La colomba di John Woo vola ancora
Finalmente torna a casa John Woo ed il risultato è subito tangibile: un kolossal dal budget enorme, un film storico in cui si narra la battaglia di Chibi che vide contrapporsi le truppe imperiali comandate dal Primo ministro, di fatto usurpatore, e i regni del sud della Cina, ultime retroguardie non sottomesse alle mire dello spietato Cao Cao.
Il film è tutto imperniato sulla battaglia , che occupa gran parte della narrazione, e sui personaggi coinvolti che il regista tratteggia sì brevemente ma con grande forza ed efficacia.L'aspetto storico è quindi predominante, sviluppato con precisione e con la passione tipica dei registi cinesi che si cimentano con la loro storia millenaria; qui inoltre c'è la mano di uno dei più grandi registi viventi, capace di dare forza alle immagini come pochi e di impreziosire la narrazione con momenti di grande poesia.
Al di là dell'enorme dispendio di mezzi, che non sempre è sinonimo di qualità, John Woo rappresenta le battaglie come raramente si era visto fare ultimamente (forse solo la battaglia di Gaugamela di Oliver Stone in Alexander), arricchendole con il suo talento figurativo e coreografico , con precise e dettagliate descrizioni delle tecniche belliche, conservando però il suo stile ricco di plasticità e di pathos che ben conosciamo sin dai tempi di The Killer.
Anche John Woo si piega all'esigenza di raccontare la storia di un paese attualmente in crisi di identità, ricordando i suoi aspetti epici e drammatici, il suo profondo senso della lealtà e del'onore, quasi a voler porre quegli eventi così lontani come esempio per la nuova Cina: è l'appassionato tentativo comune a molti cineasti di conservare la memoria storica di un popolo e delle sue tradizioni.
La seppur frettolosa carrellata di personaggi storici ci regala ritratti potenti , cui bastano poche immagini e pochi gesti , per aiutarci a comprenderne l'animo, e se poco chiaro appare il rapporto tra Cao Cao e Xiao Qiao, moglie del vicerè Zhao Yu, suo acerrimo nemico, ma che gioca un ruolo fondamentale nella narrazione, i personaggi di Zhao Yu stesso e Kong Ming , abile stratega del regno alleato di Liu Bei, sono ben delineati, soprattutto nella loro forza interiore.
E' comunque chiaro che il film poggia la sua forza sulla grandezza della costruzione scenica, sulla cura ossessiva dei particolari, sulla maestosità delle immagini che risulta addirittura difficile raccontare, tranne che per quella immancabile colomba bianca che stavolta vola come un aereo spia sulle linee delle truppe di Cao Cao, autocitazione azzeccata e di grande forza figurativa.
Tony Leung e Takeshi Kaneshiro si stagliano sulla folta schiera di attori che compongono il cast, con una interpretazione bella che contribuisce a dar forza ai personaggi di Zhao Yu e di Kong Ming , ma tutti gli attori impegnati danno il meglio di loro stessi per la perfetta riuscita di un lavoro corale.
L'assegnazione del Leone d'oro alla carriera per John Woo, non poteva avere una tempistica migliore: dopo averci regalato capolavori indisccussi nei suoi film HKesi e dopo un controverso periodo americano che pure frutti positivi ha dato, il ritorno alla madrepatria ci restituisce un regista con un nuovo smalto in cui la sua grandezza cinematografica si ammanta dei colori del mito.
Anche John Woo si piega all'esigenza di raccontare la storia di un paese attualmente in crisi di identità, ricordando i suoi aspetti epici e drammatici, il suo profondo senso della lealtà e del'onore, quasi a voler porre quegli eventi così lontani come esempio per la nuova Cina: è l'appassionato tentativo comune a molti cineasti di conservare la memoria storica di un popolo e delle sue tradizioni.
La seppur frettolosa carrellata di personaggi storici ci regala ritratti potenti , cui bastano poche immagini e pochi gesti , per aiutarci a comprenderne l'animo, e se poco chiaro appare il rapporto tra Cao Cao e Xiao Qiao, moglie del vicerè Zhao Yu, suo acerrimo nemico, ma che gioca un ruolo fondamentale nella narrazione, i personaggi di Zhao Yu stesso e Kong Ming , abile stratega del regno alleato di Liu Bei, sono ben delineati, soprattutto nella loro forza interiore.
E' comunque chiaro che il film poggia la sua forza sulla grandezza della costruzione scenica, sulla cura ossessiva dei particolari, sulla maestosità delle immagini che risulta addirittura difficile raccontare, tranne che per quella immancabile colomba bianca che stavolta vola come un aereo spia sulle linee delle truppe di Cao Cao, autocitazione azzeccata e di grande forza figurativa.
Tony Leung e Takeshi Kaneshiro si stagliano sulla folta schiera di attori che compongono il cast, con una interpretazione bella che contribuisce a dar forza ai personaggi di Zhao Yu e di Kong Ming , ma tutti gli attori impegnati danno il meglio di loro stessi per la perfetta riuscita di un lavoro corale.
L'assegnazione del Leone d'oro alla carriera per John Woo, non poteva avere una tempistica migliore: dopo averci regalato capolavori indisccussi nei suoi film HKesi e dopo un controverso periodo americano che pure frutti positivi ha dato, il ritorno alla madrepatria ci restituisce un regista con un nuovo smalto in cui la sua grandezza cinematografica si ammanta dei colori del mito.
Un inno alla strategia e all'intelligenza, oltre a possedere delle deliziosissime e cinefile venature western. Al di là del fatto che scenograficamente e registicamente si fa guardare ad occhi spalancati.
RispondiEliminaEsatto Alessandra, è veramente un trionfo di immagini che lascia a bocca aperta, cotruito con intelligenza e grandi capacità tecniche
RispondiEliminaspero sia davvero il segnale di un gran ritorno di woo al cinema! ho visto intanto bullet in the head, cosa dire, davvero magnifico, trovare le parole per descrivere la bellezza di quel film è difficile...cmq vedrò quanto prima su sky la battaglia dei 3 regni, che il ritorno a Honk Kong abbia fatto rinsavire il grande John?
RispondiEliminaE' un grande ritorno , coi fiocchi ,Monsier non che tutto ciò che abbia fatto in america sia da buttare, ma quando woo può attingere al suo profondo animo HKese da senz'altro il meglio di sè
RispondiEliminaA me è piaciuto molto, soprattutto perchè ci regala un regista ancora in grado di fare cose immense.
RispondiEliminaIl ritorno in patria di John Woo ha giovato notevolmente e ha dimostrato che il regista non ha perso la sua vena artistica.
RispondiEliminaBel film, il primo che vedo di John Woo, visivamente è davvero un piacere, le scene di guerra sono più precise di un orologio svizzero...
RispondiEliminaSicuramente è tra i più lineari semplici ed universali di John Woo, forse il migliore per intraprendere un viaggio nella sua cinematografia, ma ce ne sono svariati superiori a questo :)
RispondiEliminaCosa guarderesti come primo John Woo, dopo questo ?
RispondiEliminaDirei senz'altro la trilogia di A better tomorrow (anche il terzo che non è suo ma di Tsui Hark) e poi The killer, Bullet in the head e Hard boiled; tralascerei quelli girati ad Hollywood, tranne Face off.
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