Giudizio: 6/10
Lo stesso autore del fortunato webcomic " The 5ive hearts" è il regista di questo thriller che più coreano non si può: le stigmate ormai riconoscibili al primo impatto ci sono tutte.
La bella famigliola di Eun-ha, madre , padre e figlioletta adolescente è lo stereotipo del tipico nucleo famigliare medio coreano: genitori che lavorano come creatori di mirabolanti effetti domino, ragazzina un po' ombrosa e alla ricerca perenne di una sua affermazione, una casa bella; tutto ciò un giorno viene spazzato via dalla follia di uno psicopatico che ammazza l'uomo e la figlia e lascia menomata a vita la madre, costretta sulla sedia a rotelle.
Poteva un prologo simile non introdurre il tema della vendetta?
Certamente sì, ed ecco che qualche tempo dopo Eun-ha , abbrutita dal dolore e dalla rabbia decide di accendere la miccia che deve portare alla catarsi.
Lo psicopatico di turno è un artista che si crede Dio: uccide per purificare e da vita ad orrende bambole che contengono l'anima ( e non solo) delle vittime, semplice spazzatura ai suoi occhi in preda al delirio di onnipotenza e vive in una specie di santuario-mattatoio dove c'è spazio per la carneficina e per le sue creazioni.
Per rintracciare l'assassino e vendicarsi la donna ha bisogno però di collaboratori; la polizia, inutile dirlo, o latita o presenta la faccia più sporca della incompetenza e della ignavia, cosa che rende nella cultura filmica coreana assolutamente plausibile la vendetta personale.
Eun-ha mette sul piatto se stessa: lei è donatrice universale, quindi baratta la collaborazione di quattro persone con i suoi organi che donerà al momento dell'avvenuta vendetta, sacrificando se stessa sull'altare della giustizia privata.
Tralasciando le ovvie perplessità che circondano sempre l'argomento del traffico di organi e la effettività fattibilità del piano della donna ( altro argomento che con una certa frequenza ritroviamo nei lavori coreani), la costruzione della storia, seppur non sempre brillantemente, regge; la visione della vendetta che lungi dal liberare dai tormenti incatena per la vita intera, non è certo di quelle che fanno gridare alla novità, anzi; non serve certo rimembrare Park ad esempio per averne uno degli esempi più eclatanti.
Insomma The Five vive essenzialmente su canoni e tematiche al limite dell'abusato, ma sfrondato di queste ovvietà , il film ha i suoi pregi: anzitutto una tensione sempre presente che conduce inevitabilmente alla resa dei conti finale, la figura della protagonista, se non altro perchè costretta su una sedia a rotelle, è un aspetto almeno originale, il diabolico serial killer-artista-onnipotente è senza dubbio personaggio carico di implicazioni e ben costruito in una storia simile.
Alla fine The Five è lavoro che si lascia vedere, tenendo presente l'ambito di genere in cui si inserisce e la non certo originalità delle tematiche trattate, i momenti di azione sono validi e come thriller il suo lavoro lo svolge abbastanza bene; a piè di lista degli aspetti positivi va messa senza dubbio la prova dei due attori principali: Kim Sun-a nella parte vendicatrice menomata e On Joo-wan in quella del serial killer mistico
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