Giudizio: 8/10
In un mondo globalizzato in cui le certezze sono sempre di meno e l'estemporaneità regna sovrana, l'annuale film ( a volte anche più di uno) ,con annesso immancabile premio festivaliero , del regista coreano Hong Sangsoo si erge a baluardo di una delle pochissime certezze granitiche; da 26 anni Hong continua a sfornare lavori che sembrano ( ma non lo sono) sempre più tutti uguali a se stessi, mostrando una prolificità non comune che ne ha fatto uno dei beniamini dei festival maggiori oltre che apprezzatissimo autore di quella frangia oltranzista di critici e spettatori che guardano al cinema d'autore come all'unico che rimane degno di rappresentare la Settima arte ai livelli più elevati.
La regolarità con cui Hong presenta i suoi lavori, al di là di ogni discorso fideistico, ha fatto delle sue opere una sorta di appuntamento, quasi una reunion ,di amanti dei suoi racconti quasi sempre dal forte impatto autobiografico, una sorta di finestra su stesso del regista.
Naturalmente the Novelist's Film non sfugge alle regole: Orso d'Argento Gran Premio della Giuria a Berlino e giudizi entusiastici da parte di coloro che son pronti a scommettere ad ogni nuovo lavoro sul capolavoro assoluto.
Molto più modestamente per molti di noi amanti del cinema , asiatico in particolare (sebbene Hong deve essere considerato a tutti gli effetti il meno asiatico tra i registi del lontano oriente), ogni nuova opera è vissuta come un rito annuale da consumare collettivamente: i lavori di Hong insomma ormai scandiscono le nostre vite come e meglio di tanti altri eventi più o meno globali.
The Novelist's Film si immette perfettamente nella scia delle ultime opere del regista coreano, precisamente da quando il suo sguardo si è spostato soprattutto sull'universo femminile, mantenendosi però fedele all'ambiente e alle tematiche che costituiscono lo scheletro indissolubile dei suoi film.
In quest'opera, di fatto un compendio e una riflessione su alcuni aspetti dell'arte in pochi quadri statici che trovano vitalità solo nelle zoommate e in piccoli spostamenti di macchina da presa, seguiamo una nota scrittrice, in evidente crisi di ispirazione che in una giornata trascorsa fuori Seoul va a fare visita ad una sua ex collega scrittrice anche lei che sembra però aver mollato tutto e gestisce una libreria, poi incontra per caso un regista famoso, e sua moglie, col quale ha ancora qualche lontano conto in sospeso per non avere voluto rappresentare su pellicola un suo testo letterario; poco dopo passeggiando nel parco si imbatte in una attrice famosa, anche lei in un momento prolungato di pausa del lavoro, e suo nipote studente di cinema; infine , seguendo un percorso circolare che nei film di Hong è sempre quanto meno accennato, ritorna insieme all'attrice nella libreria dell'amica dove incontra un vecchio amico poeta e dove si consuma l'immancabile rito della bevuta purificatrice e inibitoria.
La protagonista è una donna che sembra essere avviata sul viale del tramonto, a suo dire si sente una scrittrice che enfatizza troppo la realtà ingrandendola e che per tale motivo vorrebbe dirigere un film, facendosi aiutare dal giovane studente e con interprete l'attrice e suo marito, perchè il film deve cogliere l'essenza della realtà che deve scaturire spontaneamente.
La donna inoltre è chiaramente sottilmente ostile un po' verso tutti i personaggi che incontra , chi per motivi professionali (il regista) chi perchè non ha apprezzato i suoi lavori più recenti (l'amica), chi perchè fu amante per una notte sola, dopo immancabile ubriacatura (il poeta); una donna insomma agitata da vari conflitti più o meno sopiti o nascosti, ma sempre comunque presenti.
Ther Novelist's Film, con il linguaggio che è proprio di Hong, nelle immagini e nei testi, si presenta coma una profonda riflessione sulle varie forme d'arte (romanzo, cinema, poesia) , sulla perdita dell'ispirazione, sulla volontà di azzerarsi e di ripartire, sul rapporto tra il linguaggio e l'arte e sulla necessità di tenere accesa la fiamma anche quando l'ispirazione e il furore artistico sono in calo.
La soluzione secondo Hong sta sempre nel linguaggio del Cinema, quello vero, cioè quello che sgorga dai momenti di vita, dal fato e dalla casualità, un Cinema che come gli zoom che utilizza il regista è capace di esplorare dentro partendo dall'esterno lontano.
Certamente guardano un lavoro di Hong si ha l'impressione di assistere a qualcosa di già visto, ma smplicemente perchè il regista si mantiene fedele quasi in maniera integralista al suo stile, al suo modo di intendere il cinema , al suo ideale filmico al punto che ormai è divenuto una sorta di artigiano self-made che si occupa della scrittura , della regia, del montaggio e via di seguito fino persino alla musica; ma il guscio stilistico , persino il formalismo , serve da contenitore a storie che magari di poco ma differiscono tutte per un qualche aspetto peculiare che costituisce il nucleo vivo del film stesso.
Per tale motivo, con i dovuti distinguo sulla qualità complessiva delle sue opere, ogni film di Hong sembra appartenere ad un unico racconto che mostra tante prospettive e tante angolature diverse, capitoli di un unico corpo narrativo iniziato ormai nel 1996 e che si è evoluto con coerenza fino a raggiungere le tematiche e le prospettive odierne.
Persino il cast sembra cristallizzato, infatti anche qui ritroviamo non solo l'amata e musa ( e splendida come sempre) Kim Minhee ( l'attrice), ma anche il fido Kwon Haehyo ( come sempre nel ruolo del regista) , Lee Hyeyoung ( la scrittrice) che già avevamo visto ritornare sulle scena dopo molti anni nel precedente In Front of Your Face : quasi una setta votata all'arte di un regista che rimane comunque capace di sorprendere anche se sembra che tutto sia sempre uguale a se stesso nel tempo; proprio come sa fare nel finale del film, quando il bianco e nero poco penetrante utilizzato, più rivolto ai grigi che ai suoi estremi viene squarciato da un breve quanto bellissimo inserto a colori.
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