martedì 10 aprile 2018

The Third Murder ( Koreeda Hirokazu , 2017 )




The Third Murder (2017) on IMDb
Giudizio: 8/10

Dopo venticinque anni di carriera cinematografica che ha avuto momenti di altissima qualità e al diciassettesimo lavoro (compresi cinque documentari), Koreeda Hirokazu approda ad un genere mai sperimentato prima: The Third Murder è infatti una pellicola che si muove nel più classico sentiero del thriller giudiziario, orizzonte mai esplorato finora dal regista giapponese, ha visto la luce nell'ultima Mostra Cinematografica di Venezia e come svariate altre opere presenti alla rassegna ha subito l'onta di essere stata ignorata dalla giuria in favore di favolette spacciate per grande cinema.
Misumi ha già scontato più di venti anni di galera per un omicidio commesso, e finisce nuovamente in carcere accusato(si) di aver barbaramente ucciso il direttore della fabbrica presso cui lavora e di averne bruciato il cadavere spinto dall'odio per l'uomo che lo aveva licenziato e dal bisogno di denaro.
Sin da subito l'uomo si autoproclama colpevole rendendo una confessione piena con tanto di movente; la sua difesa viene assunta da Shigemori giovane avvocato, incidentalmente figlio del giudice che condannò Misumi trenta anni prima.


L'avvocato, ben corazzato dal proverbiale cinismo che sembra sorreggere la categoria, sembra quasi disinteressato a scoprire i  motivi che hanno condotto il suo cliente in carcere con una accusa che potrebbe portarlo al patibolo; per lui l'importante è trovare una strategia giudiziaria che eviti la pena capitale.
Quando però attraverso degli intensi confronti nella sala visite del carcere Misumi sembra volere modificare , aggiungendo ogni volta qualche particolare, la sua versione dei fatti, in Shigemori si innesta il tarlo di volere conoscere la verità che , man mano che ci si avvicina al processo, appare sempre più variegata e inafferrabile.
Viceversa, appurato il legame che unisce in qualche modo l'uomo alla famiglia del morto, quella verità che inizialmente vediamo gettata in faccia allo spettatore nella prima della scena del film, diventa sempre un qualcosa dai contorni labili e sfocati.
Nel finale, da vero e proprio legal thriller, la verità verrà a galla, forse...
Attraverso un percorso circolare che parte dal thriller, nelle sue varie forme, Koreeda giunge al termine ad un omaggio limpidissimo di Rashomon, improntato sul concetto filosofico di verità: le varie sembianze che essa può assumere in base allo svolgimento della storia , al suo squarciare veli e ricomporli, alla riflessione su chi è investito del ruolo di appurare la vera verità amministrando la legge.

Non è certo tematica nuova nel cinema del regista giapponese che ha sempre messo al centro della sua opera la verità, intesa nel senso filosoficamente più stretto come proiezione di una realtà soggettiva, ma The Third Murder si muove in ambiti che vanno oltre: soprattutto il binomio verità-giustizia sembra essere quello dominante in un'opera in cui il tessuto connettivo è ancora una volta costituito dai rapporti famigliari, dalla violenza sugli adolescenti e dalle conseguenze del libero arbitrio.
Se proprio vogliamo trovare un difetto al film esso risiede in una messe di tematiche di grande impatto, difficili da analizzare tutte insieme: l'amministrazione della giustizia, la pena di morte, il giudizio soggettivo sulle azioni, il peso delle scelte compiute.
Su tutto ciò incombe il concetto e il valore della verità, del suo essere un elemento in continua trasformazione, un magma informe che sembra assumere sembianze pronte a scomparire all'emergere di qualche elemento che sfuma appena il loro profilo.
Dopo alcuni lavori che sia nella forme che nell'essenza vivevano e di nutrivano di una almeno apparente leggerezza, Koreeda ripresenta sotto la forma del thriller tematiche dal forte impatto drammatico, pur non perdendo quel suo equilibrio formale che non fa mai sbandare la storia: in The Third Murder tutto è profondamente essenziale, a partire dalle ambientazioni , per finire ai dialoghi, soprattutto quelli tra avvocato e assassino magistralmente costruiti intorno alla lastra di vetro che li divide e che distorce lo spazio, le forme e i volti fin quasi a sovrapporli quasi a cercare una convergenza di verità.
Come dice nel sottofinale, la giovane figlia della vittima, al termine del processo " Qui nessuno dice la verità" , conferma la impalpabilità della stessa, il suo essere una entità informe costruita intorno al soggetto che la modifica secondo le proprie necessità.
Il confronto tra Misumi e Shigemori, su cui vive buona parte del film è anche il confronto tra due attori eccellenti che incarnano splendidamente i ruoli: Fukuyama Masaharu ( Shigemori) e Yakusho Koji (Misumi) rivaleggiano in quanto a bravura nel sapersi calare nei panni di due personaggi complessi; anche Hirose Suzu, che già avevamo visto praticamente all'esordio con Koreeda in Our Little Sister si conferma grande talento in un ruolo, quello di Sakie la figlia della vittima, di grande impatto emotivo.

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