Giudizio: 7.5/10
"Quando la sera tutti tornano a casa dal lavoro, la mia giornata comincia" : questa frase messa a incipit e a suggello di Midnight Diner inquadra nella giusta maniera la storia che il regista Matsuoka Joji racconta.
Una bella scena iniziale che mostra in soggettiva il volto frenetico di Tokyo che si prepara ad affrontare la notte ci catapulta in un piccolo vicolo della città, dove un minuscolo ristorante sta aprendo, offrendo conforto per la notte ad una clientela abituale alla ricerca di un pasto , lontano dal fragore della vita notturna.
The Master, così lo chiamano tutti, è un uomo di mezza età e gestisce il suo piccolo locale con il calore e l'accoglienza che riserverebbe ad un membro della famiglia: nel pittoresco e minuscolo locale si ritrovano clienti abitudinari e avventori di passaggio, dall'austero yakuza con lo scagnozzo, ad improbabili travestiti, vecchi in vena di ciarle e persone sole, storie di vita che si intrecciano per il tempo di una frugale ma genuina cena.
E' soprattutto su due figure che si incentra il racconto di Midnight Diner: una giovane fuggita dalla sua città di provincia che giunge nel ristorante affamata, stravolta e maleodorante cui il proprietario , dapprima un po' recalcitrante, offre lavoro e alloggio e un giovane che viene a Tokyo dalle zone del terribile tsunami che le ha portato via la moglie e che è morbosamente infatuato di una volontaria che prestò soccorso nelle zone della catastrofe.
Due storie che sembrano avare una dignità maggiore rispetto alle altre , appena accennate, e che nel ristorante trovano una sorta di palcoscenico dove possono essere messe in scena, davanti ad un pubblico che mostra un interesse che va oltre la ben nota discrezione del giapponese medio.
C'è poi la donna innamorata segretamente, ma neppure tanto, di The Master, la quale gestisce un ristorante di ben altro livello, che costantemente viene a controllare che tutto proceda per il meglio, in un eccesso di comportamento protettivo verso l'uomo.
A donare un pizzico di mistero, un' urna cineraria dimenticata sulle panche del locale, dietro la quale si nasconde un'altro brandello di storia personale.
Insomma il piccolo locale, nel quale si svolge la gran parte del film, è un teatro della vita, un luogo di incontro di solitudini e disagio che solo in quel fumoso e angusto ristorante sembrano trovare quel minimo di calore e di contatto umano, lontano dal caos; The Master asseconda con la sua profonda umanità non ostentata questo spirito da rifugio che ammanta il suo locale, dove tutte le storie nascondono questa ricerca silenziosa di un piccolo tocco di empatia che attenui il senso di angosciosa solitudine.
Midnight Diner però non è un film pesante che affoga nella pietas da quattro soldi, è invece una leggera e a tratti toccante riflessione sulla percezione della solitudine nell'oceano della metropoli affannata e depersonalizzata, è la riscoperta di una intimità travolta che solo in quel piccolo locale nascosto in un vicolo trova un' ancora cui aggrapparsi per non affondare.
Matsuoka è bravo nell'amplificare l'angusto spazio in cui si svolge la gran parte del film, attraverso il racconto dei sentimenti e della loro deriva, crea un efficace introduzione con una bella scena iniziale che sta a dimostrare il contesto in cui si cala il piccolo teatro della vita che è il ristorante di The Master e soprattutto non deraglia quasi mai dalla scelta di affrontare le tematiche in uno stile minimalista, sussurrato e quasi cordiale.
Il personaggio di The Master, fulcro intorno cui ruota la storia, riceve dalla prova di Kobayashi Kaoru la giusta dose di misurato carisma che garantisce grande spessore al personaggio, così come Tabe Mikako e Yo Kimiko sono più che convincenti, rispettivamente, nel ruolo della giovane sbandata che trova rifugio presso The Master e in quello della ancora affascinante proprietaria di ristorante silenziosamente innamorata dell'uomo.
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