mercoledì 12 maggio 2021

Volevo nascondermi ( Giorgio Diritti , 2020 )

 




Hidden Away (2020) on IMDb
Giudizio: 8/10

Fresco vincitore del David di Donatello ( miglior film , miglior regia, miglior attore protagonista ) che seppur inseguendo la politica dello spalmamento dei premi abituale se non altro premia il film nettamente migliore dei selezionati, il lavoro biografico di Giorgio Diritti riceve un seppur parziale compenso alla catastrofe della pandemia che ne ha impedito il sicuro successo anche di botteghino.
Seguendo il suo abituale percorso cinematografico ormai ben tracciato da anni, il regista bolognese disegna un solido e sentito ritratto del grande pittore Antonio Ligabue, senza cadere nel biopic vero e proprio, privilegiando invece alcuni aspetti della sofferta vita personale e artistica del pittore.
Diritti infatti tralascia tutta la prima parte della vita di Ligabue, incentrandosi principalmente sull'epoca del suo ritorno in Italia e del suo stabilirsi nella Bassa Padana da dove ebbe inizio la sua parabola stupefacente di artista.



Non che il regista dimentichi o tralascia l'infanzia o la giovinezza del pittore, tutt'altro, solo che pereferisce usare una prospettiva molto secca fatta di rapidissimi flashback sul passato di Ligabue  che lasciano però un segno indelebile nel racconto e  ben dimostrano il background di malattia e di disagio sociale in cui il giovane crebbe, privato di una famiglia , affidato a nuclei famigliari svizzeri che mal sopportavano il suo essere strambo e problematico; è proprio in quei frammenti di cinema rapido, sincopato che Diritti mostra tutto il suo sguardo umano e sensibile che si estende, tradizionalmente ormai, alla vita contadina che costituisce il contesto in cui Ligabue visse per tanti anni sulle rive del Po.
Dal momento in cui il pittore torna in Italia, espulso dalla Svizzera, dopo essere stato rifiutato anche dai manicomi , il racconto si concentra principalmente sul tribolato e a tratti drammatico rapporto del pittore con l'arte, che si esplica in uno sguardo ricco di forza bruta ancestrale con la quale rappresenta la realtà fatta di animali e di una natura colorata di fronte alla quale il pittore si pone come un elemento egli stesso, sulla violenza con cui Ligabue reagisce ai giudizi sul suo operato come se il giudizio artistico , o peggio il dileggio che subì soprattutto all'inizio, fossero degli elementi che andavano a strappare la sua stessa essenza.
Il passato rimane sempre sopito nel Ligabue adulto, che alternando momenti in cui riesce persino a costruire una sua forma di socialità ad altri che lo conducono nuovamente sul sentiero oscuro di una interiorità profondamente turbata tanto da richiedere il ricovero negli ospedali psichiatrici, non perde mai di vista la sua concezione di arte come qualcosa di animalesco, di istintivo, di violento e di sofferto.
E' proprio nel saper condurre avanti un racconto biografico senza cadere nell'agiografia, mantenendo sempre l'equilibrio fra realtà e fantasia, passato e presente, ragione e istinto che Volevo Nascondermi presenta il suo aspetto più convincente, muovendosi tra l'analisi di un uomo perennemente infelice, scosso dai demoni interiori che rigetta nell'arte il suo disagio e contestualmente anche il suo grande talento, e la riflessione sul rapporto tra l'artista e la sua opera e tra l'artista e la società.
L'ambientazione contadina della Bassa Padana  si addice in maniera esemplare alla cultura cinematografica di Giorgio Diritti che ha sempre privilegiato , da buon allievo di Ermanno Olmi, simili contesti nei suoi film, per cui, anche grazie alla bella fotografia di Matteo Cocco, i quadri offuscati dalla nebbia sottile che si stende sugli spazi intorno al grande fiume costituiscono un aspetto saliente del film, capace di accogliere ed accentuare assecondandoli, i turbamenti del protagonista.
E' chiaro che il confronto con il Ligabue di Flavio Bucci diretto per la TV nel 1977 da Salvatore Nocita  si presenta inevitabilmente soprattutto in funzione della straordinaria prova che Bucci , agli esordi della sua straordinaria carriera, seppe regalare nel suo tentativo di assimilare in ogni aspetto la figura del pittore; Elio Germano non solo regge il confronto con quella magnifica prova , ma riesce forse a darle anche quella veemenza e quella rabbia non sempre celata che erano un po' il timbro dell'uomo Ligabue e anche dell'artista.

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