La leggenda dei cinque fuggiaschi
La leggenda narra che in seguito alla distruzione del Tempio Shaolin ad opera della dinastia mancese Qing avvenuto nel XVII secolo, solo cinque monaci si salvarono e riuscirono a fuggire, adoperandosi per organizzare la resistenza al potere straniero e diventare gli ispiratori delle scuole di arti marziali cinesi.
Leggenda che ancora oggi è ampliamente diffusa e conosciuta e che colora di epicità la storia e le tradizioni della Cina.
Riferendosi a questo episodio leggendario Chang Cheh dirige un lavoro per la Shaw Brothers che costituisce il tipico paradigma dei film sulle arti marziali prodotti negli anni 70.
I cinque fuggiaschi trovano asilo presso le varie comunità Han che si oppongono al potere manciù e organizzano la resistenza contro un potere imperiale straniero che si avvale di maestri di arti marziali quasi invincibili grazie alle loro tecniche; consci di ciò i maestri Shaolin tornano nelle rovine del Tempio per perfezionare le tecniche che gli permetteranno di affrontare i maestri mancesi con la speranza di sconfiggerli.
Il film, molto più "tecnico" di altri lavori di Cheh, si regge su innumerevoli combattimenti, ottimamente coreografati da Lui Chiai Liang in cui tutti gli artisti marziali presenti mostrano le loro straordinarie qualità, rimanendo alla base del lavoro il concetto della lealtà e della rettitudine dei cinesi contrapposta alla barbarie degli oppressori; per fare ciò Chang Cheh caratterizza in maniera estrema i personaggi, tutti scolpiti in maniera netta tracciando una linea netta tra bene e male, giustizia e sopraffazione e al tempo stesso mostra una varietà di tecniche di combattimento che appare quasi come un compendio audiovisivo delle arti marziali.
Film quindi più adatto a chi preferisce l'azione e gli spettacolari combattimenti, lasciando in disparte altre tematiche (niente romanticismi, niente melò) e soprattutto indicato a chi vuole vedere all'opera una serie di attori-artisti marziali straordinari, da Alexander Fu Sheng (l'unico che cerca di metterci qualche pizzico di ironia) a David Chiang, da Ti Lung a Chi Kuan Chiun da Meng Fei al perenne cattivo Wang Lung Wei.
Un film anche questo, seppur meno bello di altri di Cheh, da mandare a memoria per potere apprezzare bene il fenomeno dei film sul kung fu che costituì l'asse portante della cinematografia di Hong Kong degli anni 70-80.
grandissimo cheh, questo film è un ulteriore esempio di quel cinema genuino, artigianale, che fece grande il cinema di honkong degli anni '70.
RispondiEliminaesatto Monsier, sta proprio nella genuinità e nella semplicità limpida il pregio di lavori come questo, oltre a risultare veramente un manuale molto ben fatto di tecnica.
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