Giudizio: 7.5/10
Jasna ha lasciato la natia Croazia da molti anni, ha una bella famiglia in Germania dove si è ricostruita una vita soddisfacente, ma le condizioni di salute della madre le impongono di tornare a casa per la prima volta dopo tanti anni.
E' chiaro sin da subito che tra le due donne c'è un attrito sopito, una contrapposizione violenta che ha visto Jasna sin da bambina succube degli atteggiamenti materni e che l'ha portata come le è stato possibile ad abbandonare la casa per non tornare più.
Essendo la madre ammalata di cancro ad uno stato ormai terminale, quello che doveva essere una permanenza di una settimana si tramuta in una lunga attesa della morte della anziana donna e per Jasna un modo per riportare a galla i sentimenti del passato, i traumi e i dolori.
Si capisce che la Jasna giovane ha subito pesantemente la tradizione propria di molti paesi balcanici in cui la madre è la assoluta padrona dell'educazione dei figli e della gestione famigliare, mentre l'uomo è il privilegiato cui è concessa la libertà, e soprattutto la protagonista si rende conto , toccando con mano, come la durezza matriarcale della madre sia ancora viva, nonostante le forze e la vita la stiano abbandonando.
Jasna capisce di essere legata ancora indissolubilmente al suo passato, a quella casa e a quella terra che aveva abbandonato, legata a quella madre dura, autoritaria che privilegiava il figlio maschio ,anche esso allontanatosi da casa appena gli era stato possibile per poi morire prematuramente; il peso dei ricordi, quello del fratello e del padre morti, l'avvicinarsi della fine anche per la madre, portano la protagonista a rivisitare quelli che sono i suoi legami famigliari, il suo passato e l'indissolubilità di quel rapporto all'apparenza così aspro e conflittuale.
Ricordare il passato , guardare con gli occhi il presente , drammaticamente rappresentato dal lento avvicinamento della madre alla morte serve alla donna per rielaborare il valore della famiglia e comprendere forse quelle che sono state delle dinamiche pesanti che hanno segnato la sua vita.
La scelta del finale da parte di Jure Pavlovic mostra una certa tendenza alla pacificazione, al cauto ottimismo, alla consapevolezza del legame che unisce comunque una figlia con la madre.
Per raccontare questa storia famigliare il regista privilegia esclusivamente il punto di vista di Jasna e per accentuare il valore della scelta, usa la macchina da presa in maniera quasi ossessiva sulla protagonista , spesso sul suo volto, con il resto che rimane di contorno alla figura della protagonista: in effetti Mater è fondamentalmente un racconto di riappacificazione di una donna ormai matura con una madre che forse per un certo periodo era uscita dalla sua vita, diventando solo un ricordo doloroso del passato; ma evidentemente , secondo Pavlovic, liberarsi per sempre di quel legame è impossibile e quindi cerca di esprimere il travaglio che assale la protagonista nell'assistere agli ultimi giorni di vita della madre.
Mater è insomma un film che vive sui sentimenti, mai urlati nè manipolati e sul processo che avviene nell'animo della protagonista costretta suo malgrado a fare i conti col passato e il regista riesce a mantenere la storia sempre entro i confini della discrezione, pur caricando a volte l'aspetto emotivo senza però essere mai indulgente con la lacrima facile e la commozione.
Nei panni di Jasna è senza dubbio apprezzabile la prova di Daria Lorenci, soprattutto per quanto riguarda la capacità di esprimere la trasformazione che avviene nel suo rapporto coi ricordi e col passato famigliare.
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