Giudizio: 7/10
La figura del monaco buddhista cinese Xuan Zang è prevalentemente conosciuta, soprattutto in ambito cinematografico, per essere stata ispiratrice di uno dei protagonisti del romanzo Viaggio in Occidente di Wu Cheng'en a sua volte fonte inesauribile di trasposizioni cinematografiche; il romanzo scritto circa 1000 anni dopo l'epoca Tang in cui il monaco visse è una versione mitizzata, fantastica, popolare e morale del viaggio che Xuan Zang compì per 16 anni verso l'India alla ricerca dei sacri testi buddhisti.
Ma al di là del personaggio quasi fantastico che ci viene presentato nel romanzo, la figura di Xuan Zang ha chiarissime connotazioni storiche in quanto lui stesso fu autore di un resoconto dettagliato del suo viaggio, popolato non solo di tematiche filosofiche e religiose ma anche antropologiche al punto che taluno ha visto nel monaco buddhista quasi un precursore di Marco Polo in versione orientale, oltre che un prezioso testimone di civiltà quasi sconosciute.
Sulla figura storica di Xuan Zang, quindi spogliata da compagni di viaggio immortali e demoni, il regista Huo Jianqi costruisce il suo racconto in quella che è la prima coproduzione indio-cinese, destinata quindi ad aprire la collaborazione tra le due cinematografie più grandi e ricche dell'oriente.
Il racconto parte dal momento in cui il monaco decise di intraprendere il viaggio, incoraggiato dall'imperatore , sfidando i rischi e i pericoli , forte del suo fervore.
Il prologo alla storia si svolge nei giorni nostri a Mumbai dove un giovane studente chiede presso una biblioteca universitaria il testo scritto da Alexander Cunningham sulla antica geografia dell'India nella quale l'archeologo racconta come i suoi studi furono indirizzati dalle testimonianze di Xuan Zang.
Superando la ritrosia dei governatori delle provincie di confine inizialmente decisi a non concedere al monaco la possibilità di varcare i confini dell'impero , sottoposto in quell'epoca a frequenti attacchi dall'esterno, Xuan Zang riesce ad intraprendere il suo viaggio avventuroso tra banditi e il deserto del Gobi, carovane sulla via della seta e montagne impervie, riuscendo a raggiungere l'India fino al Tempio di Nalanda, meta finale del viaggio, dove sono conservate le sacre scritture.
Non appare difficile credere quindi come il viaggio diventi un'eccellente modello per un film che contenga sia l'aspetto avventuroso che quello morale-filosofico, contrappuntato come è di pensieri buddhisti e di dispute filosofiche; la abbacinante bellezza dei luoghi, ottimamente fotografati da Sun Ming ne fanno quasi una moderna versione di quei film per ragazzi che raccontano di grandi viaggiatori ed esploratori.
Sarebbe comunque sbagliato pensare a Xuan Zang come ad un film che fa solo dell'estetica dell'avventura e dell'antropologia spicciola il suo punto di forza; la figura del monaco , infatti, diventa , per lo meno fino al suo arrivo alla meta, quella tipica dell'eroe solitario, animato da grande fervore e da una fede incrollabile che cerca di inseguire il suo sogno, quello di poter mettere le mani su alcuni dei testi irrinunciabili del buddhismo, tradurli e divulgarli nel suo paese.
Nel suo insieme il film funziona, grazie anche allo sforzo mastodontico messo in piedi dal punto di vista commerciale , senza che questo ultimo aspetto infici la riuscita dell'opera: grande star cinese (Huang Xiaoming) , grandi attori indiani, la mano di Wong Kar Wai , ufficialmente consulente artistico, ma in un paio di passaggi la sua ispirazione è fortissima, uno stuolo di studiosi buddhisti come consulenti a suggellare l'importanza dell'aspetto storico-religioso che anima il film; pur se spesso Xuan Zang si adagia su toni e ritmi contenuti, quasi meditativi, l'interesse comunque non viene meno, e ,pur rimanendo su livelli inferiori rispetto ad altri suoi lavori ( lo splendido Postmen in the Mountain o Life Show), cimentandosi in un kolossal, Huo Jianqi mostra pur sempre una buona regia.
Il risultato di tale sforzo è la nomination decretata per rappresentare la Cina agli Oscar, pesante marchio impresso sul film , soprattutto per l'importanza della coproduzione indiana.
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