Giudizio: 8.5/10
Come tutte le opere di Cristopher Nolan, anche Oppenheimer , ultima fatica incentrata sulla figura dello scienziato americano considerato il creatore della bomba atomica che fu utilizzata sul finire della guerra sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, ha suscitato una mole di reazioni se possibile ancora più voluminosa di quanto avvenga normalmente per i suoi film; il motivo va chiaramente ricercato nel fatto che siamo di fronte ad un biopic, seppur molto sui generis, genere mai utilizzato dal regista finora nelle sue pellicole, e soprattutto perchè l'opera inevitabilmente apre un vasto dibattito sul tema legato alle armi nucleari e alla guerra, argomenti piuttosto attuali, e sull'eterno dibattito su quello che deve essere il ruolo della scienza nell'ambito della società e dei rapporti politici.
Il personaggio di J.Robert Oppenheimer di per sè si presta ad una disamina della sua figura che oscilla tra la genialità e la contraddizione, tra chiari e oscuri lati della sua personalità , tra ambizione e tormenti legati alla sua attività di fisico con simpatie comuniste che accetta però di dirigere il Progetto Manhattan che deve portare alla costruzione della prima arma di distruzione di massa costruita dall'uomo.
Verrebbe da dire un personaggio costruito ad arte per il cinema di Nolan, sempre improntato ad "eroi" dilaniati dentro se stessi, dai quali emergono conflitti interiori laceranti.
Considerare però Oppenheimer come un biopic classico sarebbe un errore imperdonabile: Nolan comunque non rinuncia ad alcuni dei suoi capisaldi cinematografici per costruire un'opera per certi versi monumentale, della durata di tre ore , e che comunque qualche falla la presenta , soprattutto per alcune scelte narrative di cui parleremo in seguito.
Il concetto di tempo, tanto caro a Nolan, che costituisce quasi sempre nelle sue opere il substrato sul quale la trama e la storia si costruiscono e si sviluppano, è comunque tenacemente presente anche nel suo ultimo lavoro: infatti abbiamo tre piani temporali ben individuati , cui va aggiunto un prologo che ci inquadra il protagonista da giovane: gli anni del progetto Manhattan e della sua drammatica conclusione con le bombe sul Giappone , una sorta di processo-farsa contro lo scienziato nel primo dopo guerra alimentato tra l'altro dal maccartismo incalzante, scatenato dal suo rifiuto di procedere oltre negli esperimenti che dovrebbero portare alla costruzione della bomba ad idrogeno, e una audizione di Lewis Strauss, ex direttore della agenzia per le armi nucleari che di fatto arruolò Oppenheimer, in procinto di assumere la carica di Segretario per il Commercio nel 1959.
Un lasso di tempo di una quindicina di anni, attraverso i quali Nolan fa scorrazzare la sua storia, utilizzando il colore e un bianco e nero molto classico ed elegante, ovviamente evitando quei twist acrobatici di Interstellar o di Tenet , ma ponendo comunque l'attenzione su quello che è il concetto di tempo e del suo ruolo di involucro degli avvenimenti.
Se come è ovvio il nucleo centrale dell'opera è la figura dello scienziato, è chiaro che le tematcihe presenti , più o meno legate alla figura del protagonista, assumono un ruolo fondamentale , al punto di far deragliare spesso il racconto dai binari del biopic classico, cosa cui Nolan ha probabilmente mirato sin dall'inizio del film quando ad esempio ci mostra le insicurezze e le paure del giovane Oppenheimer.
A riportarci sulla storia in senso stretto sono le presenze di Einstein e di Bohr, di Fermi e di Heisenberg, lo sforzo di Oppenheimer di introdurre la fisica quantistica negli studi universitari, tutti gli eventi che segnarono il Progetto Manhattan , gli esperimenti a Los Alamos culminati con la prova generale, le vicende personali del fisico; ma tutto rimane in sottofondo nel momento in cui Nolan decide di penetrare maggiormente la figura del protagonista.
Esiste in Oppenheimer una sorta di sottile filo conduttore filosofico che sembra sconfinare nella psicoanalisi nel momento in cui le mille contraddizioni che albergano in lui si appalesano : il punto di svolta, costruito con una scena magistrale da parte del regista ( e che rimanda inevitabilmente alla lunga scena dell'inizio del male di natura umana, magnificamente costruita da David Lynch nell'ottava puntata della terza serie di Twin Peaks), sono gli attimi che seguono l'esperimento compiuto nel deserto di Los Alamos, trasformati , grazie alla sua maestria nel manipolare il tempo in un dilatato inciso quasi onirico ( o orrorifico): "Sono diventato Morte, il distruttore di mondi" è la frase che, fosse realmente quello il momento o altro, come alcune cronache riportano, in cui la abbia pronunciata , è il nucleo centrale della vicenda personale del fisico americano , l'attimo in cui le numerose contraddizioni che permeano la sua personalità esplodono senza freno.
