l'unica scena , insieme ad un altro breve inserto verso il finale del film, che si svolge al di fuori di un appartamento della periferia di Bucarest dove , secondo le tradizioni ortodosse, una famiglia si riunisce per commemorare il defunto patriarca, morto quaranta giorni prima.
La prospettiva attraverso la quale Puiu ci porta in questo appartamento dove regnano i chiaroscuri è quella di Lary, medico che da un anno ha abbandonato la professione per dedicarsi al commercio di apparecchiature elettromedicali; nella casa si radunano parenti e qualche amico di famiglia: uno spaccato di umanità variegata e in certi casi anche bizzarra.
Lary è un personaggio che quasi alla perfezione incarna l'occhio dello spettatore: disilluso, pacato, mai categorico e tendenzialmente accomodante e ben disposto verso il prossimo; in attesa dell'arrivo del pope che deve celebrare il rito religioso davanti ad una tavola imbandita, tra un bicchiere di vino e uno di birra le chiacchiere volano e si intrecciano: ossessioni personali, segreti, tensioni, contrasti serpeggiano come in ogni famiglia che si rispetti, in alcuni momenti sembra di essere di fronte ad una resa dei conti sempre rinviata da qualche imprevisto che azzera tutto, nella perenne attesa di sedersi finalmente a tavola.
Le dinamiche famigliari colorite , quando non addirittura comiche come quando compare Toni , lo zio di Lary, vanno però ad imbricarsi con discussioni politiche perchè tra i presenti c'è una anziana amica di famiglia nostalgica del comunismo che scatena la reazione isterica di una sorella di Lary, un cugino che partendo dall'attentato a Charlie Hebdo avvenuto pochi giorni prima degli eventi raccontati, si lancia in teorie complottiste sull'11 settembre, il fratello minore militare che spiega le incertezze del mondo e del paese riportando tutto alla paura che attanaglia ogni angolo del pianeta.
La recensione completa può essere letta su LinkinMovies.it
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