Giudizio: 7/10
Chapman To è da anni uno degli ospiti che riscuotono più gradimento al Far East Film Festival, dove raramente è mancato un film che lo vedesse protagonista; anche quest’anno l’attore e regista di Hong Kong, una delle figura cinematografiche che difende con maggior forza l’identità culturale della ex colonia britannica, ha fatto tappa alla rassegna udinese con un lavoro, The Empty Hands, che lo vede autentico factotum: regista , attore , produttore , sceneggiatore in coppia con Erica Lee e perfino action director.
Ciò che colpisce maggiormente in questo secondo lavoro da regista di To è la sua profonda diversità rispetto alle commedie brillanti in cui il regista si è prevalentemente cimentato nella sua carriera e che hanno contribuito a fare di lui uno dei personaggi più simpatici del cinema orientale.
The Empty Hands è infatti lavoro che contiene sì diverse stigmate del cinema di azione di Hong Kong, rivisitate però con una certa eleganza e con una particolare prospettiva personale.
Mari è una giovane donna di madre hongkonghese e di padre giapponese, che ha ricevuto da quest’ultimo una rigida educazione rivolta alle arti marziali nipponiche dopo che la madre li abbandonò entrambi. Alla morte del padre Mari si ritrova con il grande appartamento che il genitore usava come dojo, e dove gli allievi scarseggiavano, avviato quindi ad un declino inesorabile.
Alla morte dell’uomo la ragazza scopre che la casa , sulla quale lei aveva già costruito progetti immobiliari per trasformarla in miniappartamenti, è stata lasciata per metà a lei e per metà a Keung, un ex allievo della scuola cacciato dal padre molti anni prima per indisciplina; alle proteste della ragazza Keung la richiama al rispetto delle decisioni del padre e dopo una fugace e agitata convivenza propone a Mari di cimentarsi in un combattimento al termine del quale se fosse finita in piedi lui se ne sarebbe andato lasciandole la casa.
Mari non combatte più da anni, da quando da ragazzina fu sconfitta in un incontro, suscitando lo sdegno del padre. Keung da parte sua ha alle spalle una dura storia di riscatto iniziata con la cacciata dal dojo e culminata in un atto di grande generosità pagato a caro prezzo.
I due , insieme all’unico allievo del padre rimasto fedele, un istruttore muto di karatè, si preparano per l’evento, tornando a ripercorrere i passi del duro allenamento che prevede la pratica delle arti marziali giapponesi.
La recensione completa può essere letta su LinkinMovies.it
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