domenica 28 marzo 2021

Zana ( Antoneta Kastrati , 2019 )

 




Zana (2019) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

L'opera prima della regista kosovara Antoneta Kastrati, presentata al Festival di Toronto, possiede una forte impronta autobiografica, sebbene , come ci tiene a precisare la regista stessa, la storia sia di pura fantasia; ma la regista , allora adolescente, perse nella Guerra del Kossovo sia la madre che la sorella e quindi ben conosce il trauma che sta al centro del racconto di Zana e della sua protagonista Lume.
Ambientato nella campagna kosovara, in un quadro bucolico che ben esprime la forte impronta agricola del paese, le pellicola vede Lume al centro della narrazione: da ormai molti anni ha perso la figlia di quattro anni durante la guerra, le leggi arcaiche del villaggio e della società tradizionale patriarcale impongono alla donna di svolgere come unico ruolo quello di procreare per tramandare la stirpe cosa che a Lume e al marito Ilir non riesce nonostante dal punto di vista medico nulla sembra poter ostacolare la gravidanza. 
Essendo la società kosovara rurale molto legata a misticismi e stregonerie varie Lume viene sottoposta al vaglio di fattucchiere e guaritori vari, ognuno dei quali ha la sua ricetta per risolvere il problema cui la donna pur di assecondare i voleri della suocera e del marito si sottopone, spinta anche dalla subdola minaccia di venire ripudiata.



Nessuno sembra voler comprendere che il malessere di Lume ha radici troppo profonde, una sindrome da stress post traumatico che la attanaglia da troppo tempo e che le fa vivere incubi notturni e visioni orrorifiche sempre legate al trauma della perdita della figlia.
Quando poi , dopo tanto, e da parte di Lume neppure troppo convinto, provarci , la gravidanza si presenta, i disagi della donna , prossima da una nuova maternità diventano ancora più profondi e si sublimano in un finale agghiacciante per molti versi ma ricchissimo di tragica poesia.
In Zana si vede solo un frammento brevissimo, qualche secondo forse, di guerra, ma raramente abbiamo visto un'opera così tragicamente di denuncia dei danni psicologici che un conflitto bellico induce sulle persone, a conferma che per potere trattare il tema della guerra in maniera profonda ed efficace , non servono necessariamente cannonate e bombe; anzi Antoneta Kastrati crea due livelli distinti su cui il racconto si muove: uno superficiale , rassicurante, rappresentato da una campagna bellissima, da animali al pascolo, prati in fiore, anche grazie all'eccellente fotografia della sorella Sevdije Kastrati, una vita tranquilla insomma ed uno più profondo rappresentato in maniera esemplare dal proiettile, residuato bellico, che Lume trova sotto terra, nel quale si muove il territorio oscuro dell'anima della protagonista, ma in effetti di tutte le vittime della guerra e del paese stesso, popolato da fantasmi e da incubi pronti ad accanirsi sulle carni e nella psiche martoriata di chi ha subito il trauma; questi due livelli si alternano , si intersecano e sono osservati attraverso la prospettiva della protagonista , l'unico che la regista sceglie per raccontare una storia che va ad indagare sul senso profondo della maternità sul legame tra madre e figlio e sulle conseguenze della rottura traumatica di questo legame.
Viceversa, pur comprendendo, come ha affermato in più di una occasione la Kastrati, la tendenza a rivolgersi al misticismo pagano  da parte di una società fortemente legata alle tradizioni rurali, il film è un atto di accusa verso l'irrazionalità , verso una forte impronta patriarcale che sembra volere chiudere gli occhi di fronte alla tragedia personale di Lume che per tutto il film appare veramente lasciata sola con se stessa e i suoi incubi, una solitudine che la porta a sopportare in silenzio  e al tempo stesso a decidere sommessamente il finale della sua storia.
Zana, che oltre al nome della figlia di Lume è il nome con il quale vengono indicate alcune figure mitologiche della tradizione albanese, personaggi dei boschi , è un lavoro dal grande senso estetico,  molto sentito, ricco di un sano pathos, che nel finale commuove e che esplora con una lucidità persino quasi scientifica il mondo nascosto dei traumi inflitti dalla guerra; un esordio in grande stile, luminosissimo, per Antoneta Kastrati , altra rappresentate di quel giovane cinema kosovaro che sembra essere in grado di regalare emozioni e lavori di qualità.
Per finire va segnalato come Zana non sarebbe stato lo stesso film senza la straordinaria prova di Adriana Matoshi che coagula su di sè tutto l'aspetto emotivo del film: un volto spesso silenzioso, lo sguardo lontano, la solitudine dolorosa sul volto di chi ha sofferto fanno della sua interpretazione una di quelle che si legano indissolubilmente ad una pellicola.



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