Giudizio: 8.5/10
Il 2016 è stato per Pablo Larrain l'anno in cui ha affrontato cinematograficamente il confronto con due fra le più importanti figure del secolo scorso, sebbene per motivi del tutto diversi: ma ciò non è avvenuto attraverso il biopic , come da molte parti, ahimè, abbiamo letto, anzi il regista cileno ha di fatto stravolto il concetto di film biografico , ribaltandone completamente i connotati, nonostante abbia scelto di intitolare i suoi due ultimi lavori con il solo nome del protagonista.
Se con Jackie ha disegnato i contorni di quella che fu una delle icone popolari del XX secolo raccontandone i travagli, le insicurezze e i tormenti per edificarne il mito, con Neruda Larrain inserisce l'ultimo tassello della rivisitazione storico-politica del suo paese attraverso un racconto molto letterario, a tratti addirittura sospeso tra commedia e farsa.
Il Neruda che ci presenta Pablo Larrain è quello dell'immediato dopoguerra, quando dagli scanni del Senato cileno accusò il presidente Videla di aver tradito i comunisti , che avevano contribuito alla sua elezione, decretandone la persecuzione politica dietro viva raccomandazione del governo americano sempre timoroso della nascita di amministrazioni nazionali , a maggior ragione se vicine geograficamente, che potessero dare modo alla Unione Sovietica di poter controllare uno scenario politico regionale. La comparsa seppur fugace di un giovane Augusto Pinochet nei panni del comandante di una galera riservata ai militanti comunisti è un po' il nesso che Larrain costruisce tra questi eventi e la lunga , drammatica storia del Cile fino al dramma della dittatura.
Messo di fatto fuorilegge il partito comunista, Neruda, eminente rappresentate dello stesso, decise di darsi alla latitanza invece di finire in galera e di continuare la sua lotta in clandestinità, una battaglia ben lungi dall'essere animata di intenti violenti, bensì molto incentrata sull'applicazione della sua visione poetica.
Il racconto si snoda quindi in un lasso di alcuni mesi in cui Neruda vaga per il paese cercando di rimanere nascosto al suo cacciatore , il prefetto di polizia Oscar Peluchonneau , incaricato dal presidente di catturarlo e distruggerne la reputazione.
E' proprio il prefetto Peluchonneau il cantore in prima persona di questo singolare gioco del gatto e del topo, un personaggio , di finzione, ossessionato dal poeta , deciso a segnare il suo nome nella storia col quale Neruda intesse un perverso gioco a nascondino: un personaggio che esiste solo perchè c'è la preda da acciuffare, un rapporto di simbiosi e interdipendenza che diventa ben presto il motore inesauribile del film.
Neruda e il suo concetto di estetica , di arte, di letteratura, il poeta che frequenta bordelli e che si ubriaca con prostitute e travestiti, l'uomo che vuole rompere gli schemi di un epoca ingessata con il suo continuo gusto per la provocazione, l'uomo di lettere che saltando da un posto all'altro del Cile non dimentica di mandare le sue poesia scritte in clandestinità ai suoi compagni combattendo l'oppressione con la vena poetica: il ritratto che ne scaturisce è quello di un eroe donchichottesco, romantico come i personaggi di appendice francesi, visionario e sognatore come il personaggio di una fiaba, fuggiasco come gli eroi sporchi del western e alla fine beffardo come solo un grande poeta , un costruttore di storie immaginarie sa essere.
La scelta di affidarsi alla voce narrante del persecutore di Neruda serve a Larrain a creare una sorta di alter-ego del poeta non solo ideologico-politico, ma anche e soprattutto letterario: un personaggio che esiste solo in funzione del fuggiasco e solo Neruda potrà decretarne l'immortalità al termine del lungo inseguimento tra i ghiacci della Araucania prima e nell'esilio parigino poi.
Neruda è film di grande spessore, con una forte impronta personale conferita dal regista, costruito in maniera armonica affidandosi anche alla fotografia misurata ma fulgida di Sergio Armstrong, ma soprattutto è un racconto dal quale , al termine dei poco più di 100 minuti di durata, emerge fortissima la figura da contorni netti, tutt'altro che agiografici, di quello che fu uno tra i più grandi personaggi della letteratura del XX secolo.
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