Giudizio: 7/10
Per il suo debutto cinematografico il regista coreano Yang Wooseok affrontò in The Attorney il tema dei diritti civili calpestati nell'epoca in cui i vari regimi autoritari che si susseguirono nel suo paese si distinsero in quanto a ferocia e costante violazione delle più elementari regole della convivenza civile.
Con Steel Rain , prodotto e distribuito da Netflix, suo secondo lavoro , lo sguardo del regista si posa su quello che probabilmente al momento è il tema più caro alla gran parte dell'opinione pubblica coreana: il rapporto con la Repubblica Popolare del Nord e il costante rischio di episodi bellici che possano sfociare in una guerra nucleare; sa da un lato c'è un legittimo e forte anelito ad una riunificazione, dall'altro il timore di una escalation militare in uno scacchiere bellico che già più di 50 anni orsono vide contrapporsi le superpotenze in una guerra che lasciò una scia di morte e la separazione tra le due Coree rimane una forte preoccupazione nella Corea del Sud fino a trasformarsi in una autentica ossessione.
Su queste tematiche opportunamente miscelate e affrontate utilizzando vari canoni cinematografici, Yang racconta la storia di due uomini divisi dal limite invalicabile che separa la Corea del Nord da quella del Sud ma uniti nello sforzo di evitare lo scoppio di una guerra nucleare che provocherebbe l'annientamento della penisola coreana.
Curiosamente i due uomini hanno lo stesso nome, Chulwoo e svolgono un lavoro per molti versi simile: quello del nord è un valido agente della sicurezza, quello del sud un funzionario importante della sicurezza del ministero degli affari esteri.
Proprio nel momento in cui in Sud Corea si svolgono le lezioni presidenziali, al nord si scatena una guerra intestina nel potere: generali golpisti che vogliono scatenare una guerra nucleare, altri che vogliono togliersi di torno il Leader Supremo, altri ancora che inseguono ambizioni personali; il Chulwoo del nord assoldato da una di queste fazioni, quella che appare essere quella lealista, si trova ad essere testimone dell'inizio del colpo di stato con un assalto dei golpisti ad una cerimonia in cui è presente il Presidente della Corea del Nord ( non è mai nominato ma il riferimento a Kim è fin troppo chiaro) che rimane gravemente ferito; sarà suo compito fuggire dalla Corea del Nord in fiamme, pronta a dichiarare guerra, e rifugiarsi al sud portandosi dietro il Leader ferito, in attesa di ricevere ordini.
A Seoul c'è il Chulwoo del sud che quasi per caso si troverà ad affrontare il nordcoreano e l'ingombrante ospite ferito.
Tra i due sarà dapprima l'unione di intenti tesa ad evitare la guerra e quindi una forma di simpatia reciproca a farne i protagonisti di un intrigo politico-militare la soluzione del quale decreterà le sorti dei due paesi.
Steel Rain è lavoro per molti versi dal sapore antico, spie e militari, trame nazionali e internazionali, sul quale si innesta una storia di amicizia che nasce dal reciproco bisogno e dalla confluenza di interessi; ma accanto a questa atmosfera piuttosto classica c'è tutta la peculiarità delle tematiche tipicamente coreane legate alla ormai pluridecennale divisione che ha smembrato il paese, distrutto legami e famiglie e seminato un odio reciproco che l'opinione pubblica coreana fatica a sopportare, nonostante le pacchiane propagande di regime , sia al nord che al sud.
Inoltre Yang affronta senza mezzi termini il ruolo delle superpotenze che sfruttano, ormai da anni, la divisione per espandere la loro egemonia: è proprio questo uno degli aspetti che emergono più chiaramente dalla pellicola, il desiderio dei coreani di decidere in piena autonomia liberi dai condizionamenti.
Come film di genere Steel Rain ha il suo valore, crea la giusta tensione e sviluppa grovigli come si conviene alle spy story; inoltre tenta, senza cadere nella propaganda, di arricchire la storia con lo sviluppo del profilo dei due protagonisti, non sempre ben riuscito nonostante l'eccellente prova di due attori bravissimi (Jung Woosung -l'uomo del nord- e Kwak Dowon-quello del sud), soprattutto per il ricorso a qualche luogo comune e situazione fin troppo abusata, ma soprattutto riesce con buona efficacia a far emergere il sentimento nazionale di cui si parlava in precedenza: il legittimo desiderio della riunificazione, il terrore di una guerra nucleare e il fastidio per le manovre delle superpotenze.
Se a tutto ciò aggiungiamo una ponderata immissione di azione, la consueta maestria tecnica delle produzioni coreane, un accenno di melodramma, è facile comprendere come le oltre due ore di Steel Rain possano risultare in grado di attirare pubblico e soddisfare la critica.
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