Giudizio: 8/10
Augusto Pinochet è vivo, il 10 dicembre del 2006 ha solo inscenato l'ennesima finta morte, come fa ormai da 250 anni; sì, perchè quello che abbiamo conosciuto come uno dei personaggi più abietti che il XX secolo abbia prodotto, altro non è che un vampiro, venuto al mondo da un'altra vampira ( non vi dico chi è perchè è il colpo di scena più entusiasmante del film) poco prima della Rivoluzione Francese; da personaggio abominevole quale è ha sempre vissuto sulle spalle di qualcuno appoggiando i più efferati criminali incontrati nella sua lunga vita.
Ora , imbolsito e invecchiato, vive in una landa desolata all'estremo sud del Cile, in un complesso di ville diroccate , con accanto la prode moglie ed il fedele maggiordomo cosacco, stanco e deciso a porre fine alla sua esistenza semplicemente astenendosi dal nutrirsi del sangue e dei cuori ancora pulsanti estratti da corpi umani che lo hanno mantenuto in forma per secoli.
Venuti a conoscenza di questa decisione del padre i cinque figli si radunano presso di lui semplicemente per mettere in atto ai danni della propria famiglia quello che hanno sempre compiuto nei confronti del loro paese: rubare , imbrogliare e scovare i tesori nascosti.
Ospite inattesa della congrega una giovane suora, esperta in esorcismi , inviata dalle autorità per sanare il corpo di Pinochet ritenuto posseduto, e sotto sotto per rimediare qualcosa anche per la Chiesa, storica fiancheggiatrice del dittatore cileno.
Ed è così che dopo 17 anni di attività alla regia col decimo lavoro Pablo Larrain affronta in maniera quasi psicoanalitica colui che era stato il fulcro della trilogia informale sulla dittatura cilena , rimasto però sempre dietro le quinte quasi a voler amplificare quella parte subdola del potere di Pinochet , il quale non ha mai formalmente ammazzato nessuno nè tanto meno torturato o fatto sparire.
Compie questa operazione, il regista cileno, nell'unica maniera in cui poteva farlo dimostrandosi credibile (ricordiamo che Larrain viene da una famiglia di personaggi politici conservatori appartenenti ad un partito che in varie circostante non prese le distanze a pieno da Pinochet): non considerando minimamente il biopic, come invece aveva fatto, seppur in maniera atipica, nei lavori precedenti incentrati su due tra le donne più importanti e influenti del XX secolo, Jacqueline Kennedy e Lady D ma affidandosi ad un intreccio di stili variegati quali l'horror , la commedia, il dramma e soprattutto la satira politica carica di allegorie, quasi nel tentativo di voler metabolizzare in maniera sarcastica 17 anni di profonda oscurità che hanno segnato per sempre la vita del Cile e dei suoi abitanti.
Inutile spiegare perchè Larrain ci racconti un Pinochet vampiro, essere che per antonomasia vive nutrendosi di altre persone e che , nel caso del dittatore cileno, non disdegna neppure dei bei frullati di cuore umano, ottimi corroboranti per mantenersi in forma; quello che invece colpisce maggiormente è la scelta di rappresentare il dittatore come un essere ignobile alla stregua di un miserabile ladro e affamatore, accumulatore di ricchezze infinite ottenute sulle spalle di un paese intero e con la complicità dei suoi compari americani e inglesi; toglie al personaggio insomma quella aura di Storia che inevitabilmente, seppur solo nell'esercizio del male, potrebbe presentare, per ridurlo ad un mero delinquente che solca i secoli con il medesimo modo di agire, presentando così anche il suo concetto di rapporto tra il potere ed il tempo.
Ad amplificare il tutto il circondario da sciacalli che gli orbita intorno: la moglie e i figli non vogliono che si lasci morire senza aver prima arraffato quanto più sia possibile, così come il maggiordomo, che dietro alla sua ferrea fedeltà incondizionata, mostra , forse unico, un incondizionata ammirazione.
Inoltre suona decisamente derisoria la tematica di Pinochet deluso e amareggiato coi suoi connazionali che non lo hanno ancora omaggiato con una statua nel palazzo della Moneda e che non hanno capito l'importanza di quanto fatto da lui, lui che però detesta il sangue plebeo sudamericano , di scarsa qualità e poco appetitoso.
Viceversa però il Pinochet che ci mostra è un vecchio ormai avviato alla morte, non più corroborato dal sangue e dai cuori frullati, uno di quei vecchi che ti immagini circonadto da nipoti e che passa il tempo giocando con loro, che possiede però uno strano fascino seduttivo sotto i colpi del quale cade anche la povera suorina nel repulisti finale che lascia intendere che il fantasma di Augusto Pinochet ancora gira imperturbato tra le pieghe di un paese che non ha mai voluto fare i conti con la sua storia.
El Conde è insomma un unicum nella filmografia di Larrain, quasi una sua prova di maturità autoimposta, un tentativo, a mio modo perfattamente riuscito, di affrontare lo spettro del nemico di un paese che di fatto non ha mai pagato nulla per i suoi misfatti e che anzi qualcuno esalta ancora come un personaggio che democraticamente, sconfitto in un referendum, ha abbandonato dopo 17 anni il potere rimanendo però , caso credo unico nella Storia, Comandante Supremo dell'Esercito.
Una storia personale che a ben vedere ottimamente si presta alla satira politica surreale che Larrain ha scelto per affrontare di petto il personaggio Pinochet: ed il film è senza dubbio un'opera notevole, ricca di rimandi, costruita in un bianco e nero classico che sembra a volte volerci riportare ad un Cinema di altri tempi, soprattutto negli interni diroccati dove Pinochet trascorre i suoi giorni con l'alta uniforme dell'esercito sempre pronta ad essere indossata, ma nel film comunque si sente il respiro profondo della tragedia nazionale, di quanto è rimasto impunito, di come un personaggio di simile immoralità ancora oggi possa presentarsi intonso davanti alla giustizia.
E per finire , pur lasciando in sospeso l'argomento perchè è un bel colpo di scena, la trovata della maternità di Pinochet è semplicemente geniale e chiude in maniera carica di sarcasmo un cerchio che Pablo Larrain ha saputo tracciare con eleganza e con misura affidandosi alle armi della satira per raccontare la figura che ancora turba i sonni di tanti cileni.
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