sabato 14 aprile 2018

Pity (Babis Makridis , 2018 )




Pity (2018) on IMDb
Giudizio: 8/10


Ogni mattina l’avvocato si sveglia, prorompe in un pianto e si prepara a vivere un’altra giornata scandita da gesti che cercano di alleviare la sua tristezza cosmica; la moglie è in gravissime condizioni in ospedale dopo un incidente e intorno a lui e al giovane figlio  si coagula quella forma di umana pietà da parte della vicina di casa, del proprietario della lavanderia dove porta gli abiti sporchi, di qualche conoscente che sempre con il medesimo tono gli esprime la sua vicinanza in quel triste momento.
In questo microcosmo fatto di autocommiserazione e di attenzioni pietistiche il nostro eroe tragicomico si sente a suo agio, al centro di una attenzione seppur molto formale.
Persino i figli di un uomo assassinato che si rivolgono a lui alimentano quell’aura di dolore e di pietà nella quale l’uomo si sente sempre più a suo agio: il pianto, l’espressione di dolore, la compassione offerta e richiesta diventano il suo mondo nel quale si muove con agio sempre più crescente.


Ma quando, in una scena geniale, viene chiamato in ospedale e lo vediamo immobile davanti al letto della moglie con il solito sguardo amimico ( Yannis Drakopoulos è semplicemente perfetto nel ruolo), con l’infermiera che piange siamo pronti alla escalation della sua ricerca di compassione ed invece pochi attimi dopo la moglie giace sana e guarita nel suo letto di casa; come continuare a farsi compatire, a ricevere ogni mattina la colazione della vicina di casa e le parole di conforto dal lavandaio?
Scoprire che il suo mondo fatto di piacevole tristezza sta per crollare è un duro colpo per l’avvocato: d’altronde per quale altro motivo merita di essere compatito visto che vive una bella vita agiata? La dipendenza da questa pietà prima donata e poi rimossa diventa insopportabile e in un crescendo di follia surreale l’uomo mette in piedi il piano perfetto per sentirsi compatito per sempre, nella sua abulia piacevole.
Pity, opera seconda del regista greco Babis Makridis, scritta insieme a Efthymis Filippou, lo sceneggiatore di alcune delle opere di Yorgos Lanthimos, è film sotto molti aspetti geniale che consente al regista di entrare di diritto nella cerchia di autori di quella New Wave cinematografica greca che sulla scia proprio di Lanthimos sta dimostrando una buona vitalità produttiva; dopo la sua premiere al Sundance la pellicola è transitata in svariati altri Festival tra cui Rotterdam ed Hong Kong riscuotendo buoni pareri dalla critica.
Che Makridis subisca in qualche modo l’influenza del suo più noto connazionale è evidente: non solo la tematica svolta, ma anche la struttura del film, comprese le ambientazioni, richiamano inevitabilmente alla mente la secca e drammatica asetticità di Kynodontas ad esempio, ma Makridis ha il pregio di affrontare il tema della compassione sia dal punto di vista antropologico che sociale.
La recensione completa può essere letta su LinkinMovies.it

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