Rifacendosi ad una citazione contenuta nel Bhagavadgita (Canto di Dio) , testo sacro indù scritto in sanscrito, lingua che il fisico conosceva e cultura che in qualche modo abbracciava, Oppenheimer trova giustificazione sull'utilizzo della atomica e sulla strage che ne consegue , come se facesse parte di quel disegno divino che nel testo indù viene raccontato , assumendo le vesti del valoroso guerriero Arjuna, che pur di essere fedele alla legge divina è disposto ad uccidere parenti ed amici.
E' forse questa una giustificazione morale che lo scienziato si carica addosso ben sapendo che il genere umano non era ( e non è) in grado di controllare la propria potenza distruttiva?
Questo avrebbe potuto essere il climax filosofico, il punto d'arrivo dello studio della personalità di Oppenheimer se solo Nolan lo avesse esplorato con maggiore convinzione, nonostante gli accenni presenti nel film sono molteplici: il mito di Prometeo (il fuoco rubato agli dei) , l'induismo con i suoi testi sacri che Nolan ci svela nell'unica vera scena di sesso presente nel racconto, il senso di onnipotenza che regala poi però una lunga scia di fantasmi carichi di rimorso, il velo che si squarcia e mostra il ruolo dello scienziato come strumento di morte.
Nella scena finale in cui viene riproposto l'incontro di Oppenheimer con Einstein, quanto non detto nella scena di due ore prima viene disvelato e Nolan disegna un tratto credibile nella chiusura del cerchio che unisce i vari piani temporali.
E per finire cosa trasforma Oppenheimer da convinto fautore della ricerca sulla bomba atomica ad avversario accanito degli ulteriori sviluppi della armi atomiche con la bomba ad idrogeno ? Può bastare il suo essere attratto e legato in qualche modo al pensiero induista per cui vita e morte sono due condizioni armoniche del disegno e dell'armonia divina? Oppure molto meno spiritualmente un senso di invidia essendo un altro scienziato il precursore delle ricerche per la bomba H ?
Molto più concretamente l'opera di Nolan è comunque una grande e moderna riflessione su come il tempo abbia accompagnato l'uomo nello sviluppo di una potenza devastante, su fin dove arriva la responsabilità della scienza e sull'incapacità di saper controllare la spinta al potere esercita anche con gli strumenti di morte, sui confini inesplorati del male.
Nolan, da gran perfezionista quale è, ha preteso per questo film ben quattro formati di pellicola, limitando al minimo l'uso del CGI ed affidandosi invece alle tecnologie più "umane": il risultato è un film che dal punto di vista visivo è magnifico, splendido nel suo alternare colore e bianco e nero, nella scena del Trinity test raggiunge vette di grandiosità unica, utilizza fiamme ed esplosioni per mostrare quello che alberga nell'animo del protagonista; insomma da questo punto di vita la pellicola è senza dubbio uno dei film più maestosi degli ultimi anni.
Oppenheimer insomma è lavoro che ha i tratti del cinema potente, poderoso, addirittura debordante in alcuni momenti, un film tutt'altro che facile in quanto dietro la livrea da biopic nasconde una miriade di problematiche che meritano di essere sviluppate, conosciute, sviscerate ed impone anche un certo lavoro di ricerca sulla sterminata quantità di materiale storico presente sul fisico americano e l'utilizzo che Nolan ne ha fatto per ricostruirne il profilo; di pari passo con questo aspetto però c'è quello più immediato, che stimola le emozioni più primordiali, col quale il film colpisce all'istante, come solo le grandi opere sono in grado di fare.
Cillian Murphy si trasforma in un Robert Oppenheimer convincente, volto scavato e personalità complessa che l'attore riesce però sempre a rendere intellegibile; se Murphy regge per buona parte il film sulle sue spalle, Robert Downey Jr è forse in assoluto il più convincente di tutti nei panni di Lewis Strauss, quello che per puro orgoglio ferito si trasforma da protettore a nemico giurato del fisico ,e le due attrici femminili, Florence Pugh , primo amore del fisico , convinta comunista e vittima della personalità debordante del protagonista, e Emily Blunt, nel ruolo della moglie, sono due valide figure di complemento.
